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Comincia oggi il nostro viaggio alla scoperta dei vini mantovani.
In realtà sarebbe più corretto parlare di riscoperta: se è vero infatti che i vini mantovani raccolgono premi e consensi da sempre, lo stesso non si può dire dell’attenzione mediatica che meriterebbero.
Punto di forza dell’enologia mantovana è di certo la diversità geologica della zona che, unita a un invidiabile microclima, favorisce la coltivazione di più varietà di uve e rende perciò possibile la produzione di numerose tipologie di vini, senza scalfirne in alcun modo la qualità. A ciò aggiungiamo inoltre che questo territorio è situato in una posizione “strategica”, in quanto confinante con alcuni delle migliori e rinomate zone vitivinicole circostanti, riuscendo a prendere da esse le migliori caratteristiche rimodellandole in relazione al proprio confinante areale.
Una corretta zonazione sarebbe la giusta via per spiegare le camaleontiche caratteristiche del territorio mantovano, tuttavia una suddivisione in due aree, pur essendo riduttiva e non rendendo giustizia alla varietà del terroir, è necessaria per darne una giusta idea e una esaustiva comprensione. Ecco che quindi il Consorzio dei Vini Mantovani ha preferito suddividere il territorio in due macrozone.
La zona settentrionale va dai colli Morenici al Po, fino a lambire la sorgente del Mincio dal Garda. Il mix di terreni morenico-argillosi dei colli Morenici ben si presta alla produzione di vini strutturati e longevi. Le similitudini climatiche e latitudinali con la regione di Bordeaux hanno portato come naturale conseguenza la coltivazione di Merlot e dei Cabernet. La zona nord orientale mantovana, che beneficia delle fresche brezze del lago di Garda, è quasi la naturale prosecuzione dell’ampelografia veneta: lugana, corvina, garganega e trebbiano hanno trovato qui il loro habitat naturale. A due passi dal confine nord ovest del territorio mantovano vi è la Franciacorta: riteniamo non sia per nulla azzardato affermare che le bollicine mantovane riescono ad ottenere una complessità per nulla dissimile alle dirimpettaie bresciane, senza ovviamente nulla togliere alle eccellenze franciacortine.
La seconda grande realtà dell’enologia mantovana porta un un unico nome, famoso in tutto il mondo: Lambrusco. Il re incontrastato dell’Oltrepò Mantovano trova qui le sue migliori espressioni grazie a terreni argillosi ricchi di umidità. Le varie tipologie di Lambrusco presenti, dal Ruberti al Maestri, passando per Salamino e Marani, sono regolate da un disciplinare estremamente attento al terroir, a pieno beneficio di vini mai uguali tra loro e mai, mai banali.
Qualora vogliate tastare la bontà di tale ricchezza vitivinicola vi consigliamo vivamente di partecipare al primo evento sui vini mantovani, che si terrà il 9 maggio a Milano presso l’enoteca Rosée, in Corso di Porta Romana: saranno presenti quattro aziende. Tra i vari assaggi, sedici in tutto, vi segnaliamo in anteprima queste quattro chicche:
1.6 Armonia Cantina Quistello. Per chi è alla ricerca di un metodo classico insolito, una cuvée di chardonnay e ruberti, affinato per oltre diciotto mesi sui lieviti. Un matrimonio che funziona e che ricorda le note di alcuni champagne delle Montagne de Reims, pur rispettando una propria territoriale personalità. Profumato e strutturato, vi stupirà. Perfetto per pasteggiare ma anche come aperitivo. Provare per credere.
Colombara 2014 Gozzi. Un lieve anticipo sulla raccolta delle uve e un sapiente passaggio di un anno in barrique sono la perfetta foto dell’equilibrio che l’azienda di Monzambano è riuscita a dare a questo chardonnay di rara eleganza. Una buona base acida e la giusta mineralità terrosa convivono nel calice in perfetta armonia con una struttura solida eppur ampia. Lavanda, pompelmo rosa, finger lime ma anche ananas e miele di acacia. Una roccia dal cuore tenero.
Meridiano 2014 Ricchi. Uno chardonnay che parla, già al naso, del territorio dal quale proviene e dei terreni morenici dove sono coltivate le uve. Mineralità accennata eppure ben percepibile e proprio per questo più che piacevole, impreziosita dall’azione di un breve appassimento di dieci, quindici giorni. Non il solito vino: la banalità non risiede in q uesto calice.
Inciostar Virgili. Bolla morbidissima che esalta in bocca la polpa del frutto, “addolcendo” l’esuberanza di tutte le altre sensazioni. Ecco che sapidità, ruvidità tannica e note erbacee si alternano sul palco come co-protagonisti di uno spettacolo teatrale. Al naso fragoline di bosco, cannella e noce moscata. Senza alcun dubbio tra i migliori rossi mossi che abbiamo provato.
Ci vediamo martedì!