Come nella miglior tradizione delle previsioni meteo, chiudiamo il Vinitalynostro viaggio di suggerimenti per gli assaggi al Vinitaly 2017 con le regioni del Sud-Isole-Comprese, ottimizzandoli per padiglioni.
La selezione non è stata per nulla facile e siamo sicuri che ognuno di voi varcherà la soglia di Veronafiere con la ferma intenzione di rispettare alla lettera la lista preparata minuziosamente a casa e poi… poi proverà tutt’altro, o quasi.

Praticamente ciò che succede a noi ogni anno.

Ad ogni buon conto, qualora vogliate farvi un’idea generale di una regione ottimizzando i tempi senza fare il pit stop a ogni stand, vi consigliamo i wine bar con i sommelier di quella stessa regione: vi spiegheranno vitigni, disciplinari e vinificazioni con celerità ed esaustiva competenza.

La nostra #RoadToVinitaly tasting list dunque, frutto delle nostre ricerche, assaggi, letture e della più pura curiosità, ci ha portato a selezionare per voi (e per noi) le seguenti aziende:

Padiglione B

PerilloCantina Perillo (Area Avellino). Azienda a conduzione familiare, lontana anni luce dalle più crude dinamiche di mercato, Perillo è tutto fuorché omologazione. In vigna convivono uve diverse, a bacca e rossa, a piede franco e non. I vini escono a quattro, cinque, sette anni dalla vendemmia (il Taurasi Riserva ne attende quasi dieci). Vi innamorerete della Coda di Volpe, strabuzzerete gli occhi all’assaggio del Taurasi.
E magari, in uno slancio di bontà di Michele Perillo, riuscirete anche ad assaggiare la rarissima e limitatissima Coda di Volpe Rossa

Terre stregate (Area Benevento). Azienda irpina salita alla ribalta negli ultimi anni con la Falanghina Svelato, che ha fatto incetta di bicchieri, grappoli, viti e chi più ne ha più ne metta. Non saremo certo noi a suggerirvi il contrario, anche perché di questo loro bianco ci siamo letteralmente innamorati.
E allora provatelo senza alcuna remora, magari insieme all’intrigante versione Sur Lie. Siamo sicuri che ne rimarrete anche voi, nomen omen, stregati.

Se il vostro viaggio a Verona dovesse essere all’insegna dell’autoctonìa, nel Padiglione B troverete il vostro rifugio sicuro. Per conoscere il Piedirosso e l’Asprinio in tutte le loro declinazioni, fate visita agli stand di Cantine degli Astroni (Area Napoli) e I Borboni (Area Caserta): il tempo che con piacere vi dedicheranno vi farà capire quanto ne dedichino alle due uve locali sopracitate, fondendo tradizione e ricerca con ottimi risultati.

Altri nomi su cui puntare senza remore: Guastaferro (AV) per l’Aglianico, Villa Diamante (AV) coi suoi Fiano, Bambinuto (AV) per i Greco di Tufo, Pietracupa (AV) e Nanni Copè (CE) perché sono semplicemente stratosferici.

Padiglione 2

Feudo MontoniFeudo Montoni: Stand 33C. “…every little thing she does is magic…” cantavano i Police nel 1981. Se l’avessero scritta oggi avremmo delle ottime ragioni per pensare che si siano ispirati ai vini dell’azienda siciliana guidata da Fabio Sireci, perché ogni vino, dal Perricone al Grillo della Timpa, passando per il monumentale cru di Nero d’Avola Vrucara, è un piccolo capolavoro.
A breve ne scriveremo, eccome se ne scriveremo.

Libera terra: Stand 65D. I Cento passi è un meraviglioso film dedicato alla vita di Peppino Impastato, che si ribellò alla mafia rivendicando la libertà sua a della sua terra. L’associazione Libera Terra nasce appunto per restituire ai siciliani il lavoro dai terreni sottratti alle mafie e Centopassi ne rappresenta il cuore vitivinicolo.
Nobile è dunque l’idea e i vini prodotti non sfigurano dinanzi a cotanta grandezza. Altrettanto nobile sarebbe il gesto di provarli tutti ma nell’era dell’ottimizzazione sottolineiamo il Nero d’Avola Argille di tagghia via di sutta e il Tendoni di Trebbiano.

Benanti: Stand 93F. Ok lo conoscete tutti ma non ce la facciamo a non consigliarvelo e continueremo a farlo finché il Vinitaly esisterà. I vini di Benanti sono ai limiti dell’ultraterreno, un qualcosa che va al di là dell’umana comprensione. Due i fuoriclasse: Pietramarina e Rovittello.

Tenuta di Castellaro: Stand 42C. Shakerate Mar Tirreno, profumi Eoliani, terreni vulcanici e tanta competenza in cantina: ne verranno fuori i vini di questa azienda di Salina, tutti fortemente territoriali. Il Bianco Pomice (Malvasia 60% e Carricante 40%) vi sedurrà, il Corinto, ottenuto in purezza dall’omonima uva, vi stupirà.

 

Padiglione 7

 

PietradolcePietradolce: Stand B4-B5-B6. Da quando conosciamo quest’azienda, la usiamo come metro di paragone per giudicare gli altri vini etnei. Provate il Vigna Barbagalli (da vigne di oltre cento anni) e Archineri per capire appieno il significato di eleganza e austerità.

Quintodecimo Stand C4. I vini del prof. Luigi Moio sono quanto di più vicino ai fuoriclasse di Borgogna. Quasi si stenta a credere infatti che alcuni vitigni campani possano raggiungere tali livelli di eccellenza. Senza vincere facile con i campioni di Aglianico e Fiano, tuffatevi senza dubbio alcuno sulla Falanghina Via del Campo, da standing ovation.

Boccadigabbia Stand C6-C9. Non siamo al Sud ma nelle Marche, ma se vi imbatterete nel loro stand girovagando per il Padiglione 7 fatevi questo extra senza esitazioni.  Ai più conosciuta per il pluripremiato Akronte, l’azienda maceratese ha dimostrato di saper lavorare con risultati altrettanto soddisfacenti anche le uve locali. Noi continuiamo a preferirne il lato internazionale, e perciò segnaliamo il Merlot Pix, succoso, vellutato e profondo.

Padiglione 8


Tondini

Tondini: Stand E10. Dal cuore della Gallura questa azienda ha deciso, riuscendovi appieno, di alzare “l’asticella gustativa” dei loro vini, ampliando profumi e sensazioni a dismisura. L’esotico Vermentino Karagnanj e ancor più il roccioso Katala sono vini XXL, delle vere e proprie bombe H di fiore, frutto, mineralità, terziari e superpoteri vari. Tappa imprescindibile a questo Vinitaly.

Vino di Anna Stand F8-H7-H10-71. Lassù sull’Etna, a mille metri sul livello del mare, in quel di Solicchiata, nasce un vino da
bere senza soluzione di continuità, il Palmento. Mix di uve rosse e bianche, non filtrato,  può dare l’idea del classico vino naturale con la “puzzetta”: nulla di più sbagliato. Il Palmento vi conquisterà col suo carattere, semplice ma deciso.

Cantina di Calasetta Stand A3-C7-D3. Se fino a qualche anno fa Sardegna equivaleva a dire solo Cannonau e Vermentino, oggi ad essa per fortuna vengono associati altri vitigni delittuosamente messi in secondo piano. Bovale, Monica, Nuragus e Arvisionadu non hanno nulla da invidiare alle “cugine” sarde. Ne sanno qualcosa quelli della Cantina di Calasetta che, dalla punta settentrionale della piccola isoletta di Sant’Antioco, valorizzano il Carignano del Sulcis con tecnica e passione impeccabili. Il loro Piede Franco è un campione di equilibrio fra la sapidità mediterranea e la caratteristica fruttuosità tipica del vitigno. L’altro Carignano, Maccòri, forse ancora più immediato del Piede Franco, vi farà rivalutare la vostra idea di godibilità.

Antica Masseria Venditti Stand D4-E7-56. Di certo ricorderete la Barbera del Sannio, uva che nulla aveva a che vedere con l’omonima piemontese.
Dal 2015 il consorzio dei produttori sanniti ha deciso di valorizzare maggiormente quest’uva cominciando proprio col cambiarne il nome onde evitare inutili e scomodi paragoni. La Barbetta Assenza dell’Antica Masseria Venditti è forse la migliore espressione di questo rinascimento autoctono sannita. Fragoline di bosco, ciliegia di vignola, spezie dolci, macchia mediterranea e una bevibilità stellare. Da berne a vagonate.

Siddura Stand H6. In un assaggio del  2014 del Maìa rimanemmo sorpresi dalla sua non omolgazione. Lo abbiamo riprovato nell’annata successiva e il calice ci ha confermato la sua assoluta stoffa: roccioso, agrumato, minerale ma esplosivamente profumato, in una sola parola: campione. Consigliato anche l’assaggio degli altri due Vermentino aziendali, Spèra e Béru, quest’ultimo affinato in rovere.

Marabino Stand F8-H7-H10-69. Dal comprensorio DOC “Eloro & Noto” nel siracusano, questa azienda regala vini veri, fortemente legati alla propria terra. Due su tutti, il rosso riserva Archimede, un nero d’Avola austero e materico come pochi, e la Muscatedda, un Moscato di Noto secco decisamente sui generis: aromatico, minerale e sapido.