I winelovers di ogni latitudine conoscono il Piemonte per le sue eccellenze rosse, Barolo e Barbaresco su tutti. Possiamo dire di conoscere l’eccellenza piemontese in fatto di vini bianchi?
Per diffondere ancora meglio il concetto il Consorzio di tutela del Gavi ha organizzato a Milano #HappyGavi, un grande banco di assaggio della nuova annata, una conferenza e una degustazione riservata alla stampa specializzata tenuta da Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine. Location dell’evento lo splendido Spazio AnniLuce, nei pressi della centralissima Porta Venezia.
Durante la conferenza che ha preceduto la degustazione è intervenuto Maurizio Montobbio, presidente del Consorzio, il quale ha posto l’accento sull’esordio del Gavi a Milano: è il segno di una voglia di crescita ma anche di un nuovo approccio commerciale. In effetti basti pensare che dagli anni ottanta ben l’85% della produzione di Gavi è destinata ai settanta Paesi nel mondo che ne fanno richiesta: la nuova generazione dei vignaioli ha deciso quindi di dare una sterzata a questo trend, gettandosi alla conquista del mercato nazionale.
È un bel segnale, che riporta il Gavi vicino alle proprie origini e non teme la concorrenza di altri bianchi di pregio, di cui – per fortuna – il Belpaese è ricco. Dopotutto i numeri parlano chiaro: nel 1974, anno di nascita della DOC Gavi, gli ettari vitati erano appena 100 contro i quasi 1500 attuali, passando da otto milioni di bottiglie a ben tredici milioni.
Montobbio, sottolineando l’importanza di partire per la promozione da Milano – considerata da sempre traino per il commercio – ha evidenziato la coesione tra Consorzio e territorio e la volontà di trasmettere attraverso il Gavi tutti gli aspetti del territorio, non solo quelli vinicoli.
Davide Ferrarese ha invece brevemente descritto le peculiarità dell’uva cortese, dalla quale il Gavi viene prodotto, e dei terreni dove la stessa viene coltivata. Il territorio della denominazione, che insiste su undici Comuni, è sostanzialmente diviso in due parti: semplificando, una, più a sud, è formata principalmente da terra bianca e l’altra da terra rossa, specie verso Novi Ligure. Non è un territorio monocolturale, a tutto beneficio della biodiversità, tema sempre più attuale.
E poi la degustazione di dieci campioni alla cieca, illustrati con l’aiuto di Francesco Bergaglio, direttore della comunicazione del Consorzio.
Noi non conosciamo il nome dei vini proposti, il senso della degustazione era quello di far emergere il territorio e non il singolo produttore; possiamo però affermare che ci sono piaciuti (e tanto):
- il primo campione, uno spumante metodo classico del 2013 dalla bollicina finissima e cremosa, fragrante e fortemente minerale, dotato di grande nerbo acido;
- il terzo campione, un bianco molto verticale arricchita da nota di pino e mughetto;
- l’ultimo bianco del 2007 proveniente da terre rosse e tuttavia poco ricche di argille.
Quest’ultimo vino ci ha impressionato per la complessità dei profumi, senza dubbio declinati su sentori di ananas maturo, frutta secca e sbuffi terziari di smalto, impreziositi da soffi di whisky torbato, per la giustezza gustativa, ben corroborata da struttura da campione e per il finale in allungo. Vini come questo non temono nulla. Viva il Gavi!