Alla presentazione di Vitae, sabato scorso, c’eravamo anche noi: è un appuntamento al quale non si può mancare. La doppia veste di blogger da un lato e sommelier AIS dall’altro – tuttavia – non ci anestetizza lo spirito critico, potete giurarci.
Iniziamo col dire che nella giornata dedicata alla terza edizione della guida quasi nulla è andato storto. Certo, l’anno scorso il ventiquattresimo piano del Diamond Palace dava tutta un’altra luce e ispirazione, che la sala un po’ fredda e buia del The Mall allestita sabato per l’occasione non è riuscita a replicare. 

In ogni caso l’atmosfera delle grandi occasioni era ben percepibile, a cominciare dalle facce un po’ emozionate di Antonello Maietta (presidente nazionale), Fiorenzo Detti (delegato regione Lombardia) e Hosam Eldin Abou Eleyoun (delegato di Milano) che hanno dato il via alla presentazione. Un passo dell’intervento di Maietta mi ha fatto sobbalzare dalla sedia, pronunciato con quello stile tra l’ironico ed il serioso che lo caratterizza: l’Associazione Italiana Sommelier è il più grande gruppo di comunicazione del vino del pianeta Terra.

Non nego di essere stato orgoglioso di questa affermazione, e per trenta secondi buoni ho gonfiato il petto, pavoneggiandomi idealmente rispetto al resto del mondo. Ciò che ha detto il presidente forse è vero, forse no: resta il fatto che l’associazione – con i suoi difetti e gli aspetti criticabili – rimane un punto di riferimento reale dalle Alpi alla Sicilia per coloro che desiderano conoscere e far conoscere il vino.  

La guida 2017 è dedicata
a Jean Valenti, il tesserato numero 1 dell’Associazione Italiana Sommelier, recentemente
scomparso. Maietta ne ha tracciato un breve ricordo e a proposito del rapporto con le altre associazioni che negli anni 70 prendevano vita ha detto “Jean ci ha insegnato a essere indipendenti, ad amare la nostra libertà. Ci diceva: la libertà è la cosa più preziosa che abbiamo“. 

I numeri e le novità
I mille degustatori che con passione e dedizione hanno contribuito alla stesura di Vitae 2017 hanno recensito circa 35.000 vini di 4.000 aziende – 5.000 in più della passata edizione – un terzo dei quali è entrato in guida. La redazione ha tenuto conto di un criterio più selettivo per l’assegnazione delle quattro viti e sono stati introdotti due nuovi simboli: la Freccia di Cupido per i vini coup de cœur, quelli che – indipendentemente dalla fascia di valutazione – hanno trasmesso un intenso valore emozionale e il Salvadanaio, ad individuare i vini che esprimono un elevato profilo produttivo rapportato al prezzo di vendita, alla tipologia e alle caratteristiche del territorio. Altra novità: l’introduzione della valutazione intermedia tra le tre e le quattro viti. Sono stati assegnati 22 Tastevin AIS, uno per ciascuna regione: il premio è un riconoscimento a un produttore per un vino che denota una maggiore aderenza territoriale o ha recuperato un vitigno o per essere diventato un riferimento per altri produttori della zona. 



Il progetto grafico
Molto curato l’aspetto visivo. In guida le sezioni delle ventidue regioni sono precedute da altrettanti scatti dal deciso taglio iperrealista con un soggetto comune: il calice, lo strumento di ogni degustatore. Punti di vista ravvicinati, colori intensi, trasparenze e giochi di luce creano ventidue piccoli capolavori, un omaggio ad un’altra espressione artistica: la degustazione. Se ogni vino è un’opera d’arte, il saperlo esprimere con parole, nelle sue innumerevoli sfaccettature è arte a sua volta.   

E c’è pure l’app

I limiti di spazio della versione cartacea sono stati superati con la nuova App Vitae, edizione digitale con ben 15.000 vini, già disponibile per Apple Store e Google play. Noi l’abbiamo scaricata, tanto più che i soci AIS possono acquistarla a 0,99 euro. Veloce ed esteticamente accattivante, fornisce per ogni vino tutte le informazioni su profilo organolettico, tecniche di produzione e suggerimento di abbinamento. Si possono effettuare ricerche partendo dal nome del vino, del produttore, della denominazione e anche dal vitigno, persino in combinazione. Utile la geolocalizzazione, per individuare le aziende circostanti e particolarmente gradita la possibilità di aggiungere i vini in una sezione “La mia cantina”. Siamo pronti a scommettere che in un futuro non troppo lontano app come questa saranno più vendute delle rispettive guide cartacee.



Gli assaggi al banco di degustazione

Dopo la conferenza e l’assegnazione dei Tastevin la stampa ha potuto fruire di un’ora di assaggi in 
esclusiva al banco di degustazione, prima che aprissero i cancelli del The Mall al grande pubblico. 
Un’ora, in effetti, è un po’ poco per poter provare un numero significativo di vini, tra i cinquecento presenti. Dopo le 15 infatti, il numero dei visitatori è rapidamente – e comprensibilmente – aumentato minuto dopo minuto, rendendo l’approccio al banco meno agevole. 
Vi potremmo parlare dei grandissimi vini presenti, dal Masseto al Pergole torte, dai Brunello Biondi Santi al Solaia. Troppo facile. Vi sussurrerò solo un paio di assaggi, che meritano un approfondimento in futuro.

A cominciare dal Santa Lusa 2014 di Ancarani. Albana secco, che già all’olfatto dimostra uno stile non comune, un profilo fusion, tra esotico ed erbe aromatiche. L’assaggio ha grande scatto e profondità, caratterizzato da una freschezza che non è facile riscontrare, ideale per bilanciare una morbidezza alcolica importante ma mai fuori posto.
Mi ha sorpreso – e non poco – il Vigneto di Popoli 2014 di Valle Reale, il “trebbiano del freddo”. Le uve dal quale proviene crescono in un vigneto a  350 m. s.l.m., circondato da un bosco ricco di specie vegetali, alberi ad alto fusto, arbusti e fiori, in un contesto incontaminato che favorisce lo sviluppo di ceppi di lieviti indigeni.

Il risultato è nel calice: dotato di un approccio prima floreale e poi esotico, fortemente sfaccettato eppure ben definito, il cui percorso sensoriale percorre picchi di preziosa raffinatezza. Non sembra un trebbiano: ha il corpo di un grande riesling, la sapidità di un vermentino, la classe di un Borgogna. Un mix ben armonizzato, indirizzato a una piacevole beva. Da segnare. 

Di grande impatto anche il Gattinara 2011 di Mauro Franchino. Poche migliaia di bottiglie in commercio, ed è un peccato. Se fosse una donna sarebbe una bellissima orientale, timida e pudica, nascosta dal suo ventaglio: con il suo rubino brillante, con l’espressione olfattiva di non semplice interpretazione, si apre poco a poco. Dinamico è dir poco, perché ogni volta che ci metto il naso dentro trovo qualcosa di diverso, prima i piccoli frutti rossi, poi una vena minerale, quasi salmastra, poi erbe aromatiche e terra e radici e poi ancora bacche di ginepro, violetta e grafite. Il sorso non è meno vivace, ispirato dal tannino tipicamente varietale e ritorni di bocca che più coerenti non si può. Gran bel vino.

In conclusione ancora un bianco, stavolta campano.

Se siete curiosi di provare nuove interpretazioni di Fiano, cercate l’Oi nì di Tenuta Scuotto, a Lapio. L’annata 2013 che abbiamo provato ci ricorda quanto è bello e variegato il mondo del vino e che quando pensi di non poterti più sorprendere… beh, ti sbagli!
Le uve sono state raccolte a novembre, la fermentazione è avviata con lieviti indigeni e l’affinamento avviene per dodici mesi sulle fecce fini, Oi nì è stato pensato per sorprendere e riesce nell’impresa: tradizionale l’abbraccio aromatico, con note di frutta secca, tostatura e miele, sbalordisce in bocca ove si percepiscono distinte note balsamiche, un corpo senza dubbio articolato e pulito e soprattutto una progressione da campione. La gradazione alcolica, 14%, è insolita ma per verificarlo ho dovuto cercarla in etichetta, perché non si percepisce né al naso né in bocca. Insospettabile asso.