La sala del Centro Congressi Fondazione Cariplo è gremita, come si dice in questi casi. Più dell’anno scorso. Volti noti e meno noti, ma soprattutto volti noti. A tratti sembra una gran festa, baci e abbracci a volontà, sorrisoni e pacche sulle spalle. Una rimpatriata, quasi. 
È uno spaccato spontaneo ed informale quello che si intravede alla premiazione Best Italian Wine Awards, giunta alla sua quarta edizione e tenutasi lo scorso 21 settembre. 

Courtesy BIWA

Il comitato tecnico del BIWA è di tutto rispetto: Luca Gardini, Andrea Grignaffini, Tim Atkin, Pier Bergonzi, Daniele Cernilli, Antonio Paolini, Raoul Salama e last but non least Christy Canterbury. Otto grandi esperti che hanno degustato trecento italiche etichette alla cieca stilando la classifica che potete trovare a questo link. Citiamo solo il podio:

Primo classificato: Giuseppe Mascarello e Figlio – Monprivato Barolo Docg 2010
Secondo classificato: Giuseppe Rinaldi – Brunate Barolo Docg 2011
Terzo classificato: Duemani – Costa Toscana IGP Cabernet Franc 2012

Nel corso della premiazione sono stati assegnati anche gli speciali Awards 2015:
Premio azienda e tradizione: a Azienda agricola Barberani – Orvieto
Premio vino promessa: Tenuta Sette PontiVigna dell’Impero 1935, Valdarno di Sopra Doc
Premio Vino da uve autoctone rosso: Giuseppe SedilesuMamuthone, Cannonau di Sardegna Doc Rosso 2011
Premio Vino da uve autoctone bianco: Valle RealeTrebbiano d’Abruzzo Vigneto di Popoli 2013
Premio Vino Pop: MaeliFior d’Arancio Moscato Giallo Spumante Docg 2013
Premio Miglior Sommelier: Sokol Ndreko – Ristorante Lux Lucis a Forte dei Marmi
Premio Alfiere del territorio: Castello del Terriccio
Premio Comunicazione e social media: Umberto Cesari
Viticultura eroica: Rosset Terroir
Premio Vino e tavola: Ca’ ViolaDolcetto d’Alba Doc Barturot

Il primo classificato Mauro Mascarello (courtesy BIWA)
Tutte le classifiche o i premi suscitano qualche riflessione. Cosa si può dire dei cinquanta premiati BIWA? Beh, scorrendo i nomi verrebbe da dire “Che noia! sempre i soliti” ma se fate ben attenzione noterete che non è così. Sparisce il Masseto, per esempio, classificatosi ventiseiesimo l’anno scorso. Non c’è più traccia di Oreno di Tenuta Sette Ponti, l’anno scorso giunto secondo. Non ci sono più nemmeno Sandrone, Capanna e Pio Cesare.  C’è qualche nome nuovo, invece: Fiorano, Castello di Monsanto oppure Armando Parusso, non presente nel BIWA 2014 e quest’anno classificatosi ottavo con il Bussia Riserva Oro Barolo. 
Non ci è chiaro se alcuni grandi vini italiani che ci si aspetterebbe di vedere tra i premiati non sono presenti perché non hanno inviato i campioni, perché non sono stati inizialmente selezionati o semplicemente perché pur essendo tra le trecento etichette degustate non hanno raggiunto per il comitato tecnico un livello qualitativo. E dire che di nomi – oltre a quelli fatti – ce ne sarebbero! 
BIWA quindi è una classifica che ha coraggio, lascia qualche punto interrogativo ma che probabilmente rispecchia i reali valori del panorama vinicolo nazionale. 
Bene anche i premi speciali, dove non possiamo non notare la giusta attenzione per il territorio, la tradizione e la comunicazione.  

A proposito di comunicazione: a quando un premio per i blog dell’enomondo?