Stuzzicati dagli assaggi fatti al Vinitaly appena concluso, sintetizzato in un post nel quale avevamo brevemente parlato di Raffaele Troisi e di Traerte, Gianpaolo ed io ci siamo ritrovati con l’esigenza di voler riprovare un altro fiano dell’azienda. Riguardando tra le bottiglie che gelosamente ognuno di noi custodisce ma che appartengono ad entrambi, abbiamo scelto l’Aipierti 2011, con la sua bella bottiglia alsaziana.
Ci ritroviamo per pausa pranzo, selezionando accuratamente il luogo e l’ora, lontani da occhi indiscreti, dai rumori, dallo stress.
Prodotto solo nelle annate migliori, Aipierti è un fiano in purezza, ottenuto da viti selezionate in quel di Montefredane, in Irpinia, uno dei territori vocati per eccellenza per la coltivazione del fiano. Montefredane, insieme a Lapio, ha dato al fiano la dimensione internazionale che merita, senza però scendere a facili compromessi gustativi ma – au contraire – ponendo l’accento sulla territorialità e sulla diversità, sul rigore minerale tipico di questo territorio.
Come sempre avviene per i vini di pregio, la composizione del terreno ha un ruolo fondamentale: calcare e argilla in grandi quantità delineano il carattere minerale e soprattutto conferiscono ai fiano coltivati a Montefredane una caratteristica che a noi di Appunti di degustazione piace molto: la longevità.
Serviamo Aipierti alla temperatura vicina ai dodici gradi, per esaltare tutte le caratteristiche del vino. Giallo paglierino, luminoso ed invitante; naso franco, minerale, dalla impronta prevalentemente gessosa, cui segue spartito floreale di tiglio e biancospino, agrume non troppo dolce, ricorda il mapo. Al palato è perfetta la continuazione delle sensazioni naso-bocca, le precedenti sensazioni olfattive esplodono e alle inspirazioni successive avvertiamo erbe aromatiche, ananas, pera abate; ampio, quindi, ma ben slanciato dalla mineralità, splendida compagna di questo fiano. Alcolicità perfettamente integrata in contesto acido-sapido equilibrato, è un orologio con precisi e sofisticati meccanismi.
Gianpaolo ed io concordiamo nel dire che è grandioso ottenere questo risultato gusto olfattivo così complesso e una struttura così importante senza uso di legno, segno inequivocabile che a Montefredane il terroir dà del tu a Bacco e che Raffaele Troisi il vino lo sa proprio fare bene.