“Come sapete sta sera si parla di Gutturnio e Bonarda dell’Oltrepò…”

E’ iniziata con questa frase, che ha lacerato il chiacchiericcio confusionario e disordinato dei circa 25 partecipanti, la tanto attesa serata a tema Montalcino.
Non abbiamo capito subito. Poi silenzio assordante, facce di pietra.
Ho visto anche uno tramutato in statua di sale…Non ha superato lo shock, poverino.

Ora, non me ne vogliano i gutturnio o bonarda-boys ma essendo partiti con aspettative leggermente diverse non ce lo aspettavamo. E tra l’altro non è che Antonio sia un istrione risaputo.

Per fortuna nostra stavolta scherzava e ci riprendiamo solo quando ci presenta Filippo e Carmine della Cantina Valdicava di Montepulciano.

“Questa è una di quelle degustazioni che non puoi perdere anche se hai già preso impegni.” Lo dico io.
Rimanda, rimanda tutto. Non te ne pentirai.

E’ il consiglio che do a te, caro lettore, nel caso in cui si presentasse un’orizzontale simile (Barolo, Masseto, Etna rosso, Amarone ecc…).


C’è tanto da imparare e, soprattutto oggi, ciò che il produttore vuole comunicare è la “riconoscibilità” di questo vino, ovvero i tratti distintivi che portano a dire se stai bevendo un Brunello o qualsiasi altra roba.

A dire il vero mancavamo da un po’ alle serate del Lunedì da Vino al vino, sempre presi, come tutti a Milano, da millemila impegni. Oggi però non si discute anche perché i nomi che Antonio ci ha comunicato fanno parte del Gotha dei grandi di Montalcino: Biondi Santi, Valdicava e Poggio di Sotto messe a confronto con nuove realtà come Le Ragnaie e Potazzine; e se non bastasse ci sono anche Fuligni e Le Chiuse.

L’invito di Antonio adesso si fa più serio. “Non accorrete solo per il nome come sinonimo di qualità, ma verso i vini che non conoscete”.
E’ con questa forma-mentis che, condividendo appieno, apriamo le danze.

I Brunello sono sei più un rosso di Montalcino, suddivisi in due batterie.

Prima batteria: 4 vini, annata 2009.
Seconda batteria 3 vini, vintage 2007.

Serviti blindati, come sempre.

Primo campione

Rosso granato vivo semi permeabile.
Non c è bisogno di girare a frullatore. Non ce bisogno di girare e basta.
Intenso, profumato ma sentore alcolico decisamente sopra le righe.
Lo attacchiamo.
Subito sapido, poi asperità di tannino, alcol, legno e freschezza che fa su e giù. Sensazione alcolica anche al palato. Finale col tempo più armonioso ma sempre piuttosto scomposto.
Sgomita troppo e al naso l’espressivita scema dopo questi 15 minuti.

Rimaniamo un pò interdetti. C’è chi non gli dà nemmeno 80…non esageriamo per carità!

Durante la sera gli argomenti sono interessanti ma spinosi. Antonio è un provocatore d’eccezione ma l’esperienza che ha gli dà ragione.

Filippo ci racconta che già a fine anni ’80 il Gambero Rosso, la rivista in assoluto più di tendenza di quel periodo, si chiedeva perché aspettare cinque anni a Montalcino prima di mettere in commercio; un po’ come Wine Spectator oggi che se non piaci a loro non vendi. La stessa domanda posta a Barolo diede luogo a guerre fratricide tra tradizionalisti e barolo boys…
A Montalcino invece il consorzio che preserva il vino del luogo da più di 60 anni, decise di mantenere il tempo previsto dal disciplinare evitando di far uscire su mercato un vino semplicemente non pronto.
“Garantire la qualità”.

Dopo vent’anni (molto meno in realtà) sembra che abbiano avuto ragione.

Secondo assaggio.
Naso più fruttato, marasca, frutta rossa matura, spezie dolci, uso del legno più appropriato. Tabacco sul finale. Pizzica ancora un po’ al naso ed evolve bene col passare dei minuti.
Qualcuno dice troppo piacione.
Si, è vero, è un bel po’ ruffiano ma saliamo di livello.
Bocca in generale più equilibrata ed omogenea, piacevole, mostra anche una minor sensazione alcolica e un tannino in generale discretamente addomesticato.
Nota negativa? E’ corto. Troppo corto per un Brunello; poco dopo non rimane granché a ricordare le sensazioni gusto-olfattive.

Filippo ci racconta di Brunellopoli
La situazione si fa ancora più spinosa quando dal nulla viene fuori il discorso “Brunellopoli”.

L’Italia, si sa, è un Paese dalla memoria corta e quindi un ripassino (non il vino..) non fa mai male.

Per farla breve nel 2008 si scoprí che alcune famosissime aziende di Montalcino avevano utilizzato uve non comprese dal disciplinare (mi pare sia 100% sangiovese grosso) e una di queste venne beccata con le autocisterne di Montepulciano d’Abruzzo in procinto di “scaricare”.

La “smoking gun” in pratica…

Ebbene il Brunello di questa famosa azienda venne ritirato dal mercato perché “non adatto”.

Filippo poi sottolinea una fine di Brunellopoli all’italiana, senza importanti conseguenze per le aziende infedeli.
Che ve lo dico a fare?

Numero tre
Lo trovo diverso dai primi due. Evidente parte balsamica che vira su sensazioni mostardate piccanti. Si vocifera un tono di catrame stile pinot nero.

Sicuramente un Brunello di barrique (e invece no!! come il produttore ci fa notare si parla di botte di 25hl), considerando il naso. Meno territoriale e ruffiano ma non vuol dire che non sia un ottimo vino e infatti mi piace.
In bocca è robusto qualche pizzicore di troppo sul tannino ruggente ma generalmente appagante, più lungo ed espressivo.

Onestamente non ricordo
di quale campione si tratti..

Quarto vino per tirare le prime somme.
Questo sembra l’anello mancante.

Rosso intenso appena granato. Trama terrosa distinta, nota balsamica intensa, caffè e cacao. Gioca su note decisamente più fresche al naso e quindi me lo aspetto tale anche all’assaggio.

La bocca mi dà ragione infatti e si manifesta per quello che è: dinamico, fresco, sapido, lungo.
Tannino d’impatto ma morbido e centrale, finale mentolato.
Ancora decisamente meglio.

Fughiamo i dubbi e diamo un’occhiata ai nomi della prima batteria in ordine di apparizione:

Fuligni
Potazzine
Le Ragnaie
Le Chiuse

Pausa salame e parmiggiano e siamo subito pronti dopo il lieve reset.

La cosa si fa seria.
Sono rimaste da assaggiare le ultime tre aziende Biondi Santi, Fattoria Poggio di Sotto e Valdicava.

Giocheremo su qualche spunto evoluto in più.

Primo campione.
Aranciato, balsamico gioca di più sui terziari. Tono di catrame, fiori appassiti, trama fitta di talco, lampone, cuoio, ginepro. Elegante e ampio.
Bocca perfetta. Intenso, lunghissimo, sapido, tannino fitto ma morbido, alcol perfettamente equilibrato e integrato. Nulla è sopra le righe, tutto va a braccetto con tutto in un perfetto gioco di squadra.
È quasi fresco in bocca. Esagerato.

Ci soffermiamo a lungo. Vi risparmio il proseguio dei commenti altisonanti. Il vincitore della serata per acclamazione!

Dobbiamo andare avanti.

Secondo assaggio

Rosso granato intenso; più dei precedenti. Carico.
Naso intenso mentolato di erbe officinali, poi tamarindo, sigaro e tabacco.
Bocca ben disposta che gioca a rimpiattino fra sapidità e freschezza.
Luuuungo, mentolato e concentrato. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo mi pare che abbia un finale tostato non piacevolissimo. Attenzione, parliamo di un vino da 90 e più punti…giusto per dire.

Ultimo ma non ultimo.

Anche qui rosso granato giovane, ancora in parte rubino. Naso superintenso di erbe officinali, poi terra bagnata e tenuissime note erbacee verdi. 

Mostra un tannino più verde se paragonato agli altri. 

Incisivo e anche potente ma ahimè solo abbastanza persistente. Peccato. Mi sembra anche più difficile da bere ma dobbiamo fare una considerazione doverosa.
Crediamo che abbia un buon potenziale nel futuro considerando questa sua freschezza di profumi e sapori.

Dunque? Abbiamo in ordine di presentazione, e gradimento:

Rosso di Montalcino Fattoria Poggio di Sotto
Brunello di Montalcino Biondi Santi
Brunello di Montalcino Valdicava

Per cui la classifica generale vede l’incredibile Rosso di Poggio di Sotto seguito a stretto giro dal Brunello Biondi Santi. 
Chiude a sorpresa il Brunello di Le Chiuse come terzo classificato.

Vi lascio con un commento personale.
Ho provato il Rosso di Poggio di Sotto in occasione del Terre di Toscana 2013. Da quel momento è entrato a far parte di diritto nel mio “empireo ciel” dei vini italiani. Pensate che Antonio lo definisce “quello buono” rispetto al Brunello e al Riserva della stessa casa.

Voi cosa ne pensate?