Si è svolta il cinque e sei ottobre un evento mirato alla
diffusione al grande pubblico dei vini a denominazione della provincia
peloritana, con il contributo del Ministero delle Politiche agricole in
collaborazione con  la Provincia di
Messina e la Strada del Vino della Provincia di
Messina.
L’imbeccata mi è stata data da mio cugino Fabrizio, sempre
vigile a questo tipo di manifestazione; sapendo che sarei stato in città per
qualche giorno mi ha avvertito con buon anticipo.
Non partecipavo a una degustazione a Messina da parecchio
tempo: come in tutti gli eventi, specie in quelli che coinvolgono un folto pubblico, luci e ombre si sono alternate. 

Partiamo dalle (tante) luci: le location – di cui parlerò tra poco – erano  davvero belle; i vini in degustazione non
hanno tradito le attese, tutti meritevoli di attenzione, alcuni davvero molto
buoni. Le (poche) ombre sono legate all’aspetto organizzativo:  entrambe le degustazioni sono iniziate in forte ritardo rispetto all’orario programmato. D’accordo, ci può stare. In entrambi i casi
vi era un unico grande tavolo da degustazione con solo due pazienti persone a mescere;
forse qualcuna in più non avrebbe guastato, specialmente alla serata tenutasi al Monte di Pietà, dove l’affluenza è
stata notevole.
Sabato cinque l’evento si è tenuto presso il Palazzo del Monte di Pietà,
in un contesto davvero affascinante e che personalmente non conoscevo ancora:
un edificio del diciassettesimo secolo munito di ampio cortile e bellissima scalinata di
architettura pregevole al centro della quale è raffigurata l’Abbondanza. Il complesso originariamente comprendeva alle spalle la Chiesa della Pietà: fu però quasi completamente distrutta dal terremoto del 1908 e ad oggi ne rimane solo la facciata. 
Particolare del monastero di San Placido Calonerò
Il teatro dell’evento, il giorno dopo, si è spostato presso
l’Enoteca Provinciale di San Placido Calonerò, inaugurata nell’ottobre del 2010; sita nella zona ionica, nei pressi di
un piccolo rilievo collinare diffusamente vitato, occupa i locali di quello che nel 1500 era un convento benedettino e che oggi ospita altresì l’Istituto Agrario Pietro Cuppari. Il monastero domina il rilievo, offrendo una vista sullo
Stretto da cartolina. E i vini?

Le nostre degustazioni hanno avuto inizio con l’Inzolia 2012 di Antica Tindari, azienda
già trattata qui: nonostante il campione in esame fosse un po’ caldo, ha
manifestato buone qualità, legate soprattutto ad un naso floreale ed armonico
ed a un gusto fresco ed agrumato. Componenti minerali ed erbacee in evidenza.

L’interno dell’enoteca provinciale. 

Il primo rosso è stato il Faro San Placido 2010, prodotto dall’Istituto Agrario Cuppari nell’ambito di un progetto che ha visto coinvolti un centinaio di studenti dell’istituto, guidati dal produttore Marco De Grazie e dall’enologo Nicola Centonze: rosso
granato, naso intenso e molto fine di frutti di bosco maturi, rosa, speziatura
lieve di chiodi di garofano e tabacco dolce. In bocca è senza cedimenti,
struttura importante e analoga sapidità,
ben sostenuta da morbidezza alcolica perfettamente in sintonia. Tannino leggermente sopra le righe ma
senz’altro sulla strada di una buona longevità. Finale lungo con ritorno
amaricante.  

Il Faro 2008 Vigna Sara proviene da uve coltivate in un piccolo appezzamento a Faro Superiore a poco più di duecento metri sul livello del mare: naso franco ed intenso, al gusto presenta durezze ancora esuberanti, a dimostrazione del fatto che per dare il meglio deve ancora essere atteso. 
Antonino Caravaglio produce una vera chicca, che mai avevo avuto occasione di provare: il Nero du munti, prodotto con uve Corinto nero, interessante varietà strettamente imparentata con il sangiovese. Olfatto intenso e vegetale, selvaggio e speziato, ha una struttura importante, ben supportata da una intensa acidità.
Di Vasari, già menzionato in questo blog qui, abbiamo provato il Mamertino 2006 Riserva. Naso fine di lavanda, rosa, arancia sanguinella, sbuffi balsamici, in bocca non si esprime ancora compiutamente, quasi intimidito da uno spettro olfattivo di gran pregio. Tannino apprezzabile e vegetale, sapido e fresco, anche questo vino ha caratteristiche che ne tracciano una buona longevità. 
Le degustazioni si sono concluse con un artigiano del vino, Mimmo Paone ed il suo Faro 2008, ottenuto da vigne site in quel di Castanea delle Furie: impatto olfattivo deciso su frutti rossi maturi e spezie, preannunciano un sorso pieno, costruito su un tannino centrato e mineralità intensa. Finale medio lungo con ritorni fruttati.
Il tempo è un tiranno e non ci ha permesso di degustare di più. Per fortuna ci sarà occasione, in futuro, di tornare a degustare i vini di un territorio – non mi stancherò mai di dirlo – fortemente sottovalutato.