Sulla riva sinistra del Sesia, appena più a sud di Ghemme, sorge Sizzano, in un lembo di terra dove la viticultura ha origini molto antiche e la spanna la fa da padrone. Plinio il Vecchio ne decantava le lodi già nel suo Naturalis Historia (Plinio il Vecchio ha girato parecchio, se ha scritto che da queste parti fanno un buon vino lo ha fatto con cognizione).
La zona è rinomata per la produzione di Ghemme e Gattinara, a base di spanna: la coltivazione gode di un microclima favorevole, ben condizionato dalla vicinanza non solo del Sesia ma anche del Ticino e di un terreno di origine morenica, argilloso e ciottoloso.
Non tutti i filari, tuttavia, sono del nebbiolo novarese: possiamo trovare barbera, croatina e la vespolina, che da queste parti viene anche chiamata Ughetta mentre in Val d’Ossola assume il nome di Balsamina, per via dei caratteristici accenni balsamici che possiamo trovare dai vini che ne derivano.
La vespolina, cui le analisi del DNA hanno rivelato una parentela con il nebbiolo, ha media maturazione e non era molto amata dai coltivatori perché ha una resa bassa ed è sensibile alla peronospora e predisposta alla acinellatura.

Proprio di vespolina parliamo oggi, attraverso l’Afrodite 2011 di Paride Chiovini, produttore di Sizzano sin dal 1997, quando decise di rilevare l’azienda del nonno Isidoro. Gli ettari vitati dell’azienda sono solo tre, non molti quindi, ma quanto basta per poter dedicare le risorse al conseguimento di prodotti di qualità. 

Afrodite è un vino che parla. Vediamo cosa ci dice. Rosso rubino permeabile consistente, rotea con eleganza nel calice disegnando piccoli archetti irregolari e coloranti. Al naso impatto importante di piccoli frutti rossi, mirtillo, amarene, erbe di montagna, arancia sanguinella, toni ematici e ferrosi. Al gusto il tannino si distingue ancorché lievemente vegetale, freschezza non evidente, evoluzione lineare ma non esplosiva. Morbidezza da manuale, in ballottaggio col tannino sempre sugli scudi. Mineralità accennata, sapidità nella norma, il sorso non stanca, l’eleganza non si discute tuttavia la struttura suggerisce un nuovo assaggio tra dodici mesi, quando il tannino avrà ceduto parte della sua irruenza, in favore della intrinseca morbidezza.
Finale medio lungo, con ritorni balsamici ed ammandorlato.
Vino poco omologato, affascinante ma non austero, non ruffiano eppure ammiccante.
82/100