Quando abbiamo coniato l’hashtag
#personedivino sapevamo benissimo che prima o poi ne avremmo incontrata una che vale lo stesso la pena di intervistare, nonostante una scarsa attinenza col vino. Il momento è arrivato perché
Appunti di degustazione ha incontrato
Teo Musso, volto più che noto del mondo birraio, legato alla sua creatura:
Baladin.
Pioniere della “craft beer” Teo Musso è un personaggio social molto conosciuto: costantemente in giro per lavoro, si fa carico di impersonare il mondo brassicolo italiano, essendone indiscutibilmente un importante rappresentante.
Non è facile parlare con Teo: gira come una trottola, nel fermento (è il caso di dirlo) delle sue numerose iniziative, alle prese con la produzione, i progetti, le ambizioni. Siamo andati ad intercettarlo venerdì 2 settembre dove sapevamo che lo avremmo trovato: a Torino, a Open Baladin Fest, l’evento creato proprio da Teo, in nome della birra artigianale italiana, con duecento birre in degustazione, cibo di strada, dibattiti e dj set. Un evento davvero bello.
È stata un’intervista insolita, divertente, seria e umoristica, tecnica e informale. Abbiamo riso e abbiamo riflettuto. Soprattutto riflettuto.
Allora Teo, iniziamo… dalla fine, dalla novità più recente: il nuovo birrificio, a Piozzo, forgiato sui tuoi must filosofici.
È ultra visionario (ride)! Perché ha una filosofia Open, e diventerà un luogo da vivere per tutti, specie nella sua espressione più importante che è il Garden. Il birrificio ha una cascina del 1300, campi coltivati a luppolo ed orzo, un’area adibita al relax e al picnic, un laboratorio di ricerca e controllo qualità interno, una cantina di fermentazione da 3000 ettolitri, uno stabile per la gestione della rifermentazione delle bottiglie completamente meccanizzato, sembra venire direttamente dal futuro.
Con il parco vogliamo rappresentare la natura contadina ma soprattutto far capire il legame tra la terra e la tecnologia, senza dimenticare il ruolo che invece abbiamo nella parte di produzione.
Sarà luogo di condivisione ma anche di studio, perché con la passerella aerea si potrà osservarlo anche quando si lavora. All’Open Garden verranno i contadini, ci sarà anche un forno, un piccolo mulino a pietra, si potranno comprare verdure e formaggi o carne e farsela cucinare, noi daremo pane e birra e il resto lo si potrà comprare dagli agricoltori, si potrà visitare la parte del birrificio, sarà un vero parco aperto al pubblico.
Puntiamo al sogno di diventare il primo birrificio al mondo totalmente indipendente: attualmente coltiviamo quattrocento ettari di terreno e produciamo solo una parte dell’energia di cui abbiamo bisogno e ci manca la parte finale della filiera del luppolo e una parte dei malti speciali. Il nostro proposito nei prossimi cinque anni sarà di coprire questa mancanza. Pensa che l’area è molto grande ma al momento il birrificio la occupa solo parzialmente, ci sono anche quattro fonti d’acqua: un giorno saremo indipendenti anche per la parte acqua.
Come ti è venuto in mente di produrre birra nella terra del vino?
È stata una sfida (sorride sornione, ndr), non c’è terra più adatta per sfidare il vino! Il mondo della birra artigianale comunque deve tanto a quello del vino, persino per le cose meno belle: lo scandalo del vino al metanolo, per esempio, nel 1986 insegnò agli italiani ad annusare il vino. Questa abitudine io l’ho rilanciata: mettete il naso dentro al bicchiere di birra, lo dico sempre. Ci sono birre che meritano di essere annusate e degustate con calma per essere comprese a fondo.
Il fenomeno della birra artigianale in Italia ha avuto e sta avendo numeri da capogiro. Nel periodo 2008/2013 il numero di microbirrifici attivi è più che raddoppiato. Come giudichi questa escalation e dove pensi si possa arrivare?
È un comparto in ascesa, non c’è dubbio. I birrifici in realtà sono circa seicento, duecento i brewers pub e poi ci sono i Beer Firm. Sul fenomeno dei Beer Firm ho una mia idea ben precisa: il mestiere del birraio è quotidiano, si deve stare tutto il giorno a bagno, nel lavoro di cantina, nella selezione del luppolo, credo che non sia necessario aggiungere confusione in un mercato già molto variegato.
Come giudichi la nuova legge sulla birra artigianale? Favorisce davvero il mondo brassicolo?
Se siamo capaci di non distruggere tutto attraverso invidie varie può essere una grandissima opportunità di difesa del mercato italiano, del marchio birra artigianale e di conquista del mercato estero. Questa legge è molto restrittiva per quanto riguarda la definizione di birra artigianale, la più severa al mondo probabilmente. Questa grande restrizione può essere limitante ma può anche essere positiva se remiamo tutti nella stessa direzione.
Dal mondo del vino hai preso in prestito il concetto di Metodo Classico, estremizzandolo nel caso della Birra Metodo Classico Riserva. Come ti è venuto in mente?
La Baladin Metodo Classico Riserva nasce dopo un lavoro di sette anni per trovare l’equilibrio giusto. Tieni presente che tutti i nostri prodotti, tranne la Pop sono rifermentati in bottiglia. Nella Riserva le atmosfere sono superiori, c’è più energia, sono circa 12.000 bottiglie l’anno, un affinamento di 18 mesi sui lieviti, con un passaggio in legno con botti scolme per dare una nota legnosa. È una birra diversa, per intenditori.
Sei un fan dell’abbinamento cibo/birra: qual è la tua esperienza in giro per il mondo? In Italia in particolare pensi che la proposta sia in espansione o si è ancora ancorati al vino per accompagnare i cibi?
Io penso che sia molto più facile abbinare una birra che un vino! La mia teoria è che l’abbinamento principe per il cibo è l’acqua poi gli infusi, poi la birra, poi il vino e quindi i distillati. Il vino solitamente ha la caratteristica di essere molto acido quindi si approccia col cibo in modo molto diverso, la birra è una sovrapposizione di aromi, il vino una sorta di scontro. Bere vino mangiando è più costume che reale abbinamento funzionale.
Che vini beve, Teo Musso? E quale birra porteresti con te sulla luna?
Bevo poco vino perché bevo soprattutto birra. Mi piacciono i vini ma come ti spiegavo prima faccio fatica sull’acidità. Sembra ombra di dubbio porterei con me sulla luna una bella scorta di Xyauyù, perché a differenza di qualsiasi altra birra al mondo perché può dare soddisfazioni anche con un cucchiaino, quindi se devo stare parecchio lassù…
Torniamo alla birra: come nasce l’idea di una nuova birra? C’è più istinto o più programmazione? C’è qualcosa o qualcuno da cui trai ispirazione?
Ci sono due percorsi molto diversi: uno è legato a una sensazione, un’emozione che mi ha lasciato un gusto in bocca che voglio riproporre e fare conoscere agli altri. Io voglio anche parlare attraverso la birra, è una fortuna entrare nella bocca della gente: non dobbiamo dimenticarlo, è una fortuna e una responsabilità.
Poi ci sono birre che hanno il ruolo di comunicare, ti faccio un esempio: le due Baladin più forti sono Open e Nazionale. Quest’ultima ha fatto molto bene perché ha fatto capire che si poteva lavorare con materie prime nazionali, mentre Open comunicava la concezione open source, vale a dire condividere il principio per far crescere il comparto. È fondamentale crescere tutti e andare a prendere parti di mercato ancora inesplorate: da parte nostra creare il kit, fare i locali, spillare birra artigianale nei pub sono tutte cose che vanno in questo senso.
Qual è la Baladin del futuro? Che vestito avrà?
L’indirizzo è quello di arrivare all’indipendenza totale, l’autoproduzione: In più stiamo rifacendo un restyling che si vedrà a fine anno, saremo sempre riconoscibili e ti do un’anteprima: una nuova linea di birre che uscirà l’anno prossimo, affiancata dal progetto di conversione che entro il 2022 ci permetterà di diventare totalmente Bio.
Una nuova linea? Uno scoop! Dimmi di più!
No, non posso proprio (sorride a lungo, ndr)…
Come va con gli orti in Africa? E con il sogno di aprire un Baladin Africa?
Il progetto è in moto. Per una serie di fattori nostri e burocratici slitterà un po’, non arriveremo a essere in funzione per l’estate in Sudafrica con la birra fatta lì, ci vorranno ancora sei mesi o un anno.
Un boccale di birra come un calice di vino può dar luogo ad incontri, ad amicizie anche profonde. Con chi vorresti bere una Baladin e non hai ancora avuto modo di farlo?
Mi piacerebbe bere un bicchiere con Papa Francesco e gli farei provare proprio la Xyauyù!
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