Non mi capita spesso di passare da Catania, men che meno se devo prendere l’aereo.
Stavolta è stato diverso perché, per fortuna, il matrimonio a cui devo e voglio partecipare è a Siracusa, e Catania, e l’Etna, e la cantina Benanti sono lì di passaggio.
Alle porte di Catania, sul versante sud del vulcano più alto d’Europa, la tenuta di Serra della Contessa è sita a 420 metri slm, immersa nel verde e nelle vigne prefillosseriche di nerello mascalese che arrivano anche alla veneranda età di 120 anni. Serra della Contessa fa parte dei 25 ettari totali di proprietà che danno sui tre versanti del vulcano dove trovano dimora nerello mascalese, carricante e nerello cappuccio principalmente.
Carretto siciliano Benanti
La “chiave” che sorregge le ruote
È tutto nero sull’Etna. La terra. La pietra.
I contrasti sono accentuati, netti. I colori, accesi e forti.
Un carretto siciliano, originale, perfetto, antico, fa bella mostra di sé sotto un enorme gazebo circondato di alberi. Bellissimo. Non se ne vedono più in giro soprattutto in questo stato di conservazione. Anzi non se ne vedono affatto!
Le immagini disegnate sul legno, i dettagli delle ‘chiavi’ (le strutture in metallo che reggono le ruote) narrano scene tratte dalla Cavalleria Rusticana o dai Vespri.
E fra un’immagine in cui Turiddu parte militare e un’altra in cui Lola sposa Alfio, passano 40 minuti così, senza nemmeno accorgercene. 
40 minuti di racconti, di narrazioni, di interpretazioni in compagnia del Cavalier Giuseppe Benanti. Minuti veloci come quando ci si diverte fra amici.
Il Dottor Giuseppe, padrone di casa e gentleman di altri tempi, è un vulcano di aneddoti, un fiume di lava di narrazioni.  Manco a dirlo integrato perfettamente nel territorio.
Ci racconta infatti con la passione e l’esperienza accumulata nei decenni, storie di vita semplici, umane ma anche puntuali e colte, di come ha riorganizzato l’azienda ecc…
Uomo di mondo nel senso di cittadino del mondo, questo Gaia dell’Etna ha anche il merito di aver contribuito in prima persona a rifondare l’Etna vinicola stessa, insieme pochi altri.
Oggi abbiamo la fortuna di assaggiare e riassaggiare con lui le produzioni top nel proprio ambiente naturale.
Etna Bianco Doc Pietramarina 2012
Sicilia Igt Nerello Mascalese 2013
Sicilia Igt Nerello Cappuccio 2013
Etna Rosso Doc Rovittello 2012
Etna Rosso Doc Serra della Contessa 2012
C’è chi dice che i vini provati direttamente nella cantina di produzione siano migliori… Ho paura che sia vero.
Mentre le ore trascorrono, un vento ancora fresco di una primavera mite di inizio giugno porta con sé un carico marino profumato che mi mancava.
Oggi non voglio stare a disquisire su freschezza, complessità e altri aspetti degustativi; l’abbiamo già fatto più e più volte qui, qui e qui ad esempio. E continueremo a farlo. 
Per alcuni vini, io, ho bisogno di tempo, di calma.
Ho bisogno di sviscerarli per comprenderli al meglio, di capirli da solo.
Ciò che vi dirò è che li apprezzo, anzi li amo, per la mineralità iodata che con gli anni arriva all’idrocarburo (Pietramarina), per questa freschezza che ti schiaffeggia ma con i guanti, per l’ampiezza dei profumi e dei sapori dove ogni sorso, ogni annusata, valgono un nuovo calice, per una finezza assoluta, soprattutto sui Cru, perché non è la quantità che conta ma la qualità (e qui comunque le hai entrambe), perché, come dice Benanti, la strada per la qualità non conosce scorciatoie.
Una vite centenaria nata su un…muretto
“No shortcut for the quality, no shortcut for the time”. Una filosofia di vita, non solo produttiva.
Vi dirò poi che la pressatura è soffice. Per darvi un’idea per pressare 2500 kg si impiegano circa 2 ore e mezza.
Vi dirò che i lieviti sono quelli dell’uva, figli di una selezione di lieviti indigeni e che sono utilizzati per far ripartire la fermentazione, anno dopo anno.
Vi dirò che le viti sono fra le più sane mai viste, cinquantenarie, centenarie, che l’uva non corre il

rischio di surmaturazione o maturazione tardiva incontrollata perché di notte fa freddo sull’Etna e l’escursione termica è enorme.

Vi dirò che i trattamenti sono quasi inesistenti perché lì c’è sempre vento e semplicemente non servono, che il fango in vigna non esiste perché la cenere drena da matti e l’acqua va in fondo, e poi col calore evapora e irrora le radici quando serve.
Vi dirò infine che esiste un tratto comune fra tutti questi vini fatto di una lieve nota fumé in chiave sapida, un fil rouge che imprime il suo timbro di territorio.
Non vi dirò altro infine perché i vini, questi vini qui, vanno assaggiati, riassaggiati, ascoltati e infine amati.
E questo lo dovete fare voi.