Oggi, guarda caso, torniamo a parlare di Sicilia. Parliamo di un’azienda che ha contribuito fortemente a plasmare, in positivo, la storia del vino di una terra che un tempo era considerata un contenitore di succo d’uva fermentato atto a correggere i difetti dei vini del nord.
Chiaramente questa è una provocazione, sto esagerando, ma è anche grazie a Duca di Salaparuta, storica cantina palermitana, se oggi in Sicilia si produce vino di alta qualità.

Un’illuminazione, che oggi può sembrare banale ma non lo era affatto negli anni ’80, che ha visto la nascita di due etichette di nero d’Avola e inzolia, vinificate in purezza con lo scopo di attraversare il tempo, di evolvere, come si addice ai grandi vini.

Duca Enrico e Bianca di Valguarnera  rispettivamente, sono nomi storici, importanti, che hanno tracciato la strada di un mercato quasi inesistente nell’isola.

Sembra assurdo, ma ricordo ancora quelle bottiglie carissime di Bianca di Valguarnera, svettare imperiose nei migliori supermercati di Palermo. Avrò avuto forse 10 anni e la mia massima aspirazione nella vita era costruire un’astronave con i Lego, ma ricordo bene il nome, e soprattutto la sensazione di importanza che quella bottiglia voleva comunicare.

La scelta aziendale, ci racconta l’enologo Francesco Miceli, è stata quella di scommettere sui due vitigni più rappresentativi dell’ampelografia sicula dell’epoca (oggi l’appeal si è spostato più su grillo e catarratto da un lato e nerello mascalese dall’altro).

L’inzolia perché resistente, dotata di un corredo polifenolico importante (tannini), bassa acidità, adatta alla fermentazione in legno, e il nero d’Avola per la sua predilezione di terreni siccitosi.

“Grazie al Duca Enrico”, il primogenito di questo nuovo corso, “abbiamo oggi una serie di aziende che hanno seguito la vinificazione in purezza del nero d’Avola.”
E sì perché il concetto dei Cru in Sicilia si sviluppa, fra la maggior parte delle aziende, proprio grazie alla spinta di Duca Enrico e Bianca di Valguarnera, che, tra l’altro, è forse l’unico vino a base d’inzolia in purezza vinificato in legno.

Qualche appunto di degustazione è d’obbligo, specialmente per apprezzare l’evoluzione di questi vini, in due verticali.

Bianca di Valguarnera 2013, 2010, 2007, 1997
Duca Enrico 2010, 1997

Bianca di Valguarnera 2013
Annata ideale che ricorda l’eccellenza del 2010. Estate fresca e vino poco alcolico, sui 13 gradi.
Sette i mesi trascorsi in barrique nuove con batonnage esagerati.
Francesco ci fa notare che i vini da inzolia affinati in legno hanno un potenziale di invecchiamento ottimo determinato dai tannini naturalmente muscolosi del varietale, che insieme al legno ne stabilizzano le componenti.

Ha il colore del sole e sboccia al naso in zagara, macchia mediterranea, agrume tostato di vaniglia in sferzata minerale. Parola d’ordine sale.
Come bere da una salina; li senti quasi i granelli di sale. Eppure un apporto glicerico importante e una bocca morbida al sapore di pesca sciroppata e appena distillata ne ammorbidisce l’impatto quanto basta.

È comunque un vino tosto, grasso e corpulento. Un toro.
Sembra appena uscito dalla barrique. Una gioventù spinta che oggi ne fa un vino esclusivamente da abbinare a pietanze importanti. Domani invece si vedrà.

Bianca di Valguarnera 2010
Colore dorato,  ha i profumi della primavera siciliana, di arancia matura, di pistacchio, di gelsomino. In evoluzione escono anche timo, salvia e altre erbe officinali. Una bocca decisamente diversa dal 2013 dove adesso è l’acidità a fare da padrone, a dirigere il sorso fino alla fine, quando entrano a gamba tesa una nota di legno che vira dalla vaniglia alla nocciola, e una speziatura dolce di zenzero, pizzicore compreso.

Bianca di Valguarnera 2007
Basso profilo acido per un’annata difficile, da scoprire al momento.
L’impronta del naso è incentrata su un legno più secco, meno grasso meno rotondo, più diretto se vuoi. Speziato al cardamomo e pepe rosa in chiave ossidativa. Poi fiori di lavanda e gelsomino e canditura di agrume a rinfrescare un palato affatto stanco.

Sembra quasi più leggero, ovvero più acido, con una bocca che in questa annata diventa interlocutoria, difficile, meno sapida in assoluto, ma al contrario dolcina su note mielose. È introverso e spiazzante cosi come l’annata.

Bianca di Valguarnera 1997
Colore dell’ambra quasi da passito brillante. Un naso mineralissimo ed estremamente ossidato che si rivela come tripudio di funghi, quasi di tartufi, cognac e distillati, canditura di agrumi e macchia mediterranea, tostatura e fiori appassiti di camomilla, cioccolato bianco. Una grandissima complessità gusto-olfattiva che si richiama al palato. Il sapido e tostato qui si fondono e confondono e vibrano fra un distillato e una nota piccantina di paprika e zenzero, tannica e asciutta.
Belle sensazioni, grande nitidezza, grande vino.


Duca Enrico 2010
Annata molto fresca e vendemmia ritardata di giorno in giorno. Figlio già della tenuta di Riesi, su terreni con esposizione a sud, è un vino dal frutto integro e quando dico frutto dico marasca, ciliegia.

Il colore è lì, rubino, perfetto, e i profumi fruttati sono permeati dalla nota mediterranea di terriccio e sottobosco. Vino stranamente snello e vibrante in bocca, non me l’aspettavo, con ancora qualche tratto verde di gioventù a tutto favore di una vita che si prospetta lunga.

Un vino sapido che fa dell’equilibrio il suo carattere vincente. Un siciliano da bere a cuor leggero e con una longevità espressa in almeno una decina d’anni.

Duca Enrico 1997
Millesimo particolarmente fortunato che possiamo riassumente in tre punti: forza, intensità ed eleganza.
Ecco le chiavi di lettura di questa annata.
Un naso cangiante che non nasconde nemmeno per un secondo la sua importanza.
Cioccolato di Modica, quello in grani, si, dove senti tutti gli ingredienti distintamente, mosca del caffè, la grafite e poi il frutto, in confettura di ciliegia, sempre lei.

Palato elegante, dritto, perfettamente equilibrato con questa spina dorsale acida, secca, assoluta e immortale fino a fine sorso.
Ai lati un tannino ancora vivo, ma sottile, smorzato, di grande pregio, arrotondato dagli anni quasi come fosse un ciottolo in un fiume; un tannino di compagnia. E poi si riannusa e viene fuori ancora un po’ di inchiostro e arancia sanguinella perché di profumi non ce n’è mai abbastanza.

E il sale? Qui trovi il sale giusto, quello che piace, quello che nel vino mi conforta quando è dosato bene.
Assoluto, netto. Finito.

Un vino che dà sicurezza, da bere assolutamente da solo, in meditazione mistica, da non “sporcare” con un pasto.

Le endorfine sono incluse nel prezzo.