Mantova
Siamo a due passi dall’Emilia-Romagna e non è un caso che il vitigno simbolo della zona sia il Lambrusco.
I lambruschi sono l’unico gruppo di vitigni per i quali la genetica ha trovato una connessione con le viti selvatiche, antenate degli attuali. Nel complesso di Palafitte di Cavriana, patrimonio dell’Unesco, sono stati rinvenuti dei vinaccioli risalenti all’età del bronzo. Un pedigree di tutto rispetto per la viticultura del mantovano. Se poi pensiamo che Virgilio, sommo poeta mantovano, cita la parola “labrusca” nelle Bucoliche, capiamo di trovarci davanti a un territorio davvero notevole!
Ma in questa zona più che etruschi, greci e latini in genere sono i paleoliguri quelli da ringraziare perché i primi a proporre tentativi di domesticazione della vite.
Anche se i primi documenti storici risalgono alla fine del 700, è intorno al Mille che la zona viene bonificata, spesso per far spazio alla coltivazione della vite. La prime norme protezionistiche, le prime prescrizioni vendemmiali e i termini per i contratti di coltivazione sono nate qui. Allo stesso modo le prime importanti opere letterarie, tra cui il Liber Ruralium Commodorium di Pier de Crescenzi.
Tutta la zona Cisalpina fu caratterizzata dalla coltivazione della vite “ad arbustum”, connotandone con soluzione di continuità tutto il territorio padano. Questo schema definito e regolare continuò pressoché immutato fino agli anni ’50 del secolo scorso,
Fino a metà del 1800 si contavano più di cento varietà di vitigni ma progressivamente con l’arrivo dell’oidio e successivamente delle altre malattie della vite, ne sparirono numerosi, prima ancora che in Francia si scoprisse l’utilità dello zolfo come cura.
Ma in questo modo si manifestò invece come tenace e resistente alle malattie proprio il nostro Lambrusco, allevato sulla pianta tutrice con i grappoli distanti dall’umidità del suolo. Fu in questo stesso periodo che comparve, per la prima volta, una varietà qui poco diffusa, la Lancellotta, che dona colore e zucchero al mosto di Lambrusco.
Con la legge del 1939 che cercò di mettere ordine negli impianti viticoli, cominciarono a esserci indicazioni precise sui vitigni da utilizzare. Il Grappello Ruberti, erroneamente attribuito alla reggiana, è molto probabilmente invece l’unico lambrusco originario della zona mantovana arrivato fino ai giorni nostri.
E quindi non ci resta altro che fare una pausa di golosità… assaggiandone uno.
80 VENDEMMIE – Quistello Rosato IGP – Lambruschi locali con prevalenza Grappello Ruberti – Vino frizzante 11° vol. – Cantina Soc. Coop. di Quistello – Attenzione un rosato di Lambrusco: quindi grande freschezza e grande brillantezza!
(continua)