Gli amanti delle bollicine potrebbero rispondere “Montagne de Reims” pensando allo champagne o “Oltrepò” restando nei nostri confini.
Pochi risponderebbero “Piemonte”. Pochissimi risponderebbero “Bubbio, provincia di Asti”: eppure costoro genererebbero il mio incondizionato stupore, perché in questa terra un po’ Langa e un po’ Monferrato, qualcuno produce del Pinot nero. E lo fa anche bene.
Così la sfida è accettata: fare un Pinot nero in Piemonte e farlo di qualità. Nella terra del nebbiolo e della barbera – tacendo sugli altri importanti vitigni – non è facile accettare una sfida del genere. Oggi nel mio calice c’è Apertura 2011, che ci dirà se la sfida è stata vinta oppure no.
Il colore non è quello che si aspetta da un Pinot nero. Poco concentrato, certo, ma senza quelle trasparenze che caratterizzano altri vini fatti con lo stesso vitigno.
Capisco subito che analogie con Borgogna o Alto Adige non ce ne saranno. A partire dai profumi, che qui insistono su frutta rossa fresca e su spezie orientali.
Passando dalla struttura, certo importante ma non per questo grossolana, anzi. Apertura 2011 si muove bene al palato, disegnando armonici tracciati, ravvivando con freschezza ciò che un delicato tannino porta via. C’è una sorta di piacevole ruffianeria, inutile negarlo: la qualità del vino non passa dalla ricerca della piacevolezza a tutti i costi.
Il finale lo contraddistingue ulteriormente, discostandolo da altri Pinot, definitivamente. Chi cerca una cosa diversa qui la troverà. Chi cerca appagamento, qui lo troverà, specialmente se avrà la pazienza di aspettarlo.
Perché Apertura è un vino che sa aspettare. Aspettatelo e vi ripagherà l’attesa, con la sua diversità.
Bravo Francesco la tua lettura è stata obiettiva e coerente, pur non avendo dimestichezza con quel territorio hai saputo realizzare un'inedita interpretazione. Passi la ruffianeria e certi virtuosismi su un colore che non può che rispecchiare la terra da cui arrivano le uve. Queste sono le descrizioni che mi piacciono!