Il mondo dei formaggi è un caleidoscopio, ricco di fascino e tradizione e con molte analogie con il vino. A cominciare dall’abbinamento. Cheese, giunto alla decima edizione, è l’evento perfetto per un tuffo nei formaggi. Noi ci siamo stati sabato 19 e domenica 20 a Bra: siamo stati bene, tra degustazioni guidate e storie raccontate dai protagonisti caseari, tra i banchi dei produttori nazionali ed internazionali. 

A Cheese si è parlato anche dei problemi del mondo dei formaggi, a cominciare dal rischio del latte in polvere per la produzione, questione sollevata da Carlo Petrini in sede di inaugurazione. Un intervento, quello del fondatore di Slow Food, davvero molto interessante, fuori dagli schemi, in grado di toccare temi davvero fondamentali e le corde scoperte di questi tempi. Vale la pena soffermarsi su un passaggio, in particolare: “In questo momento una carovana enorme sta attraversando l’Europa a piedi, altri muoiono nel Mediterraneo senza nemmeno fare notizia. Noi siamo qui a parlare di formaggi e di Made in Italy ma non scordiamoci che il sistema alimentare italiano senza i migranti non sta in piedi. Non va dimenticata la nostra storia, noi siamo un popolo di migranti e la vera Europa si costruisce sulla generosità e sulla solidarietà. 




Cominciamo a dire cosa era davvero Cheese 2015: un evento per imparare e conoscere oltre che naturalmente per assaggiare il formaggio, nelle sue molteplici… forme! Il tema di quest’anno è Alle sorgenti del latte, nutrire il pianeta. Un occhio di riguardo per i temi classici della filosofia Slow Food: valore al cibo, nel rispetto di chi produce, armonia con ambiente. Un evento che ha coinvolto tutta la città di Bra per tre giorni in cui si è assistita a una partecipazione intensa e a tratti oceanica. L’organizzazione però non ha vacillato e tutto è filato liscio: bus navetta frequenti, presidi del rifiuto, volontari e protezione civile quanto basta. Anche il meteo ci ha sorriso, regalandoci due splendide giornate di sole.

Tra i tanti appuntamenti del programma non abbiamo voluto perdere quello dedicato al Castelmagno, uno dei formaggi DOP più noti e rari dell’intero panorama caseario. Ce ne ha parlato Evanzio Fiandino vicepresidente Consorzio Tutela Castelmagno DOP. Il Castelmagno è una delle DOP più piccole, è prodotto solo nei tre Comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana, in provincia di Cuneo. È prodotto con latte di vacca, eventualmente addizionato con latte ovino e/o caprino in percentuale da un minimo del 5% ad un massimo del 20%. Attualmente il disciplinare del Castelmagno prevede due tipologie: il Castelmagno di Montagna ed  il Castelmagno d’Alpeggio, riconoscibili per il diverso colore della “sventolina” presente sulla forma.
La storia del Castelmagno è legata alla conservazione dei formaggi e alla volontà di non sprecare le diverse mungiture che non si era potuto utilizzare, conservandole sotto siero.  “Il Castelmagno costa perché ha una lavorazione lunga  e perché i costi in alta montagna sono più alti“, dice Fiandino che conclude ricordando una curiosità: quando nel 1999 domandarono a Luigi Veronelli quale fosse il miglior formaggio del mondo, egli rispose deciso: “Il Castelmagno“. Mi pare significativo. 

Elio Ragazzoni giornalista e membro di ONAF ha esordito citando Gianni De Matteis, sindaco di Castelmagno, a cui va dato il merito di aver ostinatamente rilanciato il Castelmagno negli anni 80, allorquando la produzione sembrava destinata all’oblio. Ragazzoni ci conduce nella degustazione di due tocchetti di Castelmagno, di cui uno erborinato. Quello non erborinato regala sentori animali e di burro maturo. Dopo la deglutizione la sensazione animale scivola, in bocca è molto meno aggressivo che al naso, il sapore è nobile. 
Il Castelmagno erborinato è più aggressivo e salato, ha un’intensa sensazione vegetale, tende leggermente alla piccantezza ma per chi ama i sapori decisi è una vera leccornia.  
La sommelier Giusy Raineri, delegata AIS di Alessandria, ha introdotto il vino principe per un abbinamento col Castelmagno: il Barolo. Non è solo un mero abbinamento tradizionale, è un matrimonio di sensazioni che alternano fino a fondersi. La potenza del formaggio danza con la struttura del vino e il dilungarsi dei sapori tende all’infinito. Provare per credere.