Non sono molte le regioni italiane a poter vantare tre zone vitivinicole così vicine geograficamente, generose e con caratteristiche diverse tra loro, sia pur riconoscibili. Barolo, Barbaresco e Roero hanno una storia identitaria, indipendente eppure legata l’una alle altre e rappresentano – con la loro diversità – quanto di meglio si possa trovare in un’area geografica estesa a cavallo del Tanaro, interamente nella provincia di Cuneo. Tre gemme preziose, incastonate in un collier.
Langhe e Roero hanno delle differenze, si sa, a cominciare dal terreno: in Langa calcareo-argilloso, nel Roero marnoso-arenario, quindi più sabbioso. L’età stessa del territorio roerino è diversa, essendo molto più giovane di quello langarolo di circa dieci milioni di anni: pensate che in Roero non è raro trovare in profondità fossili marini, segno incontrovertibile della presenza del mare, in tempi lontani.
A Go Wine tutto questo lo sanno già e ogni anno propongono una serata dedicata alle tre zone dove il protagonista è – ça va sans dire – il nebbiolo. Ma non solo.
Noi ci siamo stati lo scorso 16 febbraio, nella consueta cornice dell’Hotel Michelangelo, la roccaforte milanese dell’associazione.
Ecco cosa abbiamo provato:

Diego Morra: da Verduno, Giovane produttore ma dalle idee chiare. A partire dal logo a cui ha affidato la sintesi dei pilastri aziendali costituito dalle tre “M” di Monvigliero, Mosca (la Cascina familiare) e naturalmente Morra. Dopo aver provato Proviamo la Barbera d’Alba 2015, colore e naso da giovanotto in fasce, frutta in quantità, nessun passaggio in legno, varietale e sincera. Da un vitigno di 28 anni esposto a sud, è già godibile sia pur con le asperità che caratterizzano vitigno e annata giovane. E poi lo sapete: qui ad Appunti di degustazione la barbera ha sempre un posto speciale, al tavolo dei vini italiani. Virgulto promettente.

Un’azienda che sta diventando un must. Per qualcuno lo è già. Proviamo con gioia il Barbaresco Basarin 2013 elegante, caratterizzato da texture finissima eppure potente. Si conferma un’annata fantastica: il tannino non è ancora del tutto allineato ma va bene così. In compenso è evidente la croccantezza, la pulizia di naso e di gusto, la sapidità sopraffina: dopotutto da uno dei cru più noti a Neive, come poteva essere diversamente?! Giovane, certo, ma grande già oggi e dal futuro radioso.  Ama essere bevuto e noi amiamo berlo.

Altro Barbaresco, stavolta Rombone 2014, in anteprima. L’enologo è Dante Scaglione, per diciassette anni a fianco di Bruno Giacosa. Non uno qualunque. L’annata 2014 in Langa non è stata granché per i vitigni precoci, mentre per il nebbiolo è tutto un altro discorso. Annata tuttavia penalizzante per il Barolo, dice qualcuno: perché nel 2014 ci sono state delle grandinate che hanno risparmiato i vigneti di Barbaresco, permettendo una vendemmia qualitativamente migliore. Rombone ha approccio olfattivo da pugile pesi massimi, ed è strano per un Barbaresco. La natura del vino emerge in tutta la sua grazia attraverso il sorso da ballerina di danza classica, vivace, giustamente tannico. Splendidamente goloso.  

Da Diano d’Alba, terra tradizionalmente di dolcetto ma… la sua Barbera d’Alba Valletta 2014, ha qualcosa di speciale. Non è facile da spiegare, poiché la sintesi di numerose qualità olfattive e gustative non le renderebbe giustizia. I profumi sono fruttati, certo, e terrosi. L’uso del legno è ponderato, percepibile ma molto ben dosato. Il sorso sembra schiaffeggiare e poi accarezzare la lingua, quasi una danza: il risultato è appagamento, allo stato puro. Musicale