Federico Gordini è l’uomo nuovo del vino in Italia. Lo diciamo senza mezzi termini, un po’ perché la prudenza non è nelle nostre corde, e un po’ perché ci sentiamo particolarmente vicini a questo ragazzo – ha appena 37 anni – dalla faccia pulita e dal sorriso sempre sincero. Lo incontriamo in occasione della presentazione di Bottiglie Aperte, l’evento che si terrà a Milano il 7 e l’8 ottobre, nel pieno della prima edizione della Milano Wine Week, di cui abbiamo già parlato in questo articolo.

Chi è Federico Gordini? Come nasce la tua passione per gli eventi e la comunicazione del cibo e del vino?

Nasce perché al vino… ci sono nato in mezzo! Sono per meta dell’Oltrepò pavese, mia nonna era di Canneto, ci passavo le estati: da lì, da quelle vigne è nato questo percorso, sono cresciuto tra i filari. La passione per la comunicazione è comunque iniziata presto, nel 2008, quest’anno infatti celebro il decimo anno in questo ambiente. Mio padre era il direttore vendite di molte aziende di cioccolato, quindi in famiglia il vino e il cibo erano argomenti ricorrenti.

A proposito di comunicazione: durante la presentazione della Milano Wine Week l’assessore regionale all’agricoltura Fabio Rolfi ha detto: “Mancava un grande evento sul vino a Milano, ora MWW colma questa lacuna”. Ti chiedo: perché mancava? Quali sono le difficoltà maggiori che si incontrano nella comunicazione del vino a Milano?

Mancava perché c’è stata una brutta esperienza, quella di MiWine: un tentativo maldestro di concorrenza del Vinitaly. Le persone avevano perso la fiducia nella possibilità di fare un grande evento in città, ma in realtà a Milano ogni giorno c’è qualcosa di organizzato. Bottiglie Aperte per anni è stato un focus e sulla scorta dell’esperienza di Milano Food Week abbiamo pensato di costruire un grande evento di sistema, con uno sforzo in termini di unità di intenti da parte di personaggi del mondo del vino. Ringrazio Fabio Rolfi le cui parole ci danno grande responsabilità, ci deve far riflettere su come sia stato possibile costruire un palinsesto complesso nonostante l’evento sia stato presentato a giugno: molti produttori o consorzi non hanno potuto avvicinarsi per motivi di programmazione. Eppure c’è stata una grande adesione e un grande entusiasmo.

Come giudichi la cosiddetta nuova comunicazione, qual è a tuo avviso l’apporto che blogger e influencer danno al mondo wine & food?

Molto importante perché hanno allargato il panorama, hanno dato spazio a tante nuove realtà. Come in altri mondi c’è una libertà di pubblicazione dei contenuti straordinaria, che ha portato un aumento degli stimoli. Quello della nuova comunicazione, come l’hai definita, è un mondo che ricorda molto quello del vino, tanti player dalla dimensione media non enorme, uno specchio del mondo enologico, insomma. Blogger e influencer hanno alla base una grande passione e non dobbiamo dimenticare che sono persone che quasi sempre hanno un’altra dimensione professionale e fanno questo percorso dedicando tutto il tempo libero che hanno: ci mettono il cuore, in ogni minuto e in ogni riga che scrivono. È meraviglioso, vorrei che questa passione la avessero in molti, in un contesto in cui la comunicazione sta cambiando rapidamente.

Il comitato organizzatore di MWW è composto da grandi personalità del mondo del vino: da Cernilli a Ferraro, da Grignaffini a Bergonzi passando per Brozzoni e Paolini. Come hai fatto a convincerli tutti e com’è lavorare con questi professionisti eccezionali?

Per me è un arricchimento pazzesco, io sono il più giovane tra gli organizzatori, a 36 anni avere la possibilità di collaborare con professionisti dalla straordinaria cultura è qualcosa di prezioso. Non è stato difficile convincerli perché tutti hanno capito che era arrivato il momento di fare qualcosa a Milano, io ho avuto il merito di gettare il sasso nello stagno, e ho trovato grande disponibilità da parte loro, hanno capito che bisognava fare qualcosa.

La Milano Wine Week sarà una settimana, anzi otto giorni, di piccoli e grandi eventi: guardando il programma possiamo senz’altro constatare che hai parlato con tutti: con le istituzioni, con i consorzi, con i punti vendita.  Dove hai incontrato più difficoltà, se ne hai incontrate?

Devo dirti che c’era grande disponibilità da parte di tutti, qualcuno come i consorzi hanno avuto difficoltà solo per problemi di programmazione, per il resto non ci sono state affatto grandi difficoltà.

Bottiglie Aperte è nel tuo cuore: lo hai fatto partire nel 2012 e abbiamo visto che è cresciuto, proprio come un bimbo, che si appresta a diventare… un giovanotto. Da cosa si differenzia da altri appuntamenti apparentemente simili?

È un momento di formazione, un evento spiccatamente per operatori, specie per il personale di sala al quale diamo la possibilità di partecipare in maniera massiva: formare solo il boss, il titolare del ristorante o enoteca può essere utile per le trattative ma formare il personale di sala, quello che è sul campo, è fondamentale per la rotazione del prodotto. Ci sono carte delle quali il personale ignora il 90% dei prodotti, perché sono formati poco o male e hanno una formazione relativa. Avere la possibilità di poter formare del personale senza pagare il biglietto, diventa un momento importante. Durante la Milano Wine Week, mercoledì 10, con ALMA – Scuola Internazionale di cucina realizzeremo un convegno dedicato al futuro delle professioni di sala: sarà fondamentale, io credo, per trasmettere l’esigenza di nuovi percorsi formativi.

Ci è piaciuta molto l’idea del Wine Business Forum: che aspettative hai su questo appuntamento, uno dei tanti della MWW?

Un momento di confronto, un inizio di percorso che vogliamo porre a Milano, un termometro della situazione: lo sto costruendo con persone straordinarie come Silvana Ballotta, CEO di Business Strategies e Barbara Lunghi di Borsa Italiana. Sono molto soddisfatto del fatto di avere lanciato l’idea, il ministro Centinaio ha confermato la propria partecipazione e accoglierà i documenti finali del forum. Non ci saranno solo i classici personaggi del vino ma anche altri attori del panorama vinicolo, sarà bello ascoltare tutti. 

Cosa ti piace bere, a cena?

Tutto, dipende da quello che mangio e dall’umore [ride].

Stai per partire per la luna, puoi portare solo una bottiglia con te, quale porteresti?

È difficile cavarsi d’impaccio con una domanda del genere! Mi porto una bella bottiglia di gin e della tonica!

Hai un aneddoto sul vino o sul cibo al quale pensi di tanto in tanto o che racconti agli amici?

Il vino è fatto di relazioni umane, ce ne sono tante… [ci pensa a lungo] credo che  i momenti più belli sono stati all’inizio quando al primo Vinitaly da organizzatore di Bottiglie Aperte andavamo stand per stand con i collaboratori dell’epoca a chiedere alle aziende, non avevano idea di cosa avessero davanti. È bello vedere come si è evoluta questa situazione, l’accoglienza mia e dei miei collaboratori è sempre positiva, abbiamo evidentemente lasciato una traccia positiva. Spero di scrivere un giorno tanti aneddoti, ci sarebbe da fare una letteratura solo per ciò che succede agli eventi, a distanza di dieci anni in questo mondo ho già un paio di libri da scrivere! A differenza di tanti altri il mondo del vino è pieno di italianità e di umanità, valori da condividere.

Una classica domanda da fine intervista. Dove ti vedi tra cinque anni?

Io credo che sarò ancora qui a raccontarti dei progetti che sono diventati sempre più importanti, settori che hanno dato lavoro e risultati concreti, anche perché tra cinque anni ne avrò 42 e credo che sarò ancora da queste parti, saranno cinque anni molto importanti se consideri che solo a Milano sviluppo parecchie cose, tutti progetti con prospettive importanti.