L‘industria cinematografica si occupa di vino occasionalmente, con risultati a volte eccellenti (Sideways di Alexander Payne su tutti), altre meno (Bottle Shock, semi dimenticata opera di Randall Miller).
Gli amanti dei due generi (vino e cinema, in questo rigoroso ordine) possono godere di film perlopiù di stampo documentaristico (chi non ricorda Mondovino di Nossiter?) o declinati prettamente in commedia, magari romantica (Un’ottima annata, con Russel Crowe): è difficile trovare film in cui l’aspetto puramente enologico affianchi la sceneggiatura a una trama solida e avvincente.
Il compito è riuscito a Ce qui nous Lie di Cédric Klapisch, in Italia con il più evocativo titolo “Ritorno in Borgogna”, che abbiamo visto in anteprima all’Anteo Spazio Cinema di Milano lo scorso 12 ottobre.
Il film ripercorre un intero anno del protagonista, Jean, interpretato da Pio Marmaï, di ritorno nella propria casa natia, un domaine in Borgogna, dopo dieci anni di assenza e costretto al rientro dalla malattia terminale del padre, protagonista in background di tutto il lungometraggio.
L’occasione permette a Jean di riallacciare i rapporti con i fratelli più piccoli Juliette, interpretata dalla bella Ana Girardot e Jérémie, François Civil. La morte del padre poco prima dell’inizio della vendemmia proietterà velocemente i tre ragazzi verso nuove responsabilità e decisioni da prendere, ciascun con le proprie finalità e con il modo di percepire il vino, e la vita.
La forza di Ritorno in Borgogna è nella fotografia, fedele riflesso delle giornate borgognone, e nella sceneggiatura che pone Jean e il rapporto col padre al centro, senza tuttavia trascurare gli aspetti psicologici di Juliette e Jérémie. Contribuisce al risultato finale un abile gioco di flashback, intriso di leggera malinconia.
Le riprese hanno rispettato il ciclo delle stagioni: le numerose scene in vigneto e in cantina sono state girate presso il domaine a Mersault di Jean-Marc Roulot, che interpreta la parte di Marcel, fidato collaboratore di famiglia.
Cédric Klapisch, coautore della sceneggiatura, ha realizzato un film ricco di termini gergali per renderlo aderente quanto più possibile alla realtà, accettando il rischio che gran parte del pubblico potesse non comprendere fino in fondo.
Al netto di una fase centrale un po’ statica, Ritorno in Borgogna scorre tuttavia velocemente e risulta gradevole anche per un pubblico scevro di nozioni enologiche: merito di un copione calibrato, delle interpretazioni sobrie e intense dei protagonisti e di una colonna sonora azzeccata.
Gli appassionati di vino troveranno parecchi motivi di interesse: le fasi in vigneto e in cantina hanno un taglio documentaristico e spesso rappresentano momenti di lavoro reale. Mi è piaciuta molto l’ambientazione della Paulée de Meursault, la tradizionale festa di fine vendemmia, arricchita da dialoghi e situazioni brillanti.
Concludo riportando una frase che Jean, fuori campo, pronuncia a metà film e che sintetizza il rapporto tra uomo e territorio. Un vero manifesto di amore per la natura:
Quando ti prendi cura della terra e pensi che ti appartenga, ti accorgi che invece tu appartieni a lei.
Il film è in uscita giovedì prossimo, nel frattempo guardate il trailer a questo link. Buona visione!