Madre Natura è sempre pronta a stupirci mettendo in campo “combinazioni” che hanno il sapore della magia. È questo il caso del Lugana che si afferma come vino italiano di successo grazie alla felice combinazione dei terreni morenici su cui poggiano le vigne, del clima mite e ventilato del lago di Garda e delle specifiche caratteristiche del vitigno (trebbiano di Lugana).
La zona del Lugana è formata da un quadrato di circa 10 chilometri per lato a sud del lago di Garda, fra le provincie di Verona  (Peschiera del Garda) e Brescia  (Desenzano, Pozzolengo, Sirmione, Lonato e San Martino della Battaglia).
I terreni di origine morenica si sono formati a seguito dello “scivolamento” del ghiacciaio a sud del lago di Garda durante l’ultima glaciazione ed oggi sono caratterizzati dalla stratificazione di argilla con componenti calcaree molto ricche di mineralità. La diversificazione dei terreni nella stessa zona è importante tant’è che a distanza di poche centinaia di metri si possono avere composizioni molto diverse con effetti sul vino sorprendenti. È bene ricordare che sono suoli difficili da coltivare perché nei periodi di siccità possono presentarsi secchi, mentre con le piogge diventano fangosi e molli.
Proprio questi terreni conferiscono al vino straordinarie caratteristiche di mineralita’, sapidità, struttura e longevita’.
Il vitigno trebbiano di Lugana, localmente noto come Turbiana, è parente stretto del Trebbiano di Soave ed ha similitudini evidenti con il Verdicchio con cui in passato è stato spesso confuso. E come i vini che si ottengono da queste uve ha ottime capacità di invecchiamento e di evoluzione. Fu probabilmente introdotto dagli Etruschi che operavano in questa zona e mantenuto dai Romani che vennero dopo e si adattò bene al territorio e al suo clima.
La vicinanza della zona con il lago di Garda e l’influenza che questo esercita sul clima è, infatti, elemento fondamentale per capire appieno da dove deriva la ricchezza organolettica di questo vino: la massa d’acqua del Garda, infatti, mitiga il clima della zona e attenua i venti freddi che provengono dal vicino arco alpino. Clima, quindi, mite, ma non privo di quegli sbalzi termici fra notte e dì tanto necessari per sviluppare un ventaglio odoroso ampio e capace di arricchirsi nel tempo.
Se è vero che senza il contributo determinante di Madre Natura non avremmo questo generoso vino è altrettanto vero che l’intervento dell’uomo ha i suoi meriti. Molte cantine, infatti, da anni stanno lavorando per salvaguardare questo vitigno autoctono e per produrre “vini di territorio”. Dalla costituzione della DOC nel 1967 ad oggi sono stati aggiunti tanti tasselli per diffondere la conoscenza e l’apprezzamento di questo vino non solo in patria, ma anche all’estero. Complice certamente l’amore per il Garda, ai tedeschi il Lugana piace – soprattutto nella sua versione base – e le vendite oltrefrontiera vanno a gonfie vele.
In molti produttori credono che il Lugana non sia solo un vino “di pronta beva” e così scommettono sulla versione spumante, sul Superiore, sul Riserva oppure su singoli “cru” o su vendemmie tardive.
Già nel 1998 Veronelli aveva intuito la grandezza e le potenzialità del Lugana e così le riassumeva:
“Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto della composta autorevolezza. I Lugana, cosa rara nei vini, hanno una straordinaria capacità di farsi riconoscere. Tu assaggi un Lugana e, se sei un buon assaggiatore, non puoi dimenticarlo”.
A queste brevi note aggiungerei (rovinandone di certo la bellezza) i nomi di alcuni produttori e di vini che ben interpretano la vocazione.
Per lo spumante, metodo classico naturalmente, mi indirizzerei verso il Brut di Pasini San Giovanni, che non ricerca una complessità eccessiva, ma gioca la sua piacevolezza su una discreta struttura, mineralità e freschezza.
Per il Lugana base, anno 2016, c’è l’imbarazzo della scelta: il Conchiglia di Citari, per le note di mandorle e fiori di tiglio, erbe aromatiche e gli sbuffi balsamici, il Limne della Tenuta Roveglia per i profumi di pesca bianca, cedro, bergamotto, gelsomino, tutti su sfondo iodato con grande corrispondenza in bocca, il Monte Lupo di Cobue, per il ventaglio odoroso in cui si alternano sentori floreali (lavanda sopratutto), note di pietra bagnata, accenni eleganti di idrocarburi, erbe officinali e per la vivacità e l’energia del sorso. E proprio Cobue introduce con l’annata 2012 dello stesso vino il tema dell’evoluzione: il naso è accattivante con sentori di scorze d’arancia, pneumatici e gomma, e la bocca è ancora fresca e piena. Un vino elegante che lascia intendere ancora possibilità di arricchimento.
Nella versione Superiore (ormai in via d’estinzione a causa delle Riserve) si distingue il Ca’ Lojera Lugana Superiore 2015: già il colore è più intenso ed i profumi virano verso frutti esotici, ananas e mangi, e fiori dal timbro dolce, come glicine e gelsomino. Anche al gusto, si presenta equilibrato, avvolgente e con lunga persistenza. Di Ca’ Lojera ho assaggiato anche Annata Storica 1999 un vino quasi ventennale, ancora sorretto da una buona acidità, con note evolute di tabacco, zafferano, cannella, scorze di arancia e piccole note ossidative. In bocca è quasi asciutto.
Le Riserve svelano senza indugio (se fosse rimasto qualche dubbio) le potenzialità del vitigno. Ecco che eccellono Sergio Zenato 2015 di Zenato con profumi quasi leggeri, insoliti per un Lugana, ma con corpo pieno e capace di emozionare, il Borghetta 2014 di Avanzi, pieno, rotondo, avvolgente, subito pronto anche se sostenuto da una buona freschezza e sapidità e il Menasasso 2013 di Podere Selva Capuzza con note più amarognole al naso, sentori di pietra focaia ed una struttura importante, da vino che crescerà molto pur offrendo anche nell’immediato grande appagamento.
Per concludere, le vendemmie tardive, in particolare Rabbiosa 2015 di Marangona e Filo di Arianna 2014 di Tenuta Roveglia: sono piccole produzioni con bouquet ricchi di profumi evoluti, note speziate e di erbe aromatiche, con una dolcezza appena accennata e ben bilanciata da una freschezza che non rende il sorso stancante. Una conclusione elegante che non si dimentica perché il Lugana ha “una straordinaria capacità di farsi riconoscere“.