Si sa, il viaggio è metà del divertimento.
Diceva un famoso spot pubblicitario che è “l’attesa del piacere, il piacere stesso.”
Questo è vero nella maggior parte dei casi. O almeno quando non sbagli strada.
Ecco, per arrivare da Aldo Viola ho sbagliato strada tutte le volte che ho potuto. Ma proprio tutte.
C’è da dire che il territorio marsalese/trapanese non è proprio facilissimo nell’approccio, specialmente nell’entroterra. Comunque dopo solo 8 telefonate e innumerevoli inversioni di marcia, fra i resti di un borgo fascista abbandonato e una pala eolica, mi accorgo di essere giunto a destinazione quando finalmente scorgo una casetta di color viola.
Siamo in cima ad una delle colline di fondo Guarini, sulla strada per Salemi, immersi in un parco eolico. “L’ultima pala in fondo” mi ripeteva Aldo al telefono.
Il nostro incontro inizia fra le vigne di syrah perché prima di capire il vino, quando possibile, è fondamentale capire il suo territorio.
Perché proprio syrah ce lo dice Aldo.
“In questo terreno si è adattato talmente bene da non richiedere quasi trattamenti. Anche il perricone ha problemi qui, come pure il nero d’Avola.”
Le vigne di syrah insistono su terreni di marne calcaree come nello Jura o nel Collio, di formazione giurassica, molto esposti a forti venti e sole tutto il dì.
Terreni esplorabili in profondità dalle vigne, terra ricca di sostanza organica, argilla, marna e strato calcareo roccioso.
Poche le lavorazioni nel vigneto di vocazione biodinamica: sovescio e rimescolamento del terreno al fine di controllarne lo stress.
Uno stress “moderato” dice Aldo, perché sappiamo che la vite va sì stressata ma non azzoppata
Uva diraspata a mano, chicco a chicco.
“Non utilizzando solfiti devi avere una microbiologia che ti accompagna come un’orchestra. L’unico modo quindi per portare a casa un vino perfetto è selezionare gli acini giusti, uno per uno. 
Uno strumento” per quanto suonato alla perfezione, “non si potrà mai comportare come un’orchestra.”
Un’orchestra fatta di uva con i propri batteri e lieviti. 
Ah sì, Aldo è enologo.
Per quanto riguarda le tecniche di cantina pied de cuve e fermentazione si effettuano in loco; poi via in cantina a Marsala. 
Il giro, al tramonto è stato molto istruttivo, abbiamo letteralmente assaggiato la roccia, abbiamo osservato filari interi tirati giù dai fortissimi venti e camminato fra vecchie e nuove viti di syrah e di nerello mascalese.
“Il nerello nasce qui – dice Aldo – Sull’Etna è arrivato dopo. Qui è stato tolto perché difficile da portare a casa.” Tralasciando un’eventuale diatriba sull’effettiva provenienza del nerello, quest’uva ha la necessità di essere coltivata su terreni estremamente drenanti “altrimenti la pianta, con le piogge, esplode in produzione.”
Aldo mi racconta che i contadini non arrivano quasi a consegnare un’uva sana perché marciva prima.
Quindi, con un grappolo che ti arriva anche a 1,5-2 kg, occorrono tante cure e diradare come se non ci fosse un domani.

La gita in vigna è finita. I vigneti più bassi di syrah sono già all’ombra ed è l’ora di provare i vini.
Moretto 2015. Nerello mascalese 40% perricone 30% e syrah 30%.
Una vigna alta, giovane a 350 metri con il mare tutt’intorno a 180 gradi.
Un carattere salino, speziato e balsamico assieme, ma anche affumicato di lapillo, cenere. Molto etneo o internazionale, francesizzante. Un vino stabile, univoco ma sfaccettato che vedrà una crescita qualitativa importante.
Guarini Coccinelle 2015, syrah da viti giovani.
Un vino dove comanda il frutto di lampone, mora e ciliegia, con un sottofondo di mosto. Poi si apre e la trama diventa più importante, profonda, di pietra focaia e oliva.
In bocca è sapido con il sapore ancora del mosto. Il tannino è equilibrato, pronto in evoluzione, e mai invasivo. Si beve facilmente e a cuor leggero ma con un buon potenziale di crescita.
Guarini Plus 2015 syrah da da vecchie viti ventennali.
Un vino con le spalle larghe, balsamico di anice, menta, poi lavanda, iodio e poi ancora questo frutto rosso polposo, spremuto. Una tostatura decisa di cioccolato aromatizzato, e sempre questa sapidità enorme, forte e di carattere.
Un 2015 decisamente pronto che per questo spiazza.
Ma un vino senza solfiti viaggia più veloce in evoluzione dice Aldo “e poi il syrah ha una complessità in sé che anche senza solfiti ti permette di lavorare con tranquillità. Se lo tieni due giorni ad ossidare scivola in goudron; perde frutto ma ti invoglia ancora in un modo diverso.”
Egesta 2015, grillo 100%, il mio preferito.
Fermentazione di 6 mesi senza pressatura, con tutto il raspo. Da 100 kg di uva grillo si ottengono 40 lt di mosto quando, normalmente se ne otterrebbero 70 circa.
Questa è l’interpretazione che Aldo, e solo Aldo, voleva ottenere e l’ha portata a casa finalmente con l’annata 2015 che, dice, gli corrisponde perfettamente.
E si sente.
In ordine: colatura di alici, Poseidonia oceanica (ovvero l’alga marina tipica della costa occidentale sicula), acciuga. Ora salmastro, ora salamoia. Gli inserti balsamici di eucalipto sono come schiaffi in faccia. Poi ancora sale e una nota piccante di zenzero e agrumata di bergamotto.
In bocca è corrispondente e comanda la nota piccante-acida di zenzero e lime sostenuta da un tannino garbato, da macerazione, che ti prende i denti e non ti aspetti da un bianco.
Poi pietra, roccia calcarea, tufo.
Estremamente bello con un finale dove riaffiora un filo conduttore fumé come se fosse passato in barrique di rovere.
Ma non tocca legno.
Krimiso 2015, catarratto 100%.
Soprpresa finale.
Dapprima mandorla, secca, diretta, definitiva. Evoluzione in frutta candita, e sesamo. Aromatico si ma quanto basta. Connotato da una bevibilità estrema supportata sempre dalla grande nota sapida iodata, chiude in crema di nocciole e pesca sciroppata.
Il viaggio è stato lungo e pieno d’insidie (evidente esagerazione, la prossima volta sarò preparatissimo) ma ne valeva la pena.
Una visita che mi ha lasciato qualcosa di molto positivo, non ultime queste parole di Aldo.

“Oggi per me, il vino, è assorbire l’energia della terra, l’energia di un posto come questo.”