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Te c’hanno mai mannato a quer paese… sapessi quanta gente che ce sta…
Capirete bene dunque il mio attacco di orticaria quando ho letto Go White “tutti i colori del bianco“… Ah, c’è il logo con gli acini e il calice, giusto, il VINO bianco! Ma allora gaudio, giubilo, tripudio, posso andarci vestito da normale essere umano!!!
La serata organizzata lunedì scorso da Go Wine nell’ormai collaudata sala dell’Hotel Michelangelo è un parco divertimenti per bianchisti incalliti e così, mentre decido su quale giostra salire, mi sovviene un atroce dubbio: ma perché il vino è chiamato bianco quando invece il suo colore è giallo o tutt’al più arancione? No no, Marzullo esci da questo corpo e ai posteri (o ai lettori) l’ardua sentenza.
Ma veniamo al dunque e spendiamo due parole sui vini che più ci sono piaciuti. Prima di cominciare lasciatemi ringraziare Anna Gelmetti per il supporto tecnico-nozionistico.
In barba all’ordine alfabetico cominciamo dalla sempre bistrattata Z di Zidarich con la sua Vitovska 2013 e 2009 (faccio pubblica ammenda per aver smarrito la foto).
Non c’era produttore e il sommelier non era tanto loquace: poco male, risulta piuttosto palese che la 2009, ancora sapida, coerente, fresca e lunga, risulti più equilibrata della 2013, di certo più esuberante nelle espressioni floreali, di frutta caramellata e macchia mediterranea, ma ancora in crescita, della serie il saggio e l’apprendista.
In barba all’ordine alfabetico cominciamo dalla sempre bistrattata Z di Zidarich con la sua Vitovska 2013 e 2009 (faccio pubblica ammenda per aver smarrito la foto).
Non c’era produttore e il sommelier non era tanto loquace: poco male, risulta piuttosto palese che la 2009, ancora sapida, coerente, fresca e lunga, risulti più equilibrata della 2013, di certo più esuberante nelle espressioni floreali, di frutta caramellata e macchia mediterranea, ma ancora in crescita, della serie il saggio e l’apprendista.
Rimaniamo alla stessa latitudine ma più a ovest, nel Canavese, dove Cieck ha proposto una verticale di Erbaluce nelle diverse tipologie: metodo classico, fermo, vendemmia tardiva, passito. Vitigno jolly, molto interessante proprio perché si presta con buoni risultati in tutte le tipologie.
Il San Giorgio 2011 è un metodo classico che sosta 36 mesi sui lieviti, paglierino con lampi di verde alla vista, esprime in bocca fiori gialli, crosta di pane e rosmarino, chiudendo con un leggero retrogusto amaricante.
Decisamente più interessante e convincente l’altro metodo classico, il Calliope Brut. Paglierino quasi dorato, matura per il 30% in barriques per 6/7 mesi ma il legno fa il suo lavoro con pregevole discrezione. Il millesimo è il 2011 e, come per il San Giorgio, i mesi sui lieviti sono 36. Le similitudini finiscono qui perché il Calliope si presenta con profumi più intensi e una struttura più robusta, sorretta da una ferma acidità, decisamente fresco, persistente e lungo. Una bollicina cazzuta insomma.
Misobolo 2015 è il bianco fermo della compagnia. Al naso sembra quasi riesling per il profumo erbaceo/vegetale che sprigiona ma la parte fruttata fuga ogni dubbio “teutonico”. Particolare lo sviluppo dell’assaggio che parte con un ingresso in bocca morbido, dolce e avvolgente, per virare poi su note via via più amare. Grande persistenza, può migliorare ancora e ancora…
T è una vendemmia tardiva di fine ottobre (mentre normalmente la vendemmia di Erbaluce si fa a metà settembre), vinificato secco con 6/8 mesi in botti grandi a tostatura leggera. No, nessun segno di opulenza, i profumi erbacei e floreali sono semplici eppur profondi, l’assaggio è intenso ma fresco e piacevole.
Alladium è infine il nome dei due passiti: il 2007 color topazio, dal naso leggermente ossidativo, sprigiona netta la noce ma anche muschio e miele, unitamente a sfumature eteree.
Il 2004 invece è una riserva di un color ambra più scura rispetto al precedente. Funghi, miele e tripudio di terziari, mantiene ancora un’ottima acidità pur essendo maggiore la percezione alcolica.
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Il Goldmuskateller 2015 invece non fa nulla per nascondere l’aromaticità del vitigno, ma completa l’assaggio con piacevoli effluvi di fiori di tiglio, corredati da buona acidità e sapidità.
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