“Due giorni per il Vinitaly sono pochi” dissi lo scorso anno.
Il problema è che non ho ancora il dono dell’ubiquità e di eventi in quei giorni ce ne sono anche troppi. Ci sto lavorando giuro, ma è più difficile di quanto immaginassi.
Insomma anche quest’anno i giorni sono stati due e strapieni di incontri, assaggi, foto, degustazioni che se non vai rimpiangerai per tutta la vita, vecchi amici da salutare eccetera… Il circo ve lo risparmio tanto lo sapete già.
Qualche considerazione personale però mi sento di farla .
Il Vinitaly ha compiuto 50 anni. E di per sé questo è già molto importante. È importante perché nonostante tutto, nonostante i prezzi alti, le critiche ricorrenti, il traffico in città, la congestione ai desk, nonostante l’italianità che ci contraddistingue da nord a sud, insomma nonostante tutto, è IL motore di un indotto di proporzioni gargantuesche (“mi è sempre piaciuto l’aggettivo gargantuesco, succede raramente di poterlo usare in una frase”. Cit. Kill Bill).
Della serie che se non sei uno dei 4100 espositori, con molta probabilità hai affittato qualche appartamento di Verona centro per parlare con i tuoi importatori norvegesi o americani oppure se proprio la tua religione di impone di NON partecipare al Vinitaly, starai esponendo in una delle altre (almeno) quattro fiere/eventi che guarda caso insistono proprio nell’ambito dei giorni del Vinitaly.
Insomma per alcuni è un appuntamento immancabile e per altri un male necessario ma il Vinitaly ci vuole.
Certo è che questo cinquantesimo compleanno qualche novità l’ha portata.
Se da un lato infatti gli 80 euro di Renzi sono finiti nel biglietto d’ingresso, dall’altro il feedback degli espositori è stato positivo.
Shock.
Sì, tanta gente soprattutto il lunedì, ci hanno detto (“tanto la domenica c’è casino”) ma gli altri giorni, martedì e mercoledì nel nostro caso, hanno prevalso di gran lunga le chiacchierate “serie” o gli incontri importanti con importatori, stampa, distributori, ristoratori, operatori del settore in genere. Che poi, ricordiamolo, è questo lo spirito della manifestazione…
Un aneddoto carino me l’ha raccontato un amico produttore. 
Il lunedì, ad un certo punto, al suo desk si era formata la “terza fila”… roba che nemmeno a Palermo alle 13.00 quando devi andare-a-prendere-tuo-figlio-in-macchina-e-posteggiare-dentro-la-scuola-se-no-si-offende-i-piedini. 
Così mentre uno serviva i fortunati giunti al desk, lui versava in seconda e terza fila con le bottiglie in mano.
A parte questi episodi sporadici pare infatti che gli amici espositori abbiano potuto concentrare gli sforzi sulla promozione dei loro vini e magari provare ad ammortizzare anche la spesa ingente dell’affitto dello stand, invece che servire aggratisse, e tutti i giorni, orde di bevitori di ogni età in cerca di un prosecchino, bianchino, rossino, sciampagnino ino ino.
Chiaramente all’alba delle ore 17 qualcuno poco sano si incontra sempre, ma rientra nella statistica dei casi credo.
Carina anche l’idea di concedere agli espositori la possibilità di uscire e rientrare una sola volta al giorno dai tornelli d’ingresso… Ecco forse mi odieranno tutti adesso ma almeno facendo così si è evitato (o ridotto all’osso) che tal produttore, facendo entra ed esci, portasse dentro gli innumerevoli suoi amici con i rispettivi amici al seguito, sempre aggratisse… e se lo scrivo, chiaramente, ne ho sentite di ogni.
Ebbene sì, ammetto che quest’anno ho respirato un’aria diversa, rinvigorente. La puzzetta di stantio era meno evidente.
Credo che per quanto impopolare per il grande pubblico, la mossa degli 80 euro e qualche giro di vite, siano state mosse azzeccate e abbiano garantito una miglior gestione complessiva.
Sicuramente hanno consentito a noi di prendere qualche appunto con un po’ più di serenità.
Grillo Manta d’Oro 2015, bottiglia firmata da Maria Grazia Cucinotta. Naso aromatico di agrume e pesca bianca, nota balsamica mediterranea, timo di montagna, impulso fresco, carezza di salinità. Grillo anche si.
Il Nero d’Avola Manta d’Oro 2012 ha anch’esso sentori tipici di rabarbaro, china, marasca molto matura, da surmaturazione, tabacco, liquirizia, sbuffo balsamico, nota tostata.
Azienda friulana che vanta bassissime rese di 45-50 quintali per ettaro con uno spirito, soprattutto sulla linea top “I Ferretti” che va verso la longevità piuttosto che l’immediatezza.
Brut Ribolla Gialla
Una bolla che va a sgrassare e sebbene non abbia molti profumi, vince all’assaggio per sapidità e salinità. Il naso semplice e immediato è figlio di un terreno con alto apporto di ferro e alluminio (da qui il nome della linea top “I Ferretti”) con misto sassi e sabbia creatisi dallo scioglimento di un ghiacciaio nel quaternario.

Amabile con finale lievemente aromatico su mallo di noce e frutta lo consigliamo un un fritto di pesce di paranza o su una grassa burrata.

Il Ferretti Friulano 2013 è un bianco davvero top. Sono solo 2500 le bottiglie provenienti da uve di vecchie viti attaccate da botritis cinerea per il 30% il cui grappolo che rimane ad appassire in pianta per diversi giorni perdendo il 30% di acqua. Affinato in tonneaux per il 30% e in acciaio per la restante parte.

Si passa dalla verticalità del friulano base all’opulenza di questo cavallo di razza. Ma non quella prosopopea di descrittori pacchiana e senza anima.
Ce ne sarebbe da scrivere… E allora tutti i profumi sono nitidi e fusi. Zafferano, zenzero, panna apporto glicerico importante ma bilanciato da freschezza e, poi sempre lei. Sua Maestà sapidità, la regina dei vini di Tenuta Luisa. Il sorso è poetico su pesca bianca e piccoli aromi da cucina freschi.
Elite Franciacorta è uno chardonnay in purezza senza solfiti e, badate bene da solo uva e zucchero. Che vuol dire? che NON ha solfiti. E già, i conservanti chimici sono stati sostituiti con quelli di origine naturale propri delle viti da cui viene pigiata l’uva, ovvero vinaccioli e tannini.
La quantità di solforosa prodotta in fase di fermentazione viene contenuta il più possibile, per un totale di 3 milligrammi, e pur senza solfiti l’azienda garantisce almeno quattro anni di tenuta a partire dalla commercializzazione.
È una scoperta quella di un naso estremamente pulito, limpido e piacevole. L’effervescenza è cremosa, il naso è invitante, il palato succoso e dissetante.
Mi sento fortemente in sintonia con questo vino e con un progetto di grande respiro come questo che cerca di dimostrare che uno spumante può, e anzi deve essere digeribile, quasi leggero senza esser per altro snaturato in finezza gustativa e beva.
Lo adoro già.

Duemani è una di quelle cantine che abbiamo consigliato in questo post #RoadtoVinitaly: noi abbiamo provato Suisassi 2012, da uve syrah. Conta solo 3.000 bottiglie e proviene da uve estremamente selezionate; lo completano la fermentazione in barrique aperte e le follature manuali. Porpora super brillante, naso molto espressivo su frutta a bacca nera con sottofondo balsamico. Profondo, mascolino e dinamico non somiglia a nessun altro syrah. Caratterizzante.

Dopo l’esperienza al Gambero di qualche mese fa abbiamo voluto provare nuovamente una cantina laziale, alla ricerca della chicca.
Le Rose propone il suo Tre Armi 2014 da malvasia puntinata e verdicchio… che era proprio ciò che stavo cercando. 
Brevemente, profumi della malvasia e acidità del verdicchio.

Ha un’impronta aromatica contenuta ma ben definita, su fiori di campo e pesca bianca a cui si aggiunge un non so che piccantino, tipo pepe. Ottima la spalla acida spinta al punto giusto. Lungo e fiero.

Menzione speciale per Ultimo 2012: passito da malvasia puntinata, petit manseng, gros manseng. Naso marino, minerale,intenso, suadente, bocca instancabile. Un sorso da punto esclamativo sugli appunti!

È stato bello, stancante, istruttivo e, dati alla mano, ho pure percorso la bellezza di 30 (trenta) chilometri a piedi in quattro giorni.

E poi il vino farebbe ingrassare?!