Selfie di Alessia con il delegato AIS Milano Hosam Eldin Abou Eleyoun
Ci siamo ricascati. Lo sapete, fare domande ci piace. Ancor di più ottenere risposte, specie se sincere e dirette.

Senza orpelli, o peggio, ipocrisie. Così siamo tornati alla carica con #personedivino e abbiamo puntato a conoscere un po’ Alessia Berlusconi e i suoi vini La Contessa, in quel di Capriano al Colle.

In realtà il 9.9, il prodotto di copertina dell’azienda, lo avevamo già assaggiato e recensito: volevamo però saperne un po’ di più su Alessia, su come si è scoperta viticoltrice, sul suo rapporto con il vino. Non ci siamo risparmiati altre domande, meno ortodosse, anche un po’ stronze, diciamolo. E lei non si è sottratta, oh no. Ha persino fatto nomi e cognomi dei vini che beve, cosa che – abbiamo notato – non si fa spesso, non in un’intervista.

Ci ha parlato di guide, di nuovi mercati, delle sue prospettive commerciali. Ha ammesso i propri limiti tecnici sulla vinificazione ma si è assunta tutta la responsabilità di quello che finisce nel calice, quando si stappa una delle sue bottiglie. Ci mette passione e si vede, sì. Si vede, eccome. La passione di tutte le #personedivino


Perché il vino? Per te cos’è  il vino? Cosa ti ha spinto in questa avventura? Qual è  stato il percorso che ti ha portato dal tuo passato imprenditoriale al mondo del vino?
Il vino è ahimè un grande amore, talmente grande che ho deciso anche di farne una attività imprenditoriale. Avrei potuto avvicinarmi a realtà esistenti ma non era quello che volevo. 


Volevo proporre al mercato qualcosa di inedito è così ho pensato a 9.9, un vino destinato a chi non vuole o non può bere vini troppo alcolici. Abbiamo individuato il marzemino come vitigno con caratteristiche polifenoliche adatte per il nostro progetto. Due cloni dei dodici di marzemino sono di Capriano del Colle. 


Siamo stati fortunati e abbiamo trovato una azienda di otto ettari alle pendici del Montenetto, circondata da foresta planiziale. L’azienda è in conduzione biologica. Angelo Divittini nasce come agronomo ed è anche enologo, è una particolarità per un’azienda vitivinicola. Il vino è in tutti i momenti speciali della nostra vita, è sempre presente, è come la carta igienica (risate)
Negli ultimi tempi molti personaggi famosi si stanno buttando nel vino con risultati altalenanti. Come ti vedi in questo panorama considerando che porti un cognome conosciuto?
Io comprendo le ambizioni di diventare produttori da parte di questi personaggi politici. La voglia di riappropriarsi della natura non può essere di parte, è normale tornare alla terra. 


Non c’è nulla di male ad usare il proprio nome, ci si mette la faccia assumendosi il rischio che il prodotto può piacere e non piacere. È fisiologico che su centinaia di migliaia di produttori ci sia qualche nome noto. 
È più difficile fare la viticoltrice o fare l’imprenditrice e perché? Produrre un vino o fare un quotidiano presentano le stesse difficoltà e danno la stessa soddisfazione? 
È molto più difficile fare il viticoltore. I tempi sono dilatati, le risposte a una start up nell’imprenditoria sono più brevi e nel vino i capitali sono immobilizzati più a lungo, si scopre solo dopo un po’ se funziona o no.  
Fare un vino con una gradazione prefissata non è facile, a meno di correzioni di cantina. 
I malpensanti potrebbero ipotizzare alla dealcolizzazione, per esempio.
Cosa risponderesti? Non credi che ci sia il rischio di fare un prodotto sempre uguale attraverso gli anni?
9.9 è un prodotto rivolto alle donne ai giovani, tutti i winebar illuminati dovrebbero proporlo. 


9.9 nasce in campagna, tre vendemmie e tre vinificazioni. Angelo ha assegnato un compito a ciascuna delle tre parcelle, una di queste deve tenere basso il grado alcolico, la seconda parcella dà i sentori, la terza parcella è quella tardiva ed è quella che dà il corpo. Dalla prima all’ultima passano due mesi. Il 9.9 non è mai uguale di anno in anno.
Cosa si può obiettare a coloro che dicono che un vero vino rosso debba avere un’alta gradazione alcolica?

È legittimo rispettare i gusti di tutti ma penso che non ci sia una definizione assoluta di vino. Se qualcuno ama bere l’amarone con gli spaghetti e aragosta che lo faccia, sono lontana dai cliché e da ciò che è predefinito. 


Amo i vini strutturati, forse le bottiglie più buone che ho bevuto sono vini strutturati, ma c’è momento e momento. 9.9 nasce per soddisfare l’esigenza di coloro che non possono bere un vino troppo alcolico.
Cosa bevi quando non bevi il tuo vino?

Adoro lo champagne, il mio preferito è il Ruinart Rosé. Amo anche le bollicine italiane, sono curiosa, faccio tanti esperimenti: non è possibile andare al ristorante e bere sempre le stesse cose, lo vedo come andare al cinema e guardare sempre lo stesso film. 
Che rapporti hai con la Franciacorta?
Sono dei blasonatissimi vicini di casa che guardo con ammirazione per il lavoro che hanno fatto in questi anni. 

Forme di allevamento, legno o acciaio, scelte tecniche: da chi e come vengono prese le decisioni? Ascolti tutti ma poi decidi tu oppure cerchi di arrivare a una scelta comune? 
Io ho l’ultima parola sui tagli, non ho la presunzione di dire che so fare il vino, non prendo le decisioni tecniche ma il vino che va in bottiglia deve piacermi. 


Ho la fortuna di circondarmi di persone che colmano le mie lacune, quasi sempre avallo le loro decisioni. Davanti ai bivi importanti comunque le decisioni sono sempre mie.
Guide, punteggi, trifogli, bicchieri, premi… cosa rappresentano per te? Una sfida per migliorare, un appuntamento obbligato come dal dentista? Cosa pensi in generale delle guide? Vanno bene per gli esperti o per tutti?
Non conosco la diffusione delle guide, da consumatore informato io ne faccio uso, mi capita di consultarle. 


Non vedo controindicazioni e poi da editore tutto ciò che è editoria lo vedo con favore (ride)
Si parla tanto di export di Asia. A Milano, in occasione di Expo, si è tenuto un incontro tra rappresentanti Confagricoltura e buyers internazionali per promuovere il vino italiano nel mondo, con particolare attenzione proprio al continente asiatico. Cina, Giappone, Hong Kong, estremo Oriente. Cosa pensi delle potenzialità di tale mercato? Hai programmi in merito? 
A me piacerebbe avere un partner cinese, è un mercato molto interessante, da un certo punto di vista è un mercato vergine, un nuovo capitolo da sviluppare. 


Il mercato si evolve, l’imprenditore attento si fa trovare pronto ai cambiamenti. 
Hai altre idee, che vuoi raccontarci di nuovi prodotti, se ci sono? Ti piacerebbe fare uno spumante?
Siamo molto concentrati sul 9.9, gli altri vini pur particolari sono complementari. La Rossa per esempio è una donna da domare, un tannino leggermente spigoloso ma con impatto suadente. 


Non mi piace l’idea di un metodo classico, la terra di La Contessa è una terra di rossi e poi non è facile pensare di fare un metodo classico con la Franciacorta – che è la massima espressione di metodo classico in Italia – così vicina alle mie vigne.