La serata del sei gennaio, dopo un giorno intero passato fuori casa, volevo provare qualcosa di nuovo. Dalla mia cantina ho estratto il Curpanè 2012 della Tenuta Gatti: non avevo mai provato nulla dell’azienda ed ero curioso, spinto come sempre dalla molla fortissima della ricerca, la vera arma del degustatore moderno.

La Tenuta Gatti conta più di duecento ettari – coltivati specialmente a vite e olivo – in Contrada Cuprani di Librizzi, un piccolo Comune disegnato tra i Nebrodi ed affacciato dall’alto dei sui cinquecento metri sul livello del mare sul Tirreno, nella provincia di Messina. La storia della Tenuta è tutt’altro che recente, esistendo da ben cinque generazioni, a partire dal 1825: gran parte della proprietà è destinata alla olivicoltura e nei 17 ettari vitati troviamo un buon mix di uve autoctone e vitigni internazionali.

Il Curpanè un blend di nero d’Avola e nocera: ha un bel colore rubino intenso e non nasconde una media consistenza, manifestatasi nel calice con archetti piuttosto stretti. L’incontro con i suoi profumi ha qualcosa di  speciale: pulito e diretto, subito si avvertono gli aromi floreali, seguiti da quelli fruttati, in particolare ciliegia e more. La nota speziata accompagna il profilo olfattivo: una traccia vanigliata lieve e piacevole che si tramuta con il passare dei minuti in sfumature di pepe bianco. 
Sempre più curioso lo assaggio: ritrovo la medesima pulizia, sorso scandito da ritorni fruttati e ancora speziati, molto ben amalgamati, un tutt’uno armonico con il tannino e la freschezza, ancora giustamente vigorosa. 
Molto vivace ma anche ricco di personalità: un vino che ha saputo sorprendermi anche durante il pasto, accompagnando con grazia delle polpette al formaggio di montagna. 
Curpanè conferma – ma non ce n’era bisogno – gli ottimi risultati della produzione vinicola della provincia messinese, una realtà ancora poco conosciuta ma degna di essere (ri)scoperta e valorizzata. 
Provare per credere.