Siamo di nuovo a Montecalvo Versiggia al ristorante Prato Gaio, ospiti questa volta di Giulio e Ambrogio Fiamberti per l’ottava serata di OltreLaStoria, progetto di Matteo Berté, Francesco Beghi, Giorgio Liberti e Roger Marchi volto, cito testualmente a“trovare un’ulteriore conferma delle potenzialità enoiche del territorio oltrepadano, aumentarne la visibilità sui media e in particolare sul web, e avvicinare il pubblico al consumo di vini evoluti.”

Giulio Fiamberti sulla sinistra e il papà Ambrogio sulla destra.
Al centro il grande Roger.

Il tema della serata è incentrato sul Buttafuoco Storico Fiamberti con quattro annate in degustazione, 2007, 2003, 2000 e 1998 per saggiarne qualità, longevità e progressione nel tempo, abbinate ad altrettante pietanze sapientemente studiate da Giorgio Liberti e Daniela Calvi in collaborazione con Giulio Fiamberti. 

Qualche cenno storico sul Buttafuoco è doveroso, a questo punto.

Secondo le varie leggende che aleggiano intorno al Buttafuoco, il nome non preverrebbe da una vigna, ma da un detto popolare “buta me ‘l foeug”, cioè “sprizza come il fuoco”. “Buta” vuol dire “germogliare, buttar fuori, produrre” e si dice per esempio delle piante o delle vigne: una vigna che “buta tanto” è una vigna che “butta fuori” tanta uva. Quindi “butta come il fuoco” non vuol dire “mi mette addosso il fuoco” come alcuni credono, ma  alluderebbe al fatto che il vino “butta il fuoco in chi lo beve”.

Il nome dei Fiamberti è da sempre legato a doppio filo a quello del Buttafuoco addirittura fin dal 1814 come scritto nell’atto di acquisto ufficiale della storica Vigna Solenga che Giulio ci mostra con una certa fierezza, scritto in francese sotto il regno di Napoleone.
Fu proprio il suo bisnonno Pietro a impiantare la vigna nel 1920 la quale oggi a causa di varie difficoltà legate alla lavorazione è nuovamente in fase di reimpianto.
E’ anche interessante ascoltare vari aneddoti sulla longevità del Buttafuoco… La storia vuole, infatti, che in occasione della nascita di un bambino fosse conservata una bottiglia per poi essere aperta come augurio al compimento della sua maggiore età. 
Vedremo che i presupposti ci sono tutti.
I Buttafuoco di Fiamberti sono uvaggio di Croatina, Barbera, Uva Rara e Ughetta di Canneto meglio conosciuta come Vespolina. La difficoltà dell’uvaggio, dato che si vendemmiano tutte le varietà nel medesimo periodo, sta proprio nel bilanciamento di caratteristiche come acidità, tannicità, alcol  ecc, di ciascuna uva; pratica affatto facile a sentire Giulio. I vari “esperimenti” susseguitisi nel corso degli anni hanno poi portato ad affinamenti anche di quattro e cinque anni prima della messa in vendita.
Il Buttafuoco doc può nascere solo da uve coltivate nei comuni di Broni, Canneto Pavese, Castana, Cigognola, Montescano, Pietra de’ Giorgi e Stradella. Insieme al disciplinare standard, rinnovato recentemente nel 2010, esiste anche un regolamento scritto ad-hoc che differenzia più specificamente il Buttafuoco Storico secondo la sintesi visionabile su OltreLaStoria o meglio sul sito ufficiale del Buttafuoco Storico http://www.buttafuocostorico.com/club/statuto/.
Giusto il tempo dei primi convenevoli e la serata inizia subito frizzante con il Brut 2009 di Fiamberti. 
Sulle note di frutta secca, mallo di noce e polpa a frutta gialla. Carbonica fine e abbondante, proporzionato in acidità e dolcezza al palato è ottimo per aperitivi.
Semplice e dritto. Come vuole Giulio.

Sono molti ed eterogenei i partecipanti alla serata; sommelier, food e wine blogger, agronomi, enologi, e appassionati.
Il primo piatto è in tavola e il calice pieno.
Iniziamo con l’ultimo nato Vigna Sacca del Prete 2007 abbinato a Cotechino caldo con sformato di topinambur.
Limpido rosso inchiostro impenetrabile con bordo porpora si presenta di media consistenza. 
Al naso risalta la frutta a bacca nera all’inizio, poi spezie dolci di pepe bianco e verde, infine una leggera nota erbacea.
In bocca è tutto sopra le righe. Grandissima la struttura.  Impatto alcolico molto forte, tannino quasi allappante e ottima acidità sgomitano come una mandria di cavalli. Molto buona la lunghezza complessiva.
Nonostante l’evidente “giovinezza” (si fa per dire stiamo parlando di un 2007…non un 2011) i cinque anni di affinamento sono riusciti a fondere bene profumi e sapori regalando un vino apprezzabile e longevo.
Perfetto l’abbinamento con il cotechino ed eccezionale la vocazione all’invecchiamento. Chissà se fra altri dieci anni farà meglio del 1998…

Continuiamo con Zuppa di ceci con costine di maiale e Vigna Solenga 2003.

Qui l’abbinamento è stato forzato; la struttura del 2003 sovrasta e lascia poco spazio alla delicatezza del piatto.
Molto residuo nel calice, colore inchiostro impenetrabile con bordo rubino con lievissimi riflessi granati; bisogna fare attenzione a distinguerlo dal 2007! 
Al naso gioca su note di cacao soprattutto e caffè, poi frutta matura e prugna secca, quindi fiori appassiti e nota balsamica sul finale.
In bocca entra quasi morbido all’inizio per poi esplodere con tannini (ancora un po’ spigolosi) e acidità in giusta proporzione. L’alcol invece risulta meno irruento, meglio equilibrato. Purtroppo in bocca lo sento piuttosto spesso, quasi masticabile; un vino da mordere. Robusto ma ancora longevo scivola su note rustiche (anche dovute al residuo importante).
Il Vigna Solenga 2000 viene servito con un ottimo e profumato risotto con zucca e funghi porcini secchi (non mi è piaciuto molto eh??)
Rosso rubino (ancora!) impenetrabile e molto consistente, il mio campione è però davvero poco limpido per via del forte residuo.
Al naso, impatto alcolico discretamente forte e improntato su secondari evoluti animali e frutta cotta. Pur avendo atteso che si aprisse ancora rivela solo una nota di liquirizia; mi sembra però che si sia spento piuttosto. In bocca tannino ancora vivido ma non sostenuto da altrettanta freschezza e, soprattutto sapidità.
Giulio mi fa notare che il residuo (e tutto ciò che ne consegue in termini di finezza e longevità) è molto dipendente dalla bottiglia e infatti presenta al nostro tavolo un calice molto più raffinato nei colori e dall’impatto complessivo più equilibrato. 
E’ il momento del Vigna Solenga 1998guancia di manzo brasata al Buttafuoco con polenta di farina macinata a pietra del Mulino Bruciamonti.
Lo anticipo. Siamo di fronte al Re della serata.
Abbastanza limpido (pochissimo residuo!) rosso rubino semipermeabile con ampio bordo che vira sul granato. Bello.
Al naso è complesso e giustamente spostato su profumi secondari evoluti e terziari.
Avverto la nota eterea di smalto, non invasiva ma distinta, poi tanto caffè misto a bacca di cacao e, continuando, frutta in confettura. In bocca il tannino è imbarazzante… vivissimo, ingentilito dagli anni e quasi fine al tatto.
Ottima anche l’acidità che sostiene il sorso fino alla fine quando un’altrettanto bilanciata sapidità entra in gioco allungando la PAI. Un ottimo vino con ancora parecchi anni davanti a sé.
Chiudiamo questa splendida serata con quella che si presta ad essere la tipica ciliegina sulla torta.
Salame di cioccolato con mandorle, pistacchi e albicocche secche e Buttafuoco Chinato Ambrosia.
Un abbinamento notevole; nota chinata non troppo forte e tante erbe aromatiche fanno da matrice a questo Ambrosia dal gusto semplice ma piacevolissimo e rinfrescante.
Un ringraziamento sentito va infine a tutti gli organizzatori, a Giulio Fiamberti ed particolare al carismatico Roger Marchi, vero mattatore della serata.