La DeLorean DMC-12 |
Sì, avete letto bene, e c’è ben poco da indignarsi. Chi conosce bene l’aglianico e le sue potenzialità sa che il titolo è solo un gioco di parole che vuole riconoscere alla principale uva rossa campana i suoi meriti.
Adoro il barolo, ne ho anche scritto un gran bene e d’altronde credo che al mondo esistano solo pochi casi di persone a cui non piaccia. Però le ingiustizie io proprio non riesco a mandarle giù. Non sopporto l’ignorante di turno parlare della magnificenza del barolo senza magari averne mai bevuto uno “serio”, elogiandone la sua
capacità di invecchiare e l’eleganza che sfodera nel tempo. Dio mi liberi dalla immonda visione del figlio di papà o dell’onnipresente sborone che tracannano costosi barolo d’annata per poi spararsi il selfie col calice in mano.
Perle ai porci, senza offesa per i suini. Ma allo stesso modo non ho mai mandato giù la definizione che il taurasi è il barolo del sud.
Ne ho avuto la prova l’altra sera bevendo il Taurasi 2004 di Pietracupa, famosa per i suoi buonissimi e pluripremiati bianchi. Lo acquistai perché mi ha sempre affascinato la pulizia stilistica che Sabino Loffredo riesce a dare ai propri vini e sentivo che mai mi sarei ritrovato il marmellatone di turno. Versato nel calice ogni dubbio è stato fugato: rubino brillante con leggera tendenza al granato, il taurasi parte in quinta con una sensuale nota balsamica, fresca, quasi alpina. Corrispondenza gusto olfattiva sorprendente perché i profumi sono tanti e tutti-dico-tutti rimbalzano dal naso al palato, dai frutti di bosco alla melagrana alla ciliegia.