La storia dell’uomo ci ha spesso raccontato, tra verità accertate e presunte, di rivalità tra fratelli: Caino e Abele, agli albori dell’umanità, furono il primo esempio di fratricidio. Se invece vogliamo attenerci a tempi più recenti e più precisamente al secolo scorso, curiosa è la storia dei fratelli tedeschi Adolf e Rudolf Dassler, proprietari, tra gli anni ’20 e ’30, di una fabbrica di scarpe sportive. Durante la seconda guerra mondiale tra i due sorsero forti dissidi in quanto uno partì per il fronte e l’altro convertì la fabbrica per produrre bazooka per l’esercito, salvo poi ritornare, a conflitto terminato, a produrre scarpe sportive, ma ognuno con la propria azienda. Fu così che nacquero la Adidas e la Puma… Forse più nota era la sana (e vera fino a un certo punto) rivalità politica tra John e Bob Kennedy e, per rimanere in Italia, quella artistica tra Eduardo e Peppino De Filippo, che per decenni non si parlarono, se non davanti al capezzale di uno dei due.
Queste storie mi sono tornate in mente bevendo il Furore bianco di Marisa Cuomo, la mamma di uno dei bianchi più buoni d’Italia, il Fiorduva, fratello maggiore e asso pigliatutto dell’azienda.
Qui ovviamente non c’è rivalità, tutt’al più possiamo parlare di rivalsa. Il Fiorduva resta lì, nell’Olimpo, con la sua opulenza e la stupore che regala a chi lo assaggia in ogni annata, sempre diversa e sempre eccezionale.
Il Furore bianco invece, nel suo millesimo 2015, ci regala profumi più umani che ultraterreni, ed ecco dunque il fresco ventaglio agrumato che va dal pompelmo al lime, dal mandarino al cedro, ingentilito da un elegante sottofondo floreale di lavanda e in chiusura un intrigante retronasale di liquirizia.
Sapido da far paura, ma che dico sapido, salato, una spremuta di sale!
E sarà che le storie dei fratelli continuano a ronzarmi in testa, sarà la propensione a tifare per i meno forti, sarà forse che sto vino è proprio buono, ma io tutta questa differenza tra Fiorduva e Furore non la vedo (il primo, per intenderci, costa il triplo) e il gap tra i due vini si assottiglia sorso dopo sorso e così, mentre il Furore rotea nel calice, sembra quasi di sentirlo parlare rivolgendosi al suo fratello maggiore, in una orgogliosa arringa a difesa di sé stesso:
“Ok fratellone, tu sei quello premiato ovunque, ma io sono su molte più tavole di te e regalo piacere a molte più persone che a te”
“Lo so lo so, tu sei quello delle uve “Fenile, Ginestra e Ripoli”, che quando uno le sente sgrana gli occhi, ma io sono quello della Falanghina e Biancolella: siamo entrambi autoctoni di queste meravigliose zone”
“È vero, tu sei quello dai millemila profumi, ma io non mi sono mai fidato di quelli che sparano sentori improbabili mai nominati da altri esseri umani, e poi di me non si è mai stancato nessuno dopo il primo bicchiere…”