Alla faccia dei bamboccioni: quattro giovani con le idee chiare, rispetto per la tradizione ma anche desiderio di innovazione; è la nuova generazione valdostana di viticoltori. All’AIS Milano, a fine novembre, introdotti da Altai Garin – un altro giovanissimo – questi produttori si presentano con la voglia di raccontare la loro storia e i loro vini. Grande entusiasmo e un pizzico di timidezza li rendono immediatamente simpatici: naturalezza e spontaneità, capacità di esporre con parole semplici il proprio lavoro. Niente rivalità, ma gioco di squadra per comunicare tutto il meglio della produzione regionale. Vibra nell’aria l’irrequietezza di chi “vuole spaccare il mondo” mantenendosi saldo alle proprie radici ed è la stessa forza che si percepisce negli otto vini in degustazione.
Altai, anche lui valdostano, appassionato di cinema felliniano, introduce gli ospiti con una breve, ma importante cornice su pochi punti per capire meglio la storia della vitivinicoltura di questa bellissima regione.
Quando si parla di montagna si parla spesso di viticoltura eroica, soprattutto per la ripidità dei pendii ma nel caso della Valle d’Aosta il problema principale è legato alle scarse precipitazioni, che unite all’esigua capacità di riserva idrica del suolo morenico, rappresentano una sfida continua per questi ardimentosi vignerons. Se a questo aggiungiamo la siccità che ha caratterizzato il clima di questi ultimi anni … vediamo come ad animare questi ragazzi ci vogliono grande volontà e impegno in vigna. E loro lo sanno fare con un coraggio che solo chi vive in montagna conosce, con una genuinità ammirevole che fa ben sperare nel futuro.
La storia della Valle d’Aosta ci offre due testimonianze interessanti che parlano di libagioni offerte a Giove Pennino nel 63 d.C. ma ancor più la datazione di cru già nel 515 d.C.
Altai disegna poi un’immagine che vede la Valle d’Aosta al “centro” di un asse Borgogna – Bocche del Rodano per spiegare i vitigni della regione, non solo autoctoni, ma anche internazionali. Una regione di crocevia, nonostante le Alpi, forse parte anche di quelle vie del sale che tra Liguria e Piemonte hanno lasciato tracce ancora visibili.
Uve autoctone davvero interessanti: petit rouge, fumin, cornalin, prié blanc, accanto a quelle tradizionali come il nebbiolo, la freisa, il moscato e il pinot grigio e alcune internazionali: pinot nero, syrah, petite arvine, chardonnay.
I produttori si presentano e davvero qui si allarga il cuore ad ascoltare i racconti delle loro vite, intrecciate tra famiglia, viaggio, studio e poi la grande passione per la vigna. In un circolo virtuoso che coniuga tradizione di famiglia: nonni, zii, padri (nemmeno una donna … sigh) con innovazione, curiosità, sperimentazione e autonomia. Un esempio mirabile di come dovrebbero funzionare il rapporto tra generazioni diverse. Ma non basta. Questi produttori hanno pensato di unirsi per rafforzare l’identità del singolo sotto la denominazione #giovani vignerons. Obiettivi semplici e chiari: condividere esperienze ed idee, innovare, collaborare attraverso il confronto e imparare da altre realtà, siano esse locali, nazionali e internazionali e naturalmente una migliore comunicazione. L’unione fa la forza e lo si sente nel bicchiere! Ottimi vini ma ciascuno dotato di una propria univoca personalità. Lo vedremo bene quando lo stesso vitigno viene declinato in maniera differente nel bicchiere.
Dopo tanto parlare è arrivato il momento di assaggiare i vini. Ogni produttore ha portato con sè un bianco e un rosso. Altai introduce la degustazione e i produttori aggiungono alcune note sulla lavorazione. Noi un piccolo omaggio al grande Federico Fellini…
VdA Pinot Gris 2016 – Cave Gargantua – 14° vol. – Con il suo abito giallo carico e vivace sprigiona sentori di frutta esotica, fra tutti la banana, note floreali, sbuffi di vaniglia, il tutto in una cornice di sostenuta mineralità. Il profumo dolce del naso è inaspettatamente contrapposto da una piccantezza gustative, in cui domina la componente sapida. Il contenuto alcolico è bilanciato dalla freschezza e della decisa struttura. A passo di danza con Ginger e Fred.
VdA Petite Arvine 2016 – Ottin – 14,5° vol. – Di questo vino da vitigno non internazionale, ma neppure autoctono (l’origine è svizzera), colpisce l’impatto dei profumi di pan brioche di uno sfondo di frutti, lichi e pesca bianca, fiori e spezie piccanti. Al sorso domina freschezza, sapidità e struttura che pur nell’immediata godibilità fanno intendere che il vino è pensato per durare nel tempo. Raffinato come Il Casanova di Fellini.
VdA Petite Arvine Bio 2016 – Frères Grosjean – 13° vol. – Interessantissimo il confronto con il precedente perchè diverso: un incipit di note agrumate e di mela verde e una freschezza che si percepisce anche all’assaggio. Il lungo finale è caratterizzato da una piacevole piccantezza. Seducente come Anita Eckberg nel famosissimo bagno alla Fontana di Trevi ne La dolce vita.
Al Mister 2016- La Plantze (sauvignon blanc e viognier in parti uguali) – Esempio di vino con vitigni internazionali realizzato da Henri Anselmet che sperimenta una lavorazione in cantina fatta esclusivamente in anfora. Al naso si riconosce il sauvignon, ma è elegante, quasi maturo, a tratto sorprendente, mitigato dal viognier. Ancora foglia di pomodoro, basilico ma anche la dolcezza della cera d’api. Altai lo definisce “un vino umani” per la sensazione saporifera che trasmette. La macerazione di circa due settimane arricchisce il vino senza renderlo pesante e senza tradire il frutto. Un vino degno del banchetto di Trimalcione nel Satyricon.
VdA Pinot Noir 2016 Cave Gargantua – 13° vol. È questo un vino giovane pensato per essere apprezzato così. Rubino vivo e vivace con profumi lievi dominati dalla scorza d’arancia, ribes rosso e da erbe di montagna. È piacevole con tannini eleganti e setosi in cui freschezza e sapidità invogliano ad un nuovo assaggio. È un pinot nero di montagna che I Vitelloni avrebbero traccanato a fiumi.
VdA Pinot Noir Bio vigne Tzeriat 2015 – Frères Grosjean – 13° vol. – Ancora un biologico, ancora un internazionale in purezza, ancora una singola vigna con piante di oltre 50 anni. Rosso più cupo e consistenza più marcata. È un vino da evoluzione con profumi di rosa appassita, prugna rossa quasi confettura e tannini ben presenti anche se vellutati in un perfetto equilibrio gustativo. Un rosso che Zampanò de La strada avrebbe sicuramente apprezzato!
VdA Fumin 2015 – Ottin – 13° vol. – Altro vino da invecchiamento ma da un vitigno autoctono vinificato in purezza dopo una vendemmia tardiva ed un breve appassimento. È un vino forte proveniente da un vitigno debole e rognoso. Al naso è balsamico, con note di frutta macerata e amarena in confettura. Poi si avvertono sentori di viole appassite. All’assaggio si avverte un tannino greve, ma ben integrato con una lunga persistenza giocata su un finale di peperone. Amarcord: tutta la valle in un bicchiere.
Nagött La Plantze – 2015 – 15° vol. – Con lo stesso assemblage del Torrette (Petit Rouge, Fumin, Mayolet, Cornalin), vino molto diffuso in VdA, ma con percentuali diverse e una piccola aggiunta di Prementa, assaggiamo un vino molto speciale, non filtrato, con intense note di glicine, pepe, chiodi di garofano e amarena. Il legno – alchimia di legni nuovi ed esausti – non copre mai il frutto, aggiungendo senza togliere. Tannini eleganti. Un vino che dimostra come vitigni diversi possano giocare in squadra offrendo grandi risultati. Una grande Prova d’orchestra: assolutamente riuscita e un bravo al direttore!
Chiudiamo con una frase tratta da Otto 1/2 di Federico Fellini perchè particolarmente adatta a questi intrepidi produttori:
“Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perchè è la tua fedeltà che la fa diventare infinita, saresti capace?”
Sembra proprio che i nostri #giovanivignerons abbiamo fatto la scelta giusta: lunga vita alla Valle d’Aosta!
Anna e Stefano