dalla nostra inviata Valeria Caputo
In una splendida giornata di sole, nella piccola isola di Megaride, al ritmo delle onde del mare, Partenope ha ritrovato la sua di…vinità!
L’isolotto, tra storia, mito e realtà ha ospitato la tredicesima edizione della kermesse enologica Vitignoitalia; location più appropriata non poteva essere scelta: il vino è pura poesia, una sorta di alchimia che richiama quella usata da Virgilio. Il sommo poeta legò la sorte della città di Partenope ad un uovo magico sistemato in una caraffa di vetro piena di acqua, protetta da una gabbia di ferro ed appesa ad una trave nei sotterranei segreti del Castello: da
“quell’ovo pendevano tutti li facti e la fortuna del Castel Marino”.
Si diffuse, infatti, la leggenda che, finché l’uovo non si fosse rotto, la città e il castello sarebbero stati protetti da ogni tipo di calamità.
La città ancora vive sotto la sua protezione ed il suo potere magico si avverte in ogni piccolo angolo di essa che ancora, come la sirena Partenope, incanta, ammalia e strega i suoi cittadini e visitatori.
Città, dunque, di stampo fortemente esoterico, città dai mille contrasti, dai mille colori (come cantava l’amato Pino Daniele)… a ciò pensavo uscendo dall’incantevole fermata della metropolitana Toledo, dove si ha la sensazione di essere risucchiati nel blu e di perdersi nell’immensità.
Ho percorso la centrale via Roma, con scorci sui vicoli, sfiorato il maestoso teatro S. Carlo fino a giungere in piazza del Plebiscito e lì, volgendo lo sguardo verso la chiesa di S. Francesco, ho scorto il Monte Echia, dove ha avuto origine la storia di Napoli ed anche quella della suggestiva location scelta dagli organizzatori di Vitignoitalia.
Le origini del castello,infatti, risalgono al periodo di dominazione greca, alla metà del VII secolo a.C., quando sull’isolotto sbarcarono i Cumani, che fondarono Partenope (o Neapolis– città nuova) sul Monte Echia, che incorporò il centro più antico, denominato Palepolis (città antica).
Nel I secolo a.C. il condottiero romano Lucio Licinio Lucullo, costruì, proprio sull’isolotto di Megaride, la villa detta Castrum Lucullanum, che si presentava come una cittadella fortificata, con giardini, fontane e sculture classiche.
Successivamente il Castrum fu convertito prima in un centro di coltivazione agricola e poi in luogo di culto cristiano dei monaci basiliani.
Durante il periodo medioevale, il Castrum fu più volte distrutto e ricostruito per divenire una fortezza durante la dominazione normanna e successivamente un castello fortificato durante il regno Angioino.
Il Castrum Lucullanum, con i suoi banchetti è tornato a rivivere dal 21 al 23 maggio: più di duecento espositori hanno rallegrato gli spiriti, terreni e non, del luogo. Accompagnata dunque dal Dio Bacco, mi sono addentrata nei meandri segreti del palazzo alla ricerca dell’ovo nell’acqua ed ho trovato… ottimi vini:
Casavecchia Riserva 2013 Vestini Campagnano:
Dall’omonima uva autoctona campana in purezza, questo rosso fermenta in acciaio per poi maturare un anno in barrique e affinarsi infine in bottiglia per due mesi. Rubino alla vista e dal tannino vellutato in bocca, offre un profumo tipico del sottobosco, muschio, tabacco e cenere spenta. L’eleganza e la bevibilità riscontrate al primo assaggio danno l’impressione di un vino decisamente più giovane. Il segreto? La ricchezza di antociani… magari li assumo anche io, non si può mai sapere… potrebbe essere l’elisir di lunga vita!!!
Taurasi 2008 Cantine Calafè:
Con questo vino è stato amore a primo… olfatto! Vincitore (oltre che nel mio cuore) della prima edizione del Napoli Wine Challenge, ha un impatto olfattivo che definire deciso e profondo è persino riduttivo, e al palato non ha per nulla smentito questa intensità: tannico come solo un Aglianico di nove anni sa essere (perché il Taurasi a nove anni è un ragazzino), sprigiona sbuffi balsamici, profumi di mora, ciliegie di Vignola e radici di liquirizia. Vino decisamente strutturato e persistente, affinato in tonneaux da 500/1000 litri.
Ribolla gialla Le vigne di Zamò
Vino da forte impatto olfattivo: se il suo biglietto da visita è infatti un paglierino limpido, quasi cristallino con riflessi dorati, in bocca è altresì fresco e sapido ma tenue, quasi sussurrato, regalando note agrumate, di frutta e fiori gialli.
Falanghina del Sannio Kydonia 2014 Castelle
In quel di Castelvenere si è consumato un felice matrimonio, lungo sei mesi, tra la Falanghina e le allier di rovere francese. Nespola, pesca gialla e zafferano guidano le redini di un assaggio morbido, caldo, sapido e persistente, che mai scade nella stucchevolezza.
Prima Gioia, Masseria Piccirillo
Questo vino spumante ha fatto il suo debutto… in sobrietà proprio qui alla kermesse napoletana. Ideato dal giovane, ma esperto, Giovanni Piccirillo, che ha arricchito la tradizione viticola familiare con le lezioni di viticoltura ed enologia apprese al Corso di laurea. Sperimentando con passione e cultura, Giovanni ha realizzato un metodo classico di pallagrello bianco sui generis, fermentato sia in acciaio che in bottiglia, affinato infine sur lie per nove mesi. Ha un odore di crosta di pane e profumi di fiori bianchi e frutta esotica. Piacevole al palato, fresco, con gradevole effervescenza.
“È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù , come vi pare” (C. Baudelaire).