di Anna Gelmetti e Vincenzo Liburdi
Una bella giornata di sole primaverile è un’occasione troppo ghiotta per due sommelier, uno amante della natura, l’altra cittadina più diffidente: ingredienti perfetti per una gita in Franciacorta: sapranno le bio-bollicine accontentare tutti?
La diffidenza nasce dal fatto che termini come biologico o biodinamico possono apparire di tendenza, perché talvolta abusati o usati a sproposito ma per fortuna chi produce secondo tali regole è completamente avulso da dinamiche modaiole o di maniera. L’atteggiamento del viticoltore biodinamico è semplice, spontaneo e diretto nel profondo legame con la natura.
Legame ancestrale, che si è instaurato circa 10.00 anni fa con la nascita dell’agricoltura e che oggi si arricchisce di consapevolezza e conoscenza dei meccanismi che inducono determinati risultati, in accordo con determinati metodi.
La natura va rispettata perché fonte di sostentamento ma anche per il microcosmo di esseri viventi che popolano e arricchiscono un sistema spesso biologicamente impoverito come può essere un vigneto.
Siamo per fortuna lontani anni luce dalle aberrazioni dell’agricoltura intensiva. Va riconosciuto però che dei 2.800 ettari vitati della Franciacorta, ben 1.600 sono coltivati a regime biologico e che molte aziende stanno riconvertendosi come tali.
I proprietari della cantina, due fratelli appassionati di vino e di Franciacorta, Silvia e Federico Stefini, hanno deciso di condurre l’azienda secondo i principi e i metodi della viticoltura biologica e biodinamica, ottenendo nel 2015 il certificato biologico e nel 2016 la certificazione Demeter.
La storia della cantina risale però a circa 300 anni prima con i Conti Bettoni Cazzago che nel 1701 vinificano per la prima volta le uve del brolo. Presto detto, questa importante data è diventata il nome della cantina.
Marco Benedini, che cura la conduzione agronomica, ci accoglie e ci porta immediatamente in vigna.
Per ottenere la certificazione le aziende devono ovviamente adottare criteri ben definiti e più restrittivi nell’utilizzo di sostanze di sintesi e per chi decide di coltivare in biodinamica tali restrizioni sono ben maggiori. Per esempio, se parliamo di rame metallo, a protezione dalla peronospera, le quantità massime consentite in biologico sono 6 kg/ettaro ma scendono a 3 kg/ettaro in biodinamica.
Alla 1701, ci spiega Marco, quando le piante sono particolarmente vigorose si resta spontaneamente più bassi dai tali quantitativi massimi previsti. Facile capire quanto siano importanti i fattori climatici; la produzione media annua di bottiglie è soggetta a oscillazioni: siamo in campagna, non in fabbrica.
La parte più importante forse, nel sostegno alla pianta, è affidata al corno di letame, concime naturale prodotto sotterrando un corno di mucca, che abbia partorito almeno una volta, ripieno di letame, il giorno 29 settembre, per poi dissotterrarlo a Pasqua.
A quel punto il letame si sarà completamente trasformato in un concentrato attivante di processi metabolici, che diluito con acqua piovana (a cui viene eliminato il primo strato, quello contenente le impurità incontrate nel primo contatto con l’aria) viene somministrato secondo dosaggi previsti.
Questo per quanto riguarda la parte ipogea, il legame tra pianta e terra. Mentre per il rapporto tra pianta e aria viene utilizzato il corno silice ottenuto con quarzo tritato finissimo, sotterrato a Pasqua per essere tirato fuori il 29 settembre.
Quindi corno di letame e corno di quarzo seguono un ritmo alternato molto preciso. 1701 coltiva otto ettari di chardonnay e due di pinot nero, i vini sono tutti pas dosé rabboccati solo con lo stesso vino. La nostra degustazione si è concentrata su tre prodotti:
1701 Franciacorta Brut DOCG 2012 – 85% chardonnay, 15% pinot nero (sboccatura gennaio 2016) – Il colore è di un paglierino vivo e brillante, il perlage è fine e di buona persistenza.
Al naso esordisce con aromi di pasticceria, pasta frolla, burro nel finale, accompagnato da un delicato tocco agrumato che restituisce grazia ed eleganza.
Possiede una vivace acidità, in bocca i sentori di pompelmo giallo e limone diventano più energici e, insieme a una frizzante sapidità, gli conferiscono un potenziale evolutivo di sicura armonia.
1701 Franciacorta Satèn DOCG 2013 – 100% chardonnay (sboccatura dicembre 2016) – Colore paglierino brillante, bollicine fini e persistenti, al naso apre con note boisée, accompagnate immediatamente da agrume arancione, scorza di mandarino, ma anche caffè e finissimo cioccolato al latte. Palato già in equilibrio, freschezza e sapidità in armonia con le morbidezze.
1701 Franciacorta Rosé DOCG 2012 – 100% pinot nero (sboccatura gennaio 2016) – Sosta di 6 ore sulle bucce. Il colore è rosa tenue, brillante. Al naso offre scorza d’arancia, fiori secchi, rose. In bocca è elegantemente ferroso, minerale, quasi terroso.
Lascia percepire un delicato tannino. Chiude lungo sul frutto, melograno, lampone, e ribes su tutti. Condivide con gli altri due vini una sosta di 30 mesi su lieviti indigeni.
Ma l’azienda produce anche il 1701 Franciacorta Vintage millesimato Dosaggio Zero DOCG, il 1701 Surnàt IGT Sebino Bianco e il 1701 Sullerba.
Finiamo la nostra visita ringraziando Marco che è stato estremamente cortese, bravissimo perché chiaro e semplice nelle spiegazioni e soprattutto talmente appassionato del suo lavoro che ci ha convinto su tutta la linea e il risultato nel bicchiere gli dà assolutamente ragione!