Quando una fiera del vino ha le caratteristiche di Vinnatur ha tutto ciò che serve per crescere e diventare un evento must. Ci andiamo da quattro anni, l’abbiamo vista crescere in termini di pubblico e di qualità vinicola. Ci siamo affezionati e vederla quest’anno più affollata e bella che mai ci ha fatto enorme piacere. Quali sono gli ingredienti vincenti? Scrivevamo già nel 2013
“[…] conveniamo sul fatto che non potremo più perdere un appuntamento come quello di Vinnatur, nei prossimi anni: la bellezza della location, la professionalità dello staff e, naturalmente, la qualità riscontrata nei calici degustati hanno reso questo evento un must del nostro calendario enologico.”
Oggi, al termine dell’edizione 2017, la quattordicesima, confermiamo tutto ed aggiungiamo una postilla tecnica che solo l’esperienza ci consente di mettere a fuoco: Vinnatur è anche un ottimo banco di prova per comprendere al meglio le annate recenti, più di altre fiere. Sarà per la tipologia dei vini presenti?
Quest’anno per esempio sono apparse evidenti le caratteristiche della 2014, annata assolutamente non grassa specie nei vini nord, un po’ meno nei vini del sud. E la 2015 si conferma invece una ottima stagione, sia in termini qualitativi che quantitativi, in tutto lo Stivale.
Chi sono i produttori Vinnatur? Sono oltre 170 vignaioli provenienti da nove Paesi diversi, che accettano di associarsi nel nome di uno statuto che promuove “attività dirette alla coltivazione della vite e alla produzione di vini di qualità, secondo metodi naturali legati al territorio, senza forzature tecnologiche”. Il loro vino è dunque privo di ogni tipo di pesticida, risultato garantito dalle analisi che la stessa associazione effettua sui vini di ciascun associato.
Durante il banco degustazione non abbiamo seguito un criterio, siamo andati piuttosto random. Prima sosta alla Fattoria Mondo Antico di Rocca Susella, nell’Oltrepò Pavese. Produzione artigianale per una piccola azienda ambiziosa.
Una linea di vini è del tutto priva di solfiti aggiunti tra cui il Perpolio 2015: chardonnay a vendemmia tardiva molto fruttato e fresco. Il pinot nero Pernione, invece, appartiene a una linea destinata all’invecchiamento. In entrambi i casi abbiamo vini godibili, certo, ma con qualche spigolatura – specie a livello olfattivo – da limare.
Nella saletta riservata alla stampa e ai buyer – luogo sacro e insostituibile – abbiamo provato il Maceratum 2016 Fongoli, trebbiano. Il nome già fa intuire cosa troveremo nel calice. Il colore conferma. Naso di frutta bianca e gialla, erbe. Bocca equilibrata, sapida, quasi piccante, golosa.
Per caratteristiche organolettiche non è un vino per tutti, ma coloro che lo gradiranno se lo ricorderanno a lungo. Un compagno ideale per accompagnare piatti strutturati, come le fettuccine al tartufo nero.
Dei Fratelli Barale, storica azienda di Barolo, proviamo con curiosità il Barolo Castellero 2013 che conferma quanto di buono si è detto sull’annata. Si tratta di un vino di ottima struttura, dalla trama tannica fitta e spalla acida intensa.
A tratti è ancora un po’ vegetale, ma è un dato che è comprensibile visto che stiamo parlando di vini usciti in commercio da poco e che sono destinati a lunga durata.
Menzione per questa nota azienda oltrepadana per due ottimi vini. Clà 2014, barbera di piacevolezza estrema e Luogo dei Monti 2013, pinot nero che non cerca di imitare i pinot dì Borgogna o altoatesini e non ne ha affatto bisogno perché è buonissimo così.