Nel 2009 il ministro dell’Agricoltura Luca Zaia ebbe una pensata al limite del geniale: memore probabilmente della battaglia legale persa dall’Italia per il Tocai fissò per decreto il cambio del nome da prosecco a glera e assicurò l’associazione del nome “prosecco” a quella di un luogo fisico: una frazione del Comune di Trieste, sull’altopiano carsico. Con questo escamotage Zaia obbligò l’Unione Europea a riconoscere nel nome prosecco il link unico e indissociabile che escludeva tutti coloro che non facevano parte del disciplinare.
Tutela del Made in Italy? Non proprio, se pensiamo soprattutto al fatto che Prosecco (frazione) è stata tirata dentro nell’area geografica di produzione e con essa anche tutta una serie di zone non esattamente vocate alla produzione del celebre vino frizzante. Anzi a Prosecco di vino frizzante non se n’è fatto mai.
La questione, riportata sotto la luce dei riflettori da Milena Gabanelli e Bernardo Iovene nella puntata di Report di lunedì scorso, diventa scottante appena si mette a fuoco il perché di tutto ciò: il Prosecco è il vino italiano più venduto nel mondo ed ha un fatturato di due miliardi di euro. Avete capito bene: due miliardi.
Gli abitanti di Prosecco già nel 2009 in cambio dell’uso del nome conteso chiesero ed ottennero la promessa di poter usufruire di finanziamenti per la bonifica del costone carsico, allo scopo di impiantare vigneti.
Ma quella promessa è rimasta tale e così Franc Fabec, presidente dell’Associazione agricoltori-Kmecka Zveza che raggruppa la maggior parte degli agricoltori del Carso triestino, non le manda a dire: “Siamo molto scontenti e siamo stanchi di aspettare. Che siano royalties, diritti di copyright, o qualunque altra cosa, siamo convinti che è arrivato il momento che quegli impegni siano mantenuti e che si faccia qualunque cosa che riesca a portare beneficio al nostro territorio“. Il solito menù, insomma: pasticcio all’italiana, stavolta innaffiato con Prosecco.
Dong è stato inoltre insignito del prestigioso titolo di “Ambasciatore del Tartufo Bianco d’Alba nel mondo”. L’asta ha prodotto un ricavato di 450.000 euro, parte dei quali verranno devoluti alle popolazioni terremotate del Centro Italia.
Cosa si intende per “spumante alternativo”? I mille consumatori intervistati hanno risposto che per definirsi tale deve possedere una zona di produzione circoscritta, essere vinificato da vitigni autoctoni e deve appartenere ad una Denominazione. Winelovers italiani sempre più informati, quindi, e disposti a spendere persino qualcosa in più pur di bere qualcosa di diverso dalle solite bollicine.
La presentazione, svoltasi a Parma al Teatro Regio, ha visto confermare otto ristoranti italiani con le Trois Etoiles: Piazza Duomo ad Alba, Da Vittorio a Brusaporto, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, Le Calandre a Rubano, Osteria Francescana a Modena, Enoteca Pinchiorri a Firenze, La Pergola a Roma e Reale a Castel di Sangro.