Immaginate un’Italia in cui, per una bizzarra e inestinguibile legge, le cariche politiche possano essere occupate solo da artisti.
Il Ministero dei beni e delle attività culturali sarebbe presieduto da Vinicio Capossela.
Il Ministero dei trasporti da Valentino Rossi.
Il Ministero della salute affidato a Gino Strada (che artista non è ma ne possiede l’animo).
Il Ministero delle politiche agricole andrebbe di certo a Walter Massa. Un artista del vino.
Uomo di grande cultura, personalità dirompente e, ovviamente, grande vignaiolo, Walter si è confermato grande oratore e catalizzatore di tutti i presenti in sala, al punto che in più di un suo intervento si è percepita la netta sensazione di provare quasi più il desiderio di ascoltarlo che di provare i suoi meravigliosi vini. E ho detto tutto, per dirla alla Totò.

L’evento organizzato il 30 settembre presso l’hotel Andreola di Milano da Fisar, #unproduttorealmese, è stato difatti una vera e propria esperienza in grado di toccare tutti i cinque sensi, compreso  l’udito, grazie al produttore-mattatore tortonese che ha raccontato aneddoti, battaglie, considerazioni e critiche al mondo del vino e non solo, regalandoci un vero e proprio viaggio tridimensionale nel tempo, nello spazio e nel suo cuore. 
I suoi Timorasso e Croatina, altrettanto protagonisti della serata, altro non hanno fatto che confermare le doti lungimiranti, quasi visionarie, del vignaiolo di Monleale, percorrendo a ritroso le vendemmie del decennio scorso fino a toccare il ventesimo secolo.
Presenti all’evento il produttore del salame nobile del Giarolo, Terre di Sarizzola, oltre al rarissimo formaggio Montèbore del caseificio Vallenostra, andato perduto nel tempo e riscoperto grazie a tre anziane signore di un paese ormai disabitato nei colli tortonesi.
I vini, serviti rigorosamente a ritroso nelle annate, hanno stupito per longevità, non-omologazione e differenze da un’annata all’altra, confermando il fatto che il vignaiolo è al servizio della natura e non il contrario.
Servito in avvio il Derthona Timorasso 2014, a una temperatura di servizio più alta del solito. Attacco duale al naso, acido di limone e pompelmo da un lato e maturo dall’altro con ananas e frutta esotica. Seguono le erbe aromatiche (origano), i fiori e un tratto lievemente burroso che amplia un sorso chiaramente minerale. L’asticella dell’acidità è molto in alto, così come una mineralità terrosa. Forse soffre l’annata perché non ha una grande forza espressiva avvertita poi, nettamente, nel Timorasso 2012 più pungente e pulito. La mineralità qui è invece idrocarburica ricordando i riesling di cui l’uva tortonese è lontana parente.

Il naso è di grande intensità, distinto e netto nei profumi agrumati di limone arancia e pompelmo rosa. Il raggio olfattivo si amplia in una nota eterea cangiante che va e viene a tratti, una nota di di smalti e acetone, di colla poi ancora spunti di frutta esotica e dolce. Finemente mielato.

Al palato è facile nel senso stretto del termine: bello, solare, gustoso, espressivo; si beve molto facilmente grazie alla grande pulizia che lo distingue.
Costa del Vento 2010
Le caratteristiche cominciano a fondersi. Spiccano le speziature di zafferano, zenzero, curcuma, coriandolo e le note idrocarburiche che cominciano ad assumere tratti terziari di benzina e vinavil.
E che bocca!
Di struttura ma estremamente elegante: è perfetta infatti la corrispondenza gusto olfattiva dalla nota sensuale sapida che accompagna il sorso dall’inizio alla fine. Perfetto oggi. Immenso domani.

Costa del Vento 2008

Walter ripete più volte che non esistono grandi vini ma grandi bottiglie: ogni bottiglia ha una propria storia e un proprio percorso e non per forza tutte le bottiglie di uno stesso vino devono dare le medesime sensazioni. Walter ha ragione da vendere e tra l’altro la nostra magnum di Costa del Vento 2008 è un tappo clamoroso, sebbene la sommelier al servizio sostenesse il contrario invitandoci a confrontarci col produttore (per la cronaca, Walter ha annusato il nostro calice e ha confermato il tappo con sguardo sommesso).
Costa del Vento 2007
Il colore è quello dell’oro, profondo, intenso. Parallelamente si muove il naso sulla maturità del frutto esotico e secco. Ananas, mango, papaya, albicocca disidratata. Adesso quella nota  profumata aromatica di zafferano viene fuori più decisa uscendo dal background e diventando co-protagonista. In bocca è più rotondo, certo, ma sempre di grandissimo carattere ed espressività. La bevibilitá si mantiene altissima e credo si pregi di un altrettanto potenziale di abbinabilità.
Costa del Vento 2005
Rimaniamo subito basiti dal colore, decisamente più scarico dei fratelli più giovani. L’olfatto vive un ritorno al futuro proponendo nuovamente l’agrume di limone, la pietra focaia, il calcare. Lampi di fiori gialli . Forse meno ampio del 2007 ma verticale come un salto con bungee jumping.
In bocca l’esperienza si accentua e la forte acidità si fonde con la glicerina mentre la mineralità si plasma con i fiori gialli e le mille sfumature olfattive. Il finale è lungo e intenso come mai su toni mielate di castagno e di nocciola.
Chi ne possiede una bottiglia può tranquillamente conservarla fino al prossimo passaggio della cometa di Halley. Nel 2062.

La degustazione vira poi sulla Croatina, uva che Massa sostiene vada attesa diversi anni, altrimenti da giovane è come bere un calice di lamette del rasoio. Si parte dal Pertichetta 2008: il colore rubino compatto, appena granato sull’unghia, rivela subito la presenza del fondo, prova dell’artigianalità del produttore. Naso dolcemente speziato e bocca ancora decisamente scontrosa, dal tannino astringente passando per un’acidità sparata fino ad arrivare al finale amaricante. Pai infinita.
Un bambino dalle lunghissime prospettive insomma.

Il Pertichetta 2006 con due anni in più si presenta già più morbido e rotondo, con dolcezze di lampone e amarena sotto spirito, un tannino più gentile e spunti eterei in un contesto gustativo comunque equilibrato.

Nel Pertichetta 2003 il colore che finalmente vira sull’aranciato e sebbene sia forte il residuo resta sempre vivo.
Naso in chiave evoluta che gioca fra l’etereo di smalti e colle e frutti rossi sotto spirito. Pot pourri a seguire e una nota aromatica di canfora.  
Il tannino è sempre importante ma il vino è ancora vivo e vegeto.
Chiude la serata il Pertichetta 1999. Colore accademicamente andato e notevole quantità di residuo. Al naso emerge un pò di caffè e un cioccolatino aromatizzato alla ciliegia. Migliora con i minuti perché vanno via quei sentori ridotti di acetica e amalgama, e la beva diventa più armonica e piacevole.