Go(ne) with the wine!

Via col vento si conclude con Rossella O’Hara che recita una battuta famosissima: “Dopotutto, domani è un altro giorno!

Frase che ci sembra azzeccata per la serata organizzata lo scorso 18 febbraio da Go Wine perché ci consente di scrivere che la storia di questa zona d’Italia ricomincia ogni giorno e che non sono mai finite le sorprese che ci regalano questi vini.

Barolo, Barbaresco e Roero, protagonisti assoluti, mai comprimari che si presentano quindi in un fortunato e attesissimo sequel, in cui noi di Appunti di degustazione abbiamo partecipato come comparse, senza dimenticare di prendere nota di tutti i segreti e le meraviglie di queste grandi star del vino. 

Tra le note positive della serata ci sentiamo di segnalare una presenza più che folta di produttori a conduzione biologica o biodinamica: è un segno dei tempi, un segnale che non si può ignorare e che indica l’attenzione che le aziende vinicole prestano all’ambiente e alla qualità di ciò che beviamo.

Nel corso della serata sono stati consegnati i riconoscimenti “Premio Amici dei Grandi Rossi di Langa e Roero”. Il premio per la ristorazione è stato assegnato a Claudio Sadler, personaggio di riferimento della ristorazione di Milano. Il premio alla comunicazione è stato assegnato alla Rivista La Cucina Italiana, rappresentata in sala dalla direttrice, la cordiale Vittoria Dalla Cia.
E dal banco di degustazione ecco qualche assaggio, qualche nota presa al volo:



Il Roero non gode del prestigio e della fama delle Langhe, lo sappiamo, tuttavia persone come Maurizio Ponchione lavorano quotidianamente affinché questa differenza si assottigli e al Roero vengano riconosciuti i meriti enogastronomici e culturali che gli spettano.
Viticoltori da tre generazioni, la famiglia Ponchione vinifica a Govone: fu il nonno di Maurizio, “Gundin” ad avviare la viticultura. “Gundin”, in piemontese “secondo” è il soprannome che gli fu dato, poiché secondo di cinque figli. Altre storie, altri tempi.
Proviamo subito lo spumante Albazzi, metodo classico da uve chardonnay, nebbiolo e arneis, 36 mesi sui lieviti. Gusto deciso, strutturato e soprattutto minerale. Fresco e piacevole. È la seconda volta in pochi giorni che mi imbatto in un metodo classico con uve arneis, mi sto convincendo – calice alla mano – che sia un’uva dalle grandi potenzialità, per la vinificazione di spumanti.  
Donia 2011 è una Barbera d’Alba affinata un mese e mezzo in botte grande. Morbida quanto basta e personale. Ha il naso un po’ contratto ma in bocca è agile e anche dinamica. Subito dopo Monfrini 2011 Barbera d’Alba, questa volta affinata 16 mesi in barrique. Assolutamente precisa sia al naso che in bocca, di grande pregio, di grande impatto. Buona buona buona. 

Chiudiamo con due Roero, il Monfrini 2010 ed il Monfrini 2004, nebbiolo in purezza. Bottiglie come queste ti fanno capire al tempo stesso la grandezza del vitigno e l’importanza del territorio: non assomigliano né vogliono assomigliare ai vini dell’altra parte del Tanaro ma bevendone un sorso non puoi che esclamare “Che bel vino!”.  Nel Monfrini 2004, in particolare, emerge la sapidità tutta minerale del territorio, abbinata a sentori evoluti di cioccolato e goudron.
Menzione speciale per il Passito da uve arneis: uno splendido esempio di dolce equilibrio. 
Dall’altra parte del fiume, a Monforte d’Alba troviamo invece l’azienda di Gianfranco Alessandria, che la conduce con l’aiuto della moglie Bruna e della figlia Vittoria. Una piccola realtà, come -per fortuna- se ne possono trovare tante in queste zone. 

L’evoluzione dell’azienda è simile anche a quella di altre cantine: dalla vendita dell’uva fino all’imbottigliamento per proprio conto e oggi conta cinque ettari e mezzo di proprietà. La Barbera d’Alba Vittoria 2013 ha naso pulito e fresco ed al gusto ha una perfetta corrispondenza. L’apporto del legno in cui affina è accettabile, presente ma non invasivo. Quello che ci vuole per piatti come il pollo alla cacciatora o lo stinco di maiale.  
Il Barolo San Giovanni 2011 ha i tratti tipici dell’annata 2011 che diciamolo senza mezzi termini, ha il solo difetto di seguire un’annata eccezionale come quella del 2010 e solo per questo essere sottovalutata. La vena acida è ben presente e sostenuta da potenza strutturale di grande pregio: sorso pronto, certamente, con grandi margini di miglioramento specie nella trama tannica molto vispa e fine.