Il Natale è alle porte, i supermercati affollati, gli scaffali sempre vuoti e due “postulati” della legge di Murphy la fanno da padrone:

1) proprio in quel buchino vuoto sui bancali, si proprio lì, si trovaVA almeno uno degli ingredienti fondamentali per il nostro pranzo di Natale (sia esso raro o di più comune utilizzo);
2) arrivati a casa dalla spesa (pianificata ad orari improbabili per non trovare ressa), ci si accorge di aver SEMPRE dimenticato qualcosa, e allora ecco che, come ogni comune mortale, ci tocca andare al supermercato seguendo gli orari di tutto il resto dell’umanità, ritrovandoci in code chilometriche per pagare……un misero, ma FONDAMENTALE panetto di burro!!

Per gli amanti del vino e per noi di appuntididegustazione questi sono problemi secondari…il vero dilemma è quale vino abbinare alle 1000 portate dei 1000 pranzi/cene natalizi. 
Noi, sfruttando la nostra eterogeneità di origini, vi vogliamo dare qualche suggerimento sui vini da abbinare ad alcuni piatti della tradizione natalizia regionale.

Il Natale dei ricordi- Due piatti che non potevano mancare mai sulla tavola di Natale dei mie nonni,
sono i ravioli di carne (rigorosamente fatti a mano) in brodo e il cappone ripieno. Due piatti classici, ma intramontabili, che rievocano le vecchie tradizioni di un tempo e riscaldano il cuore.

Per il primo abbinamento rimango “internazionalmente” in regione. Infatti mi viene in mente lo chardonnay di Tenuta Maddalena, nel mantovano. D’alloro,  così il nome del vino, con i suoi profumi eleganti e fini non sovrasta il gusto delicato dei ravioli, ma allo stesso tempo ha morbidezza e struttura che sostengono il ripieno e il brodo di carne. Qualsiasi altro vino bianco profumato, abbastanza morbido e caldo può essere una valida alternativa. Non ci vedo bene invece vini dotati di troppa acidità e sapidità.

Il cappone ripieno, invece, va a braccetto con un vino rosso morbido e fruttato, con tannino delicato e media alcolicità, come il merlot Monte Cervo. Per rimanere sempre in Lombardia, un altro matrimonio vincente potrebbe essere con una bonarda dell’oltrepò, come il Gaggiarone (90% croatina, 10% uva rara), oppure con un San Colombano rosso, come il San Colombano D.O.C. Rosso Riserva (45% croatina, 45% barbera, 15% merlot) di Cantina Pietrasanta 

Emma
Nel Lazio meridionale, tra gli Appennini e la catena dei Monti Lepini, due lunghe file di montagne che corrono parallelamente, si distende un’ampia vallata che è la Ciociaria. Come tutte le aree di entroterra in Italia, la sua gastronomia è costruita partendo da ingredienti semplici, cucina “povera” di un tempo che, opportunamente rivisitata, mostra grandi pregi sia dal punto di vista nutrizionale che organolettico. La quotidianità alimentare di un tempo, così essenziale, aveva il suo momento di abbondanza nei giorni di Natale.

Un piatto sopravvissuto ai tempi restando fedele a se stesso è la “stracciatella con brodo di gallina”.
È un pietanza che si può declinare in diversi modi, in base alla sua collocazione all’interno della grande abbuffata natalizia. Ovvero a seconda del numero di ingredienti che si vogliono impiegare (un tempo, in base alle risorse disponibili), può essere servito come antipasto, primo, o addirittura come secondo.

Trattandosi di una zona di tradizione contadina, gli ingredienti erano (e dovrebbero ancora essere) sani; gallina proveniente dell’aia, le sue uova, formaggio e poco altro.

È un piatto gustoso, ricco di sapore, che presenta indubbiamente untuosità, forte persistenza, tendenza dolce e grassezza. Un vino che accompagna bene, equilibrando l’untuosità e la grassezza con un tannino energico, aromi che virano dallo speziato al vegetale e che presenti buone doti strutturali e lunga persistenza è l’Atina DOC “Realmagona” Riserva 2011 dell’azienda La Ferriera. Cabernet Sauvignon 85% e Syrah 15% -14% alcol-.

Sembrerebbe la solita facile soluzione con un bel francese che non sfigura mai, ma nella DOC Atina, cosa che non in molti sanno, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc vengono coltivati dal 1860, quando l’agronomo Pasquale Visocchi volle introdurre tali varietà. Oggi proprio questi due vitigni costituiscono l’ossatura della DOC.
Non c’è da stupirsi quindi se un piatto così “ruspante” venga accostato ad un vitigno francese (anzi, nel nostro caso due vitigni), si tratta ormai da tempo di abbinamenti ampiamente collaudati. 
Vincenzo
La scarola ‘mbuttunata, una scarola riccia ripiena di alici sott’olio, olive nere di Gaeta, pinoli, aglio, capperi e uvetta. La scarola viene dapprima sbollentata, poi imbottita, chiusa con spago da cucina e infine cucinata in padella.

Azzarderei tranquillamente un abbinamento con un per’e palummo, ma di solito la scarola si mangia con altri piatti di pesce, quindi ci vedo bene il KISSOS di Cantine Tora, una falanghina che fa legno e lo si nota dal colore oro e i profumi di miele di acacia, ginestra e frutti esotici, supportato da freschezza e sapidità. Ottime capacità evolutive. 
Gianpaolo
È difficile, molto, scegliere un solo piatto preferito della propria tradizione a cui abbinare un vino.
Antipasto? 
Primo??
Secondo???
Sto pensando a cosa potrebbe preparare mia madre per questo Natale, o almeno cosa vorrei preparasse, dato che ancora non è dato sapere.
Pasta con le vongole?
Nella top three sicuro. La felicità passa anche da un piatto di pasta con le vongole.
Involtini di pesce spada?
Bhe la probabilità è altissima. Sono leggeri, freschi, vanno via come l’acqua e nell’eccezionale caso avanzassero sarebbeo perfetti per colmare il vuoto da devo-fare-la-dieta-dopo-le-feste per almeno un paio di giorni ancora.
Ho trovato. 
Anelletti al forno! Punto.
Tipico di ogni grande festa palermitana che si rispetti, l’anelletto al forno è il principe del desco invernale. L’anelletto al forno spacca. Sempre. 
Che tra l’altro è più un piatto unico che un primo perché la porzione, di solito abbondante sfiora nei peggiori casi (Natale, capodanno ecc), il ridicolo. 
È bene sapere che gli anelletti al forno sono un piatto senza tempo e danno libero sfogo all’immaginazione della cuoca nonchè alle richieste di figli/nipoti/marito/fidanzati-e/cugini di quinto grado eccetera in quanto si pregiano di annoverare svariati ingredienti come ragù con piselli, mozzarella, prosciutto cotto a fette o a cubetti, caciocavallo siciliano, pangrattato (muddica atturrata), melanzane fritte (ma c’era bisogno di dirlo?), scamorza, cotenna di maiale (cutini in gergo con l’accento sulla u), uova e, credo altro.
Ma in definitiva l’elemento distintivo è appunto il formato di pasta, quel piccolo anello che sembra non cuocere mai, che rimane sempre consistente all’interno e croccante dopo il passaggio in forno.
La versione della mia famiglia invece è piuttosto sobria rispetto alla media sicula; ci spingiamo al massimo alle melanzane. Ma solo nei casi più fortunati.
Va da sè che un bel vino importante è d’obbligo non solo per sgrassare ma anche per agevolare il “transito” della porzione.
E sebbene potrei scegliere una bolla per me non ci sono dubbi e mi butto sul Nero d’Avola della zona più vocata, il ragusano, che abbia una trama tannica particolarmente sottile, dolcina, che sia profumatissimo al naso e ben fresco e profondo al sorso: il Nerobaronj di Gulfi sarebbe perfetto.
Gabriele
Il mio piatto natalizio, anche se prettamente natalizio non è, è il cannolo messinese. Dico messinese – e non siciliano – perché il messinese è un po’ diverso:al posto dei canditi, per esempio, ha le mandorle caramellate e i pistacchi tritati e ha la scorza più delicata rispetto al cugino catanese o palermitano.
Mi piace metterci vicino il re dei passiti siciliani, il Ben Rye di Donnafugata, passito di Pantelleria de-li-zio-so. 
Francesco
Il mio panettone – A casa mia la leggenda che andava per la maggiore era quella del cuoco di Ludovico il Moro che avendo bruciato il dolce, mise in una teglia tutti quello che – secondo lui – di buono c’era … e così nacque il panettone. Ma ce n’è un’altra che penso possa fare al caso nostro. Il fornaio Toni si innamora di Ughetta e le prepara un dolce speciale (il pan de’ Toni). In alcuni casi la leggenda è riportata con il fornaio di nome Ughetto…

Insomma tanti racconti ma non si può negare l’assonanza con l’Ughetta di Canneto, vitigno molto presente in Oltrepò. Quindi rendiamo omaggio a questo territorio scegliendo come abbinamento il Noblerot 2011 – Bianco IGT Passito – Montelio – 34% Cortese, 33% Malvasia, 33% Moscato Bianco, 15° vol. – Mario Maffi, un mito dell’Oltrepò, enologo di questa azienda arrivata alla settima generazione (due donne le ultime eredi!), ci regala questo nettare dai colori caldi dell’ambra. Naso intenso di miele, albicocca, nocciola tostata. In bocca ci avvolge dolcemente, con comunque ottima freschezza e sapidità.

Il panettone ringrazia! 
Anna
Buon Natale da tutti noi.