Non so se a voi capita mai di scegliere una bottiglia, tra quelle nella vostra disponibilità o sullo scaffale dell’enoteca, puramente per istinto. A me sì. La pesca miracolosa – nel mio caso – non vuol dire afferrare a casaccio la prima bottiglia che capita, bensì farsi trasportare dal tatto, per il contatto con la bottiglia o dalla vista, per la cognizione delle etichette anziché dal raziocinio. Una specie di sesto senso, una forza misteriosa quanto irresistibile che ultimamente sta prendendo il sopravvento sul degustatore razionale quale sono (o dovrei essere). C’è da divertirsi perché questa forza, questo intuito vinoso – ecco magari chiamiamolo intuito vinoso – non è governabile e può afferrare qualunque vino per qualunque occasione, sbarazzandosi in pochi secondi di criteri sull’abbinamento cibo vino, per esempio, oppure ignorando l’opportunità di aprire bottiglie importanti per occasioni che magari non lo meriterebbero. È divertente o almeno lo è stato fino ad ora. Poche sere fa la mano condotta dall’intuito vinoso ha scelto un vino che la parte razionale di me avrebbe voluto (dovuto?) conservare ancora un po’, il Rosso di Montalcino Mastrojanni, annata 2013.
Dopo un iniziale momento di incertezza ho deciso di assecondare la scelta ed ho stappato la bottiglia per cena. Non si trattava un vino completamente inedito per me, poiché lo avevo provato al Vinitaly lo scorso marzo (potete leggere qui cosa ne scrivemmo). Tuttavia ero molto curioso e ho cercato di dimenticare le sensazioni positive che mi aveva dato in occasione del nostro primo assaggio. Bene, non sono affatto rimasto deluso.
Non voglio giungere a dire che sia un piccolo Brunello, perché del Brunello non ha la potenza e l’estensione olfattiva ma… poco ci manca! Il vestito è rubino e vi assicuro che è molto luminoso. L’approccio al naso è inizialmente timido, ma qualche rotazione del calice ed ecco le prime note di ribes e visciole, poi cacao e grafite, connotazione di tabacco molto piacevole. Man mano che ossigena le note balsamiche sono sempre più evidenti ed i sentori fruttati sempre più nitidi. Il sorso è goloso, molto ben sorretto da viva acidità e tannino raffinato. Direi che la corrispondenza gusto olfattiva è totale e che il finale è appagante. Appagante, sì: è la parola giusta.
Si abbina molto bene con un piatto tipico toscano, i pici al ragù.
Sfortunatamente nel mio piatto non c’era nulla del genere ma vi garantisco che i miei calici me li sono goduti lo stesso: il mio intuito vinoso non ha sbagliato e tornerò a dargli retta, statene certi!