Renano o italico. Dalla Mosella o dall’Oltrepo. Alsaziano o neozelandese. Dell’ultima vendemmia o del secolo scorso. Vieilles vignes, alte reben. Da un clos o un Erste Lage. Col riesling caschi sempre in piedi. Sarà perché lo ami e quando leggi quelle otto lettere sull’etichetta ti sciogli come uno che vede la donna per la quale ha preso una cotta atomica, ma il riesling… è il riesling.
I Doria di Montalto sanno come fare vino, sanno come fare riesling. La tradizione, la storia parla per loro: la famiglia di origine genovese inizia il percorso vinicolo già nel 1800, oggi conta più di settanta ettari, produce vini in regime di certificazione biologica ed è iscritta al registro delle Aziende Storiche Italiane.
Una storia così non poteva che coincidere con un rispetto assoluto per la filosofia di produzione. Il Roncobianco 2007 Riesling renano, per esempio, è vinificato rispettando le metodologie già in vigore dal 1789 nel Regno Lombardo Veneto, apprese ancora prima dagli Austriaci.
Pur essendo un’annata non recente, il colore è vivace e il giallo paglierino vira ancora su riflessi verdolini. La carezza olfattiva è intensamente vegetale, quasi di verdura. Lime e pompelmo, poi susina gialla.
La nota idrocarburica si sente ma mai è eccessiva. E non è finita: percepisco ancora note di lilium e melone di pane. È agile, rapido e nervoso. È uno shuttle che ha staccato i propulsori e ora viaggia “di rendita” nei tanti anni che ha ancora da attraversare. Sorso snello, giustamente sapido. Bella PAI, forse un po’ monocorde ma per chi ama il riesling – come me- forse questo è più un pregio che un difetto.
Ben vengano questi “difetti”, ben vengano sulla mia tavola vini come Roncobianco.