Ogni volta che torniamo a Oltre la storia, sappiamo che sarà una gran serata e ci sarà da divertirsi; i settanta chilometri di strada che ci separano dal ristorante Prato Gaio quindi non ci spaventano anzi, li affrontiamo con gioia.

In occasione dell’ultimo evento, venerdì scorso, abbiamo potuto fare una conoscenza più approfondita delle Cantine Giorgi, che in realtà già avevamo apprezzato in occasione di OltreVini 2013.  L’azienda di Canneto Pavese ci proporrà una verticale del Giorgi 1870 Gran Cuvée Storica Brut Millesimato

La serata inizia in terrazza, la temperatura è mite, la luce è perfetta: noto tra gli ospiti volti vecchi e nuovi. Roger Marchi fa gli onori di casa e Matteo Bertè dà il via alla serata con l’apertura alla volée dell’annata 2011 del Giorgi 1870, appena imbottigliato. La bollicina è fine ma non troppo energica e veloce; il naso è vegetale, comprensibilmente chiuso e dopo accenni di pesca e petali di fiori bianchi, non si esprime molto; in bocca l’effervescenza torna protagonista, fine e piacevole, con ritorno di lievito. Decisamente giovane, l’aumento della temperatura nel calice, tuttavia, non lo favorisce.
Entriamo in sala, come sempre accogliente e funzionale. Prima di iniziare a cenare interviene Fabiano Giorgi, che conduce l’azienda unitamente alla sorella Eleonora e alla moglie Ileana, sotto la supervisione del padre Antonio. Fabiano sottolinea come l’azienda sia rimasta sostanzialmente a conduzione familiare, nonostante i numeri parlino di una produzione quantitativamente importante.
Fabiano Giorgi
La nostra azienda produce vino sin dal 1875 – ci dice Fabiano, orgoglioso – ma abbiamo prove che i primi tentativi di una vinificazione con il metodo classico risalgono già a cinque anni prima: è il motivo per cui abbiamo chiamato 1870 questo spumante.
Aggiunge ancora un concetto, che spesso ho sentito da queste parti: “Devo essere riconoscente a mio padre perché ha avuto un lampo di genio. Lui ha capito che nel futuro sarebbe cambiato qualcosa. Un futuro di immagine e qualità. Un futuro privo di  assoggettamento al mercato. La nostra azienda ha tradizione rurale ancorata alla storia e vuole avere un’impronta imprenditoriale, cosa che è mancata in Oltrepò“.

Giorgio Liberti introduce il menù, che prevede come antipasto una coscia di maiale di tredici chilogrammi in salamoia, massaggiata e cotta al forno per tutto il giorno, tagliata al coltello e servita con purea di mele renette. Lo accompagna l’annata 2009 del 1870; il vino viene sapientemente introdotto da Francesco Beghi. Personalmente annoto, oltre alla bollicina fine e persistente – caratteristica che ritroveremo in tutti i vini della serata – una impronta vegetale indefinita e statica, lieve nota agrumata e speziatura. Giovane ma di prospettiva.

L’annata 2008 viene servita per accompagnare un gran bel piatto, farsulè di melanzane viola al profumo di maggiorana. Roger, al nostro tavolo, ci spiega che i farsulè sono un piatto tipico dell’Oltrepò, presente tutto l’anno con varianti solo nel ripieno, preferibilmente stagionale.

Il 2008, presentato da Livia Riva, conosciuta anche come La Dame du Vin, dimostra subito un profilo olfattivo più definito e completo, di fiori bianchi, miele e sentore biscottato e burroso; l’effervescenza è cremosa ed accarezza la bocca. La struttura  è immediatamente avvertibile e solo dopo entra in gioco la pur notevole freschezza a tutto campo. La mia impressione è di trovarmi davanti a un 2009 con un anno in più, evoluto e riconoscibile, volutamente creato con la stessa impronta aziendale del fratellino più piccolo.

A seguire il piatto che più mi piacerà nel corso della cena: gnocchi di patate di montagna con baccalà, cipollotto, pomodoro e olio extravergine. Una goduria! In abbinamento l’annata 2007: il naso è definito e droit, ancora erbaceo, anice stellato, nota citrica, minerale, con caratteri tipici del pinot nero dell’Oltrepò.
Prima dell’ultimo vino interviene Emanuele Bottiroli, giornalista, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese: Emanuele elogia l’intraprendenza della famiglia Giorgi e gli intenti rivolti alla internazionalizzazione, intesa come maggiore attenzione ai mercati esteri; anche Emanuele auspica unità di intenti ed invita ad una riflessione sulle opportunità che l’Expo, a pochi chilometri più a nord, può offrire a tutto il comparto oltrepadano. 



L’ultimo piatto, una delicata faraona disossata con ripieno tipico dell’alta Valle Versa, è abbinato alla annata 2005, che presenta, sin dall’esame visivo, gran carattere. Al naso evidenti sentori di pane, burro e lievissime spezie dolci, cui segue nota erbacea fine e aromatica. Al gusto mineralità e sapidità sono in evidenza, forse a causa di una freschezza meno accentuata; Francesco Beghi sottolinea la verve di questo calice, ancora energico e lontano dall’insorgenza di sentori ossidati.

La pesca fresca cotta al forno e servita nel suo guazzetto con gelato all’amaretto conclude la serata: per noi giusto il tempo dei saluti, c’è un po’ di strada da fare. Oltre la storia oggi ha presentato una azienda meno artigianale rispetto alle altre serate a cui avevamo partecipato ma non per questo meno legata al territorio. Grandi numeri, in fondo, non significa necessariamente spersonalizzarsi o deterritorializzarsi. Provare per credere.