Da un po’ di tempo a questa parte ho iscritto il rossese nello speciale albo dei miei vitigni preferiti; qui sul blog ne avevamo già parlato in questo post ed in questo. Il coup de foudre è scattato un paio di anni fa, bevendo un vino prodotto da Maccario-Dringenberg: rimasi colpito dagli aromi floreali, fragranti, in buona combinazione con sentori tipici mediterranei e balsamici. Un impronta olfattiva precisa e fiera che anticipava una sorso agile ed elegante al tempo stesso. Fu un colpo di fulmine, appunto.

Martedì scorso AIS Milano ha aperto le porte della Sala Sforzesca dell’Hotel Westin Palace di Piazza Repubblica, per una serata dedicata al Rossese di Dolceacqua. Ottanta soci circa, forse qualcuno in più.
Le serate a cura di Armando Castagno non sono mai monotematiche. Non si parla di solo vino, anzi a dire il vero di vino in senso stretto si parla poco. Eppure non c’è modo migliore per capire una denominazione, una bottiglia o una regione se non quello di tuffarsi completamente nell’universo che li circonda.
Una serata con Armando significa affrontare argomenti di storia, letteratura, arte, geologia, orografia, oltre a geografia, climatologia, legislazione, ampelografia, vinificazione; una immersione esaustiva ed appagante, che potrebbe essere superata solo da un lungo viaggio nei luoghi di cui parla, giacché all’esperienza personale nulla si può sostituire.
La forza del relatore è proprio quella di aver vissuto i luoghi, averli assorbiti e durante le sue trattazioni altro non fa che rilasciarne un po’ ai presenti; per noi è come vedere attraverso i suoi occhi ciò che egli stesso ha osservato in prima persona. 
La serata inizia con un omaggio a Enzo Guglielmi, storico produttore di Soldano, scomparso lo scorso 29 maggio. Armando legge alcune frasi di Guglielmi, tratte da Di uomini e di vini di Pino Petruzzelli.
Dolceacqua è un luogo di frontiera da qualunque parte lo si guardi, quasi condannato ad essere territorio di confine. Poco più di venti chilometri quadrati e poco meno di duemila abitanti, incastrato come un piccolo diamante a diecimila metri a nord di Ventimiglia. 
Il rossese viene coltivato sui dorsali delle due vallate di riferimento per il territorio, Val Nervia e Val Verbone, in una zona dove a farla da padrona è sempre stato l’ulivo, mentre i vigneti hanno avuto fortune alterne, sostituite a volte da coltivazioni di fiori.
Dando le spalle alle vigne, lo spazio circostante sembrerà aprirsi verso il mare ed il paesaggio: un orizzonte di luce
Il disciplinare del Rossese di Dolceacqua prevede trentotto menzioni geografiche aggiuntive, locuzione ormai nota con cui il cervellotico legislatore ha voluto intendere i cru, e punta con decisione al monovitigno, avendo previsto solo una concorrenza di uve rosse complementari al massimo del 5%.  La produzione del rossese raggiunse nel 1883 i sedicimila ettolitri fino a raggiungere nel 1923 trentaseimila ettolitri; nel 2010 si sono prodotti solo 2235 ettolitri e questo dato spiega – in parte – la difficoltà della coltivazione del rossese, vitigno molto delicato, sensibile all’oidio e difficile da coltivare, con produzione quantitativamente non costante nel tempo. Nel 2010 la produzione si è divisa soprattutto nei Comuni di Dolceacqua 37%, Soldano 21% e San Biagio della Cima 13%. 

Armando ci parla di Francesco Biamonti, scrittore nato a San Biagio della Cima, mentre il proiettore rimanda una tela di Ennio Morlotti, Paesaggio sull’Adda. Se il Rossese è vino paesaggio anche la letteratura sarà paesaggio. Armando ci legge alcuni passi di Pazienza nell’azzurro, una meditazione estetica dedicata proprio a Morlotti. 
Cenni geologici: da una carta datata 1892 scopriamo che tutto l’areale del Rossese di Dolceacqua è sulla stessa matrice, sostanzialmente arenaria, pietra prealpina sedimentaria. Un tempo in fondo al mare, si è compattata col tempo, formando l’attuale arenoscisto.

Da un punto di vista ampelografico apprendiamo che il primo documento che cita il rossese è del 1817,  citato da Gallesio nel suo Pomona italiana, allorquando – tuttavia – si riferiva al rossese bianco. Recenti studi genetici hanno rivelato che il rossese ed il tibouren sono la medesima uva: il tibouren è coltivato in Provenza, per la produzione soprattutto di vini rosati.
Mediamente spargolo, il rossese di Dolceacqua non è molto sensibile alla peronospora ma presenta frequentemente il fenomeno della colatura e dell’acinellatura. Ha fenologia precoce in tutte le fasi e talvolta maturazione medio precoce. Caratteri varietali nel vino da rossese: bel colore lucido trasparente intensamente porporino per i primi o due tre anni. Profumo intenso tipicamente molto floreale. Delicatamente minerale con frequente tocco erbaceo. Gusto di media intensità, mediamente acida, poco tannica, sapida e di media estensione.

Tra la prima e la seconda parte c’è un piccolo break, durante il quale ci si può rifocillare con un risotto molto buono.
Il Rossese è un vino letterario, forse il più letterario fra tutti“, esordisce Armando, leggendo un passo di Vento largo di Francesco Biamonti e introducendo poco dopo la figura di Luciano De Giovanni, il poeta stagnino di origine sanremese.

Dopo un ampio excursus su diciotto dei trentotto cru, iniziamo la degustazione degli otto vini, non prima di aver fatto cenno al poeta ligure Giuseppe Conte


Rossese di Dolceacqua Beragna 2013 Kà Mancinè
Rosso molto luminoso. Naso di fragola, glicine, peonia, rossetto, resina, piena corrispondenza gusto olfattiva. Fresco e scattante. Vino da pesce.

Rossese di Dolceacqua Superiore Curli 2013 Maccario-Dringenberg

La degustazione del vino viene preceduta da una doverosa presentazione di Armando in onore di Emilio Croesi, viticultore, sindaco di Perinaldo e protagonista assoluto del successo che la vigna Curli ebbe tra gli anni Settanta e Ottanta: Gino Veronelli la definì La Romanée delle vigne italiane. Giovanna Maccario e Goetz Dringenberg hanno recuperato e sperimentato a lungo, prima di riproporre sul mercato un vino proveniente dal vigneto Curli. Si tratta di una anteprima, in quanto non è ancora in commercio. e se ne produrranno settecento unità. Basteranno appena per gli amici. Profumo compatto e timido, lamponi freschi, viola, nota speziata, caramella zuccherata alla frutta; bocca armonica e smaltata nonostante si ravvisano acidità e tannino inusuali, sbuffo di liquirizia; non è pronto, non ancora, eppure è suggestivo ed ha tutte la carte in regola per stupire quando sarà disponibile. Lo cercherò. 

Rossese di Dolceacqua Superiore 2012 Luigi Caldi. Naso agrumato e floreale, direi pompelmo, mandarino e rosa, sale di mare, pepe bianco. Molto fresco eppure in equilibrio con l’alcol. 

Rossese di Dolceacqua 2012 Testalonga
Naso di fiori e frutti rossi, rosa canina, spremuta di fragoline di bosco, melagrana, intensità elegante, nota fiorita in evidenza rispetto alla spezia. Lieve caffè. Melograno. Pulito e dritto, ancora elegante e ancora e ancora.

Rossese di Dolceacqua Superiore 2012 Du Nemu 
Rosso appena più concentrato naso intenso, caramella frizzante, arancia sanguinella, legno e pepe bianco, timo, gusto rotondo eppure freschissimo, manifesta una interessante prospettiva. 

Rossese di Dolceacqua Numero uno 2012 Azienda agricola Faroi. Naso dolce di rosa e ribes, etereo, inedita e distinta nota di smalto e di pepe esotico, senape. La bocca è rotonda, lungo ed armonico.

Rossese di Dolceacqua Superiore Poggio Pini 2012 Tenuta Anfosso.

Proviene da impianto del 1888. La 2012 è una bella annata, rubino concentrato, naso nero di mora di gelso, profilo timido da scoprire lentamente. Mentolato. Tannino in evidenza, ritorno di cacao, quasi zuccheroso con nota agrumata. Vino caldo e austero.

Rossese di Dolceacqua Bricco Arcagna 2012 Terre Bianche

Nota ematica, alla vista è consistente. Nota balsamica, menta, agrume, violetta, spezie esotiche come il cardamomo e cannella, frutta croccante, mela cotogna. Bocca in linea e completa, ritorno pulito di bergamotto, piccolo picco alcolico fuori fase. 

Grazie a Simona Vollaro per la preziosa collaborazione.