Ho provato di recente un vino. Un blend tipicamente bordolese, composto da cabernet sauvignon, merlot e una piccola parte di petit verdot. Tipicamente bordolese anche da un punto di vista organolettico, tanto è vero che – assaggiato in un primo momento alla cieca – mi è stato facile individuarne le caratteristiche. Quello che non avrei potuto indovinare, invece, è la provenienza. Già.
Ho degustato il Saint Michel 2015 dell’azienda Kokonari, nell’immediato entroterra albanese, a circa venti chilometri da Durazzo. Vi ho detto che è stato facile capirne i vitigni, ma non pensiate che il vino sia banale. Non possiede la finezza di un Saint Emilion, certo, ma ha delle caratteristiche importanti, da vero vino del sud. Materico, potente, energico. A partire dall’impianto olfattivo, pieno, franco, di frutta rossa sotto spirito, terra e funghi, tamarindo e muschio, con qualche sbuffo marino qua e là. Ben fatto al palato: a qualcuno potrebbe sembrare entremetteur, come dicono in Oltralpe. Ruffiano. Non ho reperito la scheda tecnica di Saint Michel ma non ho dubbi che il lavoro del legno abbia inciso non poco, in un sorso certamente morbido ma comunque molto equilibrato. Gran sapidità, scatto e progressione da far invidia a diversi vini di provenienza bordolese. Lo stile probabilmente è un po’ âgée, ed effettivamente strizza l’occhio a un certo tipo di consumatore: non per questo è un vino spiacevole, anzi. Accompagna senza timore piatti robusti e formaggi stagionati.
Viva la Francia. Anche in Albania.