Amiche ed amici di Appunti di degustazione, Natale è alle porte ma noi non abbiamo dimenticato di raccogliere per voi le notizie in ambito wine e food più interessanti della settimana. Eccole le nostre AppuntiNews (e tanti auguri!)
Ha fatto riflettere, discutere e in qualche caso divertire il post di Julien Miquel e intitolato Women and Wine? Let’s shrug off dusty clichés! pubblicato su Social Vignerons nel quale il noto winewriter affronta dieci luoghi comuni sulle donne e il vino. Dati statistici alla mano, Miquel ha sfatato, per esempio, il luogo comune che gli uomini comprino più vino delle donne: negli USA ben l’83% degli acquirenti sono donne, in Francia il 70%. Oppure ha dimostrato che il comparto vino non è affatto prettamente maschile: in Spagna la metà degli enologi sono donne e le sommelier in Svezia sono addirittura l’80%, contro il 40% dell’Italia (comunque tantissime). E le produttrici di vino? In Francia raggiungono il 28%, in Italia anche di più: 30%. Il mondo [del vino] è donna. Noi lo diciamo sempre.
Alla scoperta del falso Sassicaia
Alla vigilia dell’introduzione del nuovo registro telematico, in vigore dal primo gennaio prossimo, balza ai disonori della cronaca l’ennesimo caso di vino adulterato. I Carabinieri dei NAS di Firenze hanno arrestato tre persone, tra cui il titolare di un’azienda vinicola di Empoli, accusati di imbottigliare e confezionare vino contraffatto, comprensivo di etichette, fascette e capsule. Il vino, che per le analisi non era nocivo era “soltanto” addizionato di alcol e veniva “mascherato” da Brunello o da Sassicaia per essere rivenduto sia in Italia che all’estero. Le indagini hanno rivelato che almeno in un caso sono state spedite in Costa Rica ben diciottomila bottiglie contraffatte. Poveri costaricani: chissà cosa avranno pensato bevendo quell’intruglio!
Biondi Santi, un Brunello un po’ francese
Era nell’aria già da qualche tempo: Biondi Santi – nome che non ha bisogno di alcuna presentazione – cercava nuovi partner e finalmente li ha trovati. È in corso un’operazione finanziaria, infatti, per associare la storica azienda di Montalcino con EPI Group di Christopher Descours, già detentore di famose etichette di bollicine francesi come Charles Heidsieck. Jacopo Biondi Santi, figlio di Franco scomparso nel 2013, manterrà la presidenza e la guida sostanziale dell’azienda e nel frattempo si costituiranno tre società con EPI: una holding, una produttiva e una commerciale che dovranno dividersi la proprietà dell’azienda, del marchio e delle bottiglie in cantina.
Agli investitori esteri, nel vino come in altri campi, purtroppo ci si sta abituando. Ma l’operazione Biondi Santi fa riflettere più di altre, perché a questa azienda si deve il prestigio del Brunello fin da quando nel 1888 Ferruccio Biondi Santi decretò come il vero Brunello doveva essere fatto. È una eccellenza italiana come poche altre e ora si sta… francesizzando. Qualcuno dirà: è la globalizzazione, baby…
E alla fine arrivò lo spumante senza alcol
Abbracciare fasce di mercato sempre più ampie è la mission di ogni azienda che si rispetti, anche vinicola. Alla Bosca di Canelli devono aver pensato a quanti per motivi religiosi non possono consumare un calice di spumante per via dell’alcol. E così, partendo dalla collaborazione che l’azienda intrattiene con Alitalia Ethiad, sulle rotte da e verso i paesi musulmani viene servito a bordo uno spumante Bosca privo di alcol. Superare la comprensibile diffidenza degli utenti non sarà facile, dopotutto a un bel calice di spumante si associa sempre una certa dose di alcol, ma ci chiediamo: come sarà questo spumante senza alcol? Non assomiglierà più a un succo di frutta con anidride carbonica? E poi: come si fa a produrre uno spumante senza fermentazione? Beh, non ci resta che prenotare un biglietto per Dubai con Alitalia e scoprirlo!
Prima i sardi!
Si è sempre studiato che il merito di aver portato la vite nel Mediterraneo era da ascrivere ai Fenici, popolo che colonizzò la Sardegna nell’800 a.C. E invece no! L’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità dell’Università di Cagliari, guidata dal professor Gianluigi Bacchetta con l’aiuto dei ricercatori di Chimica degli alimenti dell’ateneo cagliaritano ha analizzato il contenuto della vasca di un torchio nuragico ritrovato a Monastir, presso il Monte Zara, dall’archeologo Giovanni Ugas nel 1993. Risultato? Acido tartarico, prova inconfutabile che in quel torchio si spremeva uva già prima dei Fenici. Le analisi hanno rivelato inoltre che le tracce contenute nel torchio sono riconducibili a un vitigno a bacca rossa. Quando si dice che un territorio ha tradizione vinicola!