Pentagramma e calici di vino vanno a braccetto: alzi la mano chi almeno una volta nella vita non si è concesso il ristoro del proprio artista preferito, insieme a un sorso di un buon vino!
Calici e Jazz, lo scorso 29 aprile, ha fatto proprio questo, in occasione del decimo compleanno degli spumanti di Tenuta del Buonamico: non che ce ne fosse bisogno, ma l’evento, rigorosamente online, ha sancito il gradevole matrimonio tra il jazz e il nettare di Bacco. La degustazione, condotta da Leonardo Romanelli, ha visto l’apprezzato intervento di Eugenio Fontana, co-titolare e responsabile commerciale di Tenuta del Buonamico e di Paolo Scarpellini, sound sommelier.
Eugenio esordisce raccontando sinteticamente la storia della tenuta toscana. A partire dall’ubicazione: 45 ettari vitati nel circondario sud-ovest del borgo di Montecarlo, tra Lucca e Montecatini Terme, passando per l’opera fondamentale di Giulio Magnani, proprietario della Fattoria Marchi Magnani nel diciannovesimo secolo.
In Toscana non si pensa a vinificare spumanti, o almeno non subito: Tenuta del Buonamico ha iniziato già nel 2010, con una sperimentazione sul rosé ottenuto con metodo charmat lungo. La strada sembrava quella giusta e oggi l’azienda produce ben cinque bollicine, oltre a bianchi e rossi, per un totale di trecentomila bottiglie l’anno.
Cosa fa un sound sommelier? Beh, è semplice (sulla carta): individua, calice alla mano, l’esperienza musicale più idonea all’abbinamento, proprio come farebbe un sommelier classico con il cibo. Ovviamente il sound sommelier deve avere conoscenze approfondite in campo enologico – ça va sans dire – e anche in campo musicale: non è facile da spiegare, forse, ma ascoltare Paolo Scarpellini rende il concetto elementare, nella sua accezione più intima.
La degustazione ha messo a confronto quattro vini di Tenuta del Buonamico con altrettanti brani jazz:
Particolare Brut, da uve pinot bianco, semillon e trebbiano toscano, abbinato a Sunday di Frank Sinatra: incipit sbarazzino, sia tra le note che al calice: preceduto da freschi profumi floreali, il sorso si sviluppa con brio, come un giorno di festa, proprio come… Sunday! Noto con piacere la finezza della bolla, senz’altro risultato dei 120 giorni di affinamento con i metodo charmat.
Particolare Brut Rosé, ottenuto da sangiovese e syrah: Paolo Scarpellini ha scelto di accompagnarlo con Begin the beguine di Ella Fitzgerald, brano del 1956 composto nel 1934 da Cole Porter. Eugenio Fontana ha ribadito più volte quanto a Tenuta del Buonamico si punti sul vino rosé: l’interpretazione sparkling della cantina è rosa tenue, molto delicato e importanti profumi di petali di rosa, cipria, mirtilli. Anche in questo calice spicca il fine perlage, che impreziosisce il sorso cremoso, ben sostenuto da un finale leggermente speziato.
Vasario 2018, Pinot bianco in purezza.
Il nome del vino è un omaggio a Giorgio Vasari, pittore e architetto aretino, autore di un affresco del paesaggio di Montecarlo a Palazzo Vecchio. Il brano in abbinamento è Five spot after dark, del trombonista americano Curtis Fuller, scomparso di recente. Nel calice sono i sentori di frutta bianca a dominare: lo spettro è ampio, dall’esotico al nostrano, dal mango alla mela golden. In bocca la naturale morbidezza del pinot bianco è bilanciata da una ricercata acidità e il finale duetta bene – e a lungo – con i fiati di Fuller.
Infine è il turno di Cercatoja 2016, blend di sangiovese, syrah e cabernet sauvignon. Il brano di accompagnamento è un sofisticato Gassman Blues di Piero Umiliani.
Il colore rosso rubino precede l’analisi di un bouquet ampio, sospinto da sentori di frutti a bacca nera e note di caffè e cacao. Muscoloso al palato eppure morbidamente equilibrato, tannini smussati e ritorni di pasta di cacao. Un vino pop, strutturato e di lunga persistenza.
Il nome del vino è un omaggio a Giorgio Vasari, pittore e architetto aretino, autore di un affresco del paesaggio di Montecarlo a Palazzo Vecchio. Il brano in abbinamento è Five spot after dark, del trombonista americano Curtis Fuller, scomparso di recente. Nel calice sono i sentori di frutta bianca a dominare: lo spettro è ampio, dall’esotico al nostrano, dal mango alla mela golden. In bocca la naturale morbidezza del pinot bianco è bilanciata da una ricercata acidità e il finale duetta bene – e a lungo – con i fiati di Fuller.
Infine è il turno di Cercatoja 2016, blend di sangiovese, syrah e cabernet sauvignon. Il brano di accompagnamento è un sofisticato Gassman Blues di Piero Umiliani.
Il colore rosso rubino precede l’analisi di un bouquet ampio, sospinto da sentori di frutti a bacca nera e note di caffè e cacao. Muscoloso al palato eppure morbidamente equilibrato, tannini smussati e ritorni di pasta di cacao. Un vino pop, strutturato e di lunga persistenza.