Lunedì scorso siamo stati al banco di degustazione di Io Bevo Così, giunto alla sua quinta edizione. Nella bella sala dell’Excelsior Gallia di Milano abbiamo potuto rivedere produttori noti e diversi volti nuovi con… vini nuovi!
Ben vengano eventi di questo tipo: sono occasioni di confronto e come sapete… il confronto non basta mai. Preceduto da una cena di gala la sera prima, il banco ha fornito qualche spunto interessante e qualche nome da segnare. Vediamo quali.
Una delle aziende più rappresentative della bella realtà vitivinicola romagnola. In occasione della presentazione della guida Vitae 2017 vi parlammo del Santa Lusa 2014 (qui potete leggere l’articolo). In occasione di Io Bevo Così ci sono piaciuti due vini, in modo particolare, entrambi dalla stessa varietà: il centesimino. È un’uva rossa autoctona, la cui storia val la pena di essere raccontata: nel secondo dopoguerra, in piena ripresa agricola e industriale, i vigneti sul territorio di Faenza vennero reimpiantati utilizzando marze provenienti da una vecchia vite che cresceva all’interno di una residenza nobiliare nel centro storico di Faenza, appartenente a Piero Pianori detto Centesimino, probabilmente per la sua tendenza… al risparmio. La vecchia vite, che aveva superato la scure della fillossera, divenne così “la madre” di molti vigneti faentini: fu in quel periodo che al centesimino fu dato anche il nome di savignôn rosso, probabilmente per dare un ton français a una varietà fino allora semi-sconosciuta.
Il Centesimino 2016 di Ancarani matura dodici mesi in vasche di cemento, cui segue un periodo di almeno tre mesi in bottiglia. Ha un bellissimo color rubino molto luminoso e un ventaglio olfattivo intenso e spudoratamente floreale e speziato. In bocca è molto energico, con un finale sapido e coerente: è il vino giusto per un piatto di tagliatelle al ragù. Spassionato.
Uvappesa proviene dalle stesse uve, come il nome può suggerire, fatte appassire in pianta. Fare un passito da uve rosse non è facile: il rischio di produrre un vino statico e appesantito è alto. Con Uvappesa no: i profumi sono orientati a note di frutta rossa sotto spirito molto fine, cannella, dattero disidratato, speziatura pregiata di cacao e cardamomo. In bocca è una saetta, appagante e lungo. Davvero ben fatto. Chapeau!
Chi la conosce alzi la mano! Sareste in tanti a farlo. Paolo Ghislandi è dappertutto e promuove i vini con l’unica pubblicità davvero valida: la qualità. I Carpini rispetta una filosofia essenziale, a salvaguardia dell’ambiente, e il risultato è tutto nel calice, qualunque vino dell’azienda voi possiate provare. Non sono vini “facili”, consentitemi il termine: non strizzano l’occhio a nessuno e forse per questo hanno un successo sempre più tangibile.
Citiamo, tra i tanti in degustazione a Io Bevo Così, solo Chiaror sul Masso, spumante da uve timorasso, fresco, armonico, profumato il giusto, senza inutili protagonismi. Sapido e gessoso, qualcuno potrebbe dire che “sciampagneggia”, io dico soltanto che è buono. Molto buono. Certificato Vegan, come tutta la produzione aziendale. Nuovo must.
“Ogni giorno ha un insegnamento da portare” dice Marco Sambin. Con la sua azienda, nei Colli Euganei, intraprende nel 2002 un percorso estremamente naturale, votato alla ricerca della qualità. Rispetto del territorio, rese molto basse, mantenimento delle tradizioni familiari sono i tre capisaldi su cui si fonda l’attività aziendale, dal 2011 a conduzione biodinamica.
L’assaggio di Psychè 2016 è l’occasione per un tuffo nelle potenzialità del territorio e del vitigno. Garganega in purezza, sottoposta a macerazione per mesi. Dorato quasi ipnotico, emana sentori intensi di foglia di tè, con trama balsamica e sottofondo di acqua di agrumi. Grande bevibilità, agile eppure di personalità perseverante, fornita dalla lunga macerazione che conferisce al sorso una trama quasi tannica e di grande appagamento. Finale insospettabile, con sbuffi salini e piacevoli ricordi speziati. Sorpresone.