E se lo dice Orazio, grandissimo autore latino nato a Venosa, nel cuore del Vulture, non possiamo che adeguarci!
La serata AIS Milano dello scorso 15 febbraio è oltre modo interessante perché come ci ricordano i relatori, Monica Coluccia e Antonio Erba, l’Aglianico del Vulture è uno di quei vini che ancora stentano a comparire sulle carte dei ristoranti. Insomma una gran bella occasione per assaggiarne addirittura otto! Un grazie speciale ad Antonio per averci lasciato utilizzare il suo reportage fotografico.
Un inquadramento storico e geografico è d’obbligo per capire il territorio oltre al vino.
Il Vulture, che deve il nome a un vulcano, tecnicamente non ancora spento, anche se l’ultima eruzione risale al Pleistocene, si trova in Basilicata al confine con la Campania. La località più conosciuta è sicuramente Melfi per l’insediamento industriale.

Ma il Vulture ha una storia importante e antica che pochi conoscono. Oltre al già citato Orazio, non possiamo dimenticare, per esempio, Federico II di Svevia che costruì proprio a Melfi la sua residenza estiva.

Antonio Erba ci legge Mario Soldati che dedicò poche righe a questa zona e a questo vino pur rimanendo comunque impressionato dalla particolarità di allevamento, ancora presente, delle canne a sostegno dell’alberello. Siamo nel 1975 e per fortuna il nostro Aglianico del Vulture di strada ne ha fatta!
Negli ultimi quindici anni, il numero dei produttori è aumentato, favorendo in questo modo il confronto e, di conseguenza, la qualità del prodotto.
Cantine e produttori a volte molto giovani, alcuni di loro presenti anche in sala, ci fanno capire di quanta innovazione sia capace questa terra. Forse non è un caso la seria e costante attenzione al biologico!

La mappa dei Comuni che non dobbiamo dimenticare, parlando di questo fantastico vino, comprende Melfi, Rionero, Rapolla, Barile, Ginestra, Venosa, Maschito, Ripacandida e Atella. Abbiamo parlato di vulcano ma, come vedremo poi dalla degustazione, i terreni sono differenti da zona a zona, conferendo a ciascuno dei campioni assaggiati una propria impronta.
Incredibilmente belle sono le cantine storiche di Barile, che ci hanno ricordato molto quelle di Tokaj. 
Serra del Prete DOC 2011 – 14° vol. – Musto Carmelitano, Maschito. Azienda fondata nel 2006, 4 ettari vitati. Tufo e argilla con presenza di scheletro. Le migliori uve sono selezionate per un vino senza solfiti, presente sul mercato con etichetta bianca.

Acciaio e cemento per un anno e un altro anno in bottiglia. Bel rubino brillante e riflessi violacei. Il naso molto intenso e fragrante di rosa canina, peonia e piccoli frutti, invitante e leggero. Sapido, un’acidità che dinamizza il tannino presente, completato da una gradevole nota erbacea, quasi di rucoletta. EROTICO E SUADENTE.

Grifalco DOC 2012 – 14° vol. – Grifalco, Venosa. I Piccin, una famiglia toscana, innamorata di questa terra, costituiscono l’azienda nel 2003, nella sottozona Piani di Camera con 7 ettari vitati. Agricoltura biologica, anche qui tufo e argilla con presenza di scheletro. 18 mesi in acciaio, tonneau e botte e un altro anno in bottiglia.

Davvero consistente, sempre un bel rubino. Al naso la pulizia e l’intensità si accompagnano a una leggera nota affumicata, sentori di ginepro, a tratti ferrugginoso e mentolato. In bocca la struttura è potente ma estremamente equilibrata; il tannino, sebbene presente, è bilanciato da un’ottima acidità, entrambi raccolti in pienezza gustativa e in un finale senza sbavature. SELVAGGIO E GALENICO.

Stupor Mundi DOC 2012 – 14,5° vol. – Carbone, Melfi. Fondata nel 2005, l’azienda ha 13 ettari vitati. I vigneti su tufo vulcanico. Sono al terzo anno di conversione al biologico, il vino nella sottozona Piani dell’Incoronata con vigne con più di 50 anni.

Rubino sempre intenso, il naso qui è molto più intenso tra il mirtillo e la pietra focaia, minerale e brace… In bocca il tannino potente è comunque bilanciato da una buona acidità. La presenza di affumicatura è notevole e buona la mineralità. IMPERIALE E FOCOSO.

Aglianico del Vulture DOC 2009 – 13,5° vol. – Tenuta i Gelsi, Rionero in Vulture. Azienda fondata nel 2003 con 13 ettari vitati. Lotta integrata in conversione. Il terreno: ceneri e lapilli mescolati a terreno argilloso-calcareo.

Malolattica in acciaio, 18 mesi in tonneau e poi vetro. Il 2009, un’annata molto bagnata e nevosa. Rubino con venature granato. Al naso carruba e resina, il sottobosco presente con sentori fungini, la ciliegia matura è evidente, tracce di zolfo. Il tempo trascorso in bottiglia smussa il tannino presente, ma resta la struttura e la morbidezza. Meno corpo ma più slancio. SCATTANTE E LUCIFERINO.

Eleano – Superiore DOCG 2012 – 14° vol. – Eleano, Ripacandida. Fondata nel 2000, la cantina possiede 7 ettari vitati, lotta integrata. Il terreno è in prevalenza tufo vulcanico e argilla. Malolattica in acciaio e 24 in barrique e tonneau.

Davvero superiore! Rubino con riflessi granato. Un naso intenso e estremamente ampio di frutta croccante, note balsamiche, oli essenziali ed erbe aromatiche, mirtillo e legno dolce… Al gusto l’alcol abbraccia soavemente il tannino. Salino e pepato con note tostate, di lunghissima persistenza. TITANICO ED ELEGANTE.

Don Anselmo DOC 2010 – 14° vol. – Paternoster, Barile – Una delle aziende più antiche, fondata nel 1925, attualmente con 40 ettari vitati. Inizialmente, come ci ricorda l’Annuario Vinicolo del 1936-7, conosciuta come mediatore d’uve per il nord Italia.

Rubino cupo. Un naso che potremmo definire classico per l’Aglianico del Vulture, caratterizzato da legno di rosa, bacche di rosa canina, foglie sbriciolate, chiodo di garofano e leggermente agrumato. In bocca troviamo quindi meno acidità e un tannino ben marcato, con un ritorno di frutta sotto spirito. Una sensazione gusto-olfattiva rassicurante. Da tenere ancora in cantina: non può che migliorare. LA STORIA E IL TERRITORIO.

Basilisco DOC 2010 -13,5 ° vol. – Basilisco, Barile – 27 ettari per questa azienda, fondata nel 1992, recentemente acquistata da Feudi di San Gregorio. Agricoltura biologico su terreni prevalentemente vulcanici. Minimo 18 mesi in barrique e tonneau, seguiti da 12 mesi in bottiglia.

Rubino profondo. Un naso fine e intenso con sentori di liquirizia, balsamico e croccante, piccante con un ricordo di olive al forno, rosmarino e finocchio. Struttura e morbidezza caratterizzano il palato, dove tannino e acidità sono ben equilibrate, con una chiusura pulita e persistente. APPETITOSO E LOQUACE.

Il Sigillo DOC 2010 – 14,5° vol. – Cantine del Notaio, Rionero in Vulture – Azienda del 1998 con 30 ettari che poggiano su terreni variabili con agricoltura biologica e biodinamica. Luigi Moio come consulente. La cantina storica del XVII secolo è imperdibile.

24 mesi in barrique e tonneau, seguiti da altrettanti in bottiglia. Rubino intenso con bordi granato. Un naso dolce e ricco, un intenso profumo di ciliegia matura che ritroviamo al gusto, vellutato e accompagnato a un alcol e un tannino più austeri. EPICO E ORAZIANO.



Carpe diem, scrive ancora Orazio: e noi quest’attimo non ce lo siamo proprio lasciato sfuggire!