Chi non vorrebbe passeggiare per i vigneti lombardi accompagnato da un grande esperto, coinvolgente, mai noioso, capace di incantare con storie, leggende e curiosità?

In un ipotetico viaggio, Ambrogio, patrono di Milano, accompagna l’amico Agostino di Ippona per le zone vitivinicole di Lombardia, catturando però anche la nostra attenzione di lettori moderni e appassionati di vino.

Lombardia: nessun’altra zona in Italia possiede una così grande varietà di luoghi, paesaggi, vitigni, come ci ricorda nell’introduzione Attilio Scienza che, con  Serena Imazio, ha scritto un interessantissimo e godevolissimo volume Vini di confine – Storie, leggende e vigneti di Lombardia.

Questa regione ha saputo combinare, nei secoli, radici culturali diverse: dalle popolazioni della Valtellina a quelle della pianura bergamasca e mantovana, alla collina pavese, mettendo in relazione sistemi sociali ed economici tra loro molto differenti. Non è da sottovalutare nemmeno l’influenza della Repubblica di Venezia che per 200 anni – tra il ‘500 e i ‘700 – mise radici profonde nella parte orientale della regione.

Tra il ‘700 e l’ ‘800 la coltivazione della vite in Valtellina e nell’Oltrepò era già altamente specializzata e simile a quelle presenti sul Reno e sulla Mosella. In pianura invece la vite era coltivata spesso con il gelso, fondamentale per l’allevamento del baco da seta, che soppiantò poco a poco i vitigni. Successivamente lo sviluppo della rete ferroviaria ridimensionò ulteriormente la viticoltura. Infine le malattie della vite: oidio, peronospera, fillossera… fecero il resto.

In pianura infatti l’allevamento di bestiame e la coltivazione del gelso diventarono elementi importanti di integrazione del reddito. In montagna mais e patata soppiantarono spesso la vite anche se, in Valtellina, una sorta di “cristallizzazione” ha consentito di conservare fino a giorni nostri l’antico patrimonio genetico.

Nella parte orientale della Lombardia invece i contadini – sotto la Repubblica di Venezia – unici a essere sottoposti a tassazione, cominciarono a spostarsi verso le città attratti da nuovi mestieri.

L’oidio – seppure sia stato una grande calamità – ha comunque “costretto” a uno sviluppo e una modernizzazione della viticoltura, visto che per la prima volta fu usato – come forma di allevamento – il filo di ferro per le spalliere e furono introdotti nuovi vitigni di maggior pregio da altre regioni.

Così comincia questo percorso: vediamo dove Dante e Virgilio, ops, Ambrogio e Agostino ci condurranno in quell’ipotetica montagna che ci porta dal Purgatorio al Paradiso Terrestre.

Ma il viaggio di Dante e Virgilio comincia … dall’Inferno. Abbandoniamo quindi la lettura del volume e degustiamoci qualcosa di adatto.

VALTELLINA SUPERIORE DOCG – INFERNO FIAMME ANTICHE RISERVA 2011 ARPEPE – Chiavennasca 100%, 13,5° vol. – Tra tutti i Valtellina Superiore, è il mio preferito: se proprio all’Inferno mi tocca stare sarò almeno in ottima compagnia. Insomma non è un caso se i terrazzamenti della Valtellina sono candidati a diventare Patrimonio dell’Umanità Unesco!

Vi aspetto all’Antipurgatorio! (continua)