Vinnatur ha esordito a Genova l’uno e il due febbraio, trasportando nel capoluogo l’appuntamento ligure che fino all’anno scorso si teneva a Sestri Levante. La location è stata la Sala delle Grida del Palazzo della Borsa Valori: centrale, facile da raggiungere, molto estetica e senza scendere a compromessi con la funzionalità. Unico salone circolare e finestroni di vetro dipinto, luce perfetta, spazi larghi tra i banchi. Lampade riscaldanti per i freddolosi come me.
Vinnatur Genova è riuscito alla grande, lo si percepiva dall’atmosfera rilassata eppure professionale, dai volti distesi di coloro che hanno riempito il salone. Si respiravano sorrisi.
Forse non era così scontato scommettere sulla riuscita dell’evento: bisogna dar merito agli organizzatori di essere riusciti a ricreare al Palazzo della Borsa lo stesso ambiente che si trova a Villa Favorita.
Io so dov’è il segreto, che poi così segreto non è. Vinnatur lo si potrebbe anche fare sulla luna e sarebbe lo stesso un gran successo, perché – come in una torta fatta in casa – sono gli ingredienti che contano: uomini e donne autentici, sinceramente innamorati del mondo del vino. Non mi riferisco soltanto ai produttori, splendidi interpreti di filosofia e praticità, ma anche agli operatori ed a i semplici appassionati che hanno animato l’evento. Vinnatur non si batte. Motivo per il quale ci rivedremo a Villa Favorita dal 21 al 23 marzo. Parlare con Flavio di Cà del Vént o Carlo Tabarrini di Cantina Margò – per esempio – è stata un’esperienza emozionante ed istruttiva. Il loro impegno assoluto unito a una comprensione costante della vigna, la loro passione smisurata assieme al crederci senza compromessi, il forte rispetto che hanno nei confronti della terra, ci fanno entusiasmare ed auspicare che il mondo del vino possa regalarci emozioni vere, senza contaminazioni di interessi e omologazioni di sorta. Ci fanno sperare – con il loro esempio – che ogni bottiglia possa essere il riflesso puro e incontaminato della terra, del vignaiolo e della natura. Chapeau per il loro lavoro e la loro filosofia.
Vi trascrivo qualche nota interessante, a cura di Simona Vollaro, sommelier AIS, nostra preziosa collaboratrice.
Cà del Vént – Pas Operé 2010: otto mesi di vinificazione e trentacinque mesi sui lieviti. Prevalenza di chardonnay, con apporto di pinot nero. Le uve vengono raccolte da otto diversi terroirs della zona del Cellatica, coltivati in biodinamica, secondo la filosofia di Flavio che è quella di dare massima espressione al territorio e all’annata, più che all’impronta personale. Senza aggiunta di dosaggio di zucchero.
Al naso grande freschezza, delicato bouquet fruttato e minerale, seguito da un’importante nota sulfurea (più che nelle altre etichette della cantina), donata dai tipi di terreno e dall’utilizzo dei soli lieviti indigeni. In bocca, la nota sulfurea permane, grande pulizia e tensione. Elegante nel perlage e al sorso.
Casa Caterina – Brut “Sec Demy” Rosé 2001: da uve pinot nero, undici anni sui lieviti, sboccatura giugno 2013. Per un errore sul calcolo delle fasi lunari in fase di vinificazione, le uve sono risultate con un contenuto di zucchero maggiore. Pertanto rientra nella tipologia abboccato. Solo nel nome però: il sorso scopre una tensione da brut, per non dire pas dosé. Nessun drappeggio, ma un gusto ricco, vellutato eppur sorprendentemente pulito. Complessità al naso, potente, dinamico e lunghissimo in bocca. Sempre una grande opera da parte di Aurelio Del Bono.
Cantina Margò – Rosso Umbria 2013: da uve sangiovese in purezza, fermentazione spontanea senza controllo di temperatura. Scarico in colore e in estratto, grazie al magistrale e rispettoso lavoro in vigna. In bocca, eleganti sfumature di piccoli frutti rossi e di delicate spezie, leggera nota animale. Minerale, equilibratamente tannico, bella struttura e grande bevibilità. Carlo Tabarrini possiede due ettari di fronte ad Orgiano, sulla riva destra del Tevere. I terreni sono di natura marnosa e argillosa. Oltre al rosso, abbiamo assaggiato anche due bellissimi bianchi, da uve grechetto (Margò Fiero Bianco) e da trebbiano (Margò Regio Bianco).
Domaine Bernard Baudry – Chinon AOC Cabernet Franc: il domaine ha una filosofia borgognona, quella di effettuare vinificazione separate a seconda della tipologia di suoli. I terreni della zona hanno comunque una forte componente sabbiosa. Naso non nasconde la classica nota di merde de poule, che emerge soprattutto ossigenando il bicchiere. In bocca, si slancia con grande pulizia su note fruttate e vegetali in chiusura.
Erich Texier – Brézème 2012: da uve syrah. Valle del Rodano Nord. Fermentazione spontanea, affinamento in legno, in parte nuovo, per circa ventiquattro mesi. Al naso, bella nota di fiori secchi e netta impronta di olive, tipico sentore derivante dai terreni di quella zona. Lieve nota smaltata e di agrume polposo. Al palato, mostra gran corpo ed equilibrio, bella acidità controbilanciata da una morbidezza presente e non invadente, chiude su note di frutta con buona persistenza. Gran bel vino.
Domaine du Trapadis – Rasteau Les Adrès 2011: da grenache per l’80%, con apporto di mourvèdre e carignan, da vigne di circa sessanta anni. Affinamento di diciotto mesi, prevalentemente in cemento, mentre una piccola parte affina in legno. Al naso, decise note di frutti a polpa scura, marasca, con lieve nota di tostatura e speziatura. Al palato, bellissima contrapposizione tra la componente morbida e la parte acida. Sorso pulito, lineare e piuttosto lungo.
Don Chisciotte – Fiano 2010-11-12: terreni dell’alta Irpinia, al confine con la Basilicata. Macerazione sulle bucce, sosta di un anno sulle fecce. Azienda agricola operativa da venti anni, che a partire dal 2006 ha iniziato anche l’attività vitivinicola. Le tre annate sono risultate egualmente piacevoli, con piccole differenze dovute alla calura dell’annata stessa. Il 2010 più caldo, ciò si riflette sia al naso che al palato, pur mantenendo un perfetto equilibrio al sorso. Bella la complessità olfattiva, su richiami minerali e di frutta a polpa gialla, con note di fiori bianchi. Struttura ottima, bevibilità e lunghezza. Bellissima espressione del Fiano.
Domaine Vinci – Rafalot: Carignan Vieilles Vignes: regione Roussillon, da vigne ultracentenarie su suoli argillo-calcarei. raccolta manuale, fermentazione spontanea, affinamento per diciotto mesi in barrique, senza solfiti aggiunti né filtrazioni. Gran bel vino. Corpo e persistenza magnifici. Al naso, elegante complessità di speziatura, minerali e frutta rossa. Il sorso mostra forza ma senza sovrastrutture. Fine.