Immaginate un vino ottenuto da una varietà di uva rossa, coltivata in una grande regione, ricca di tradizione enologica. Immaginatelo dall’impatto olfattivo nitido, fruttato, dal gusto asciutto e scattante, dal tannino lieve, mai monocorde e al tempo stesso per nulla prepotente.
Rappresentatevi un vino scattante e diretto se bevuto giovane e complesso e senza cedimenti se atteso qualche anno.  
Direste, fatta questa premessa, che stiamo parlando di un vitigno ampiamente sottovalutato?

Il protagonista di questa descrizione è il grignolino, varietà autoctona piemontese nota sin dal 1249, allorquando un documento notarile certificò il prestito da parte della chiesa di San Evasio a Casale Monferrato a tale Guglielmo Crova, a condizione che egli vi impiantasse buone vigne di “berbexinis”, l’attuale grignolino, conosciuto in forma dialettale anche come “barbesino”.  

Considerato spesso un vitigno minore, deve il nome al termine dialettale “grignola”, con il quale si indicano i vinaccioli, di cui è ricco; il grignolino paga in termini di successo due circostanze: la prima è che risulta particolarmente sensibile alle malattie, non si adatta a tutti i terreni e anche vinificarlo non è semplicissimo. Luigi Veronelli lo definì “testabalorda, anarchico ed individualista“.
La seconda ragione è che proviene da un territorio di importanti vitigni rossi, letteralmente circondato dalla aristocrazia ampelografica italiana, per cui è facile preferirgli varietà sulla carta più nobili. Nonostante ciò, ha parecchi estimatori ed io sono uno di questi: ad un buon vino non servono necessariamente colore e muscoli, struttura e alcol. Serve eleganza, ed il grignolino ne ha da vendere.

L’Arlandino è il grignolino di Tenuta Santa Caterina, a Grazzano Badoglio, piccolo Comune incastonato tra Asti e Casale Monferrato. La Tenuta lega il proprio nome alle sorti del territorio sin dal medioevo, periodo nel quale la posizione dominante della Tenuta stessa le assegnava un ruolo strategico per la difesa militare. Nel corso degli anni Tenuta Santa Caterina divenne fulcro delle attività agricole: a metà del 1800, le proprietà della Tenuta raggiungevano i quattrocento ettari.
Oggi gli ettari vitati sono sedici, in un contesto aziendale che vuole privilegiare la vocazione territoriale, coltivando varietà tipiche e perseguendo obiettivi di qualità in vigna, prima ancora che in cantina.

Arlandino 2012 si presenta di un bel rubino trasparente, limpido e molto luminoso.

Al naso è immediato, lampone fresco, viola, china, lievemente ematico e poi radice, tamarindo. In bocca è nitido, assolutamente fresco, diretto eppure vellutato, con vago richiamo agrumato. Il tannino giustamente esile, perfettamente integrato nella trama di un sorso molto piacevole, adatto a pasti a base di carne bianca o anche di pesce.