La magia del vino, la vera forza propulsiva dell’aspetto conviviale – che su questo blog amiamo moltissimo – è la capacità di una bottiglia di farci emozionare e fissare nella memoria momenti ed occasioni, che perennemente rimangono abbracciati al vino che abbiamo bevuto.
Gianpaolo Arcobello Varlese mi ha mandato una sua riflessione, intrisa nel suo passato e per questo ancora più intensa. La catalanesca Katà 2012 di Cantine Olivella ne rappresenta il compagno ideale, la rievocazione sapida di un piacevole ricordo:
“Una delle emozioni più belle che il vino può suscitarci è il ricordo. Forse è proprio la più bella, perché riaffiorano in noi emozioni inevitabilmente assopite dal tempo.
La catalanesca mi riporta ai miei primi passi nel mondo del vino, e alle mie prime “discussioni” con mio padre: lui legato al vino del contadino (più naturale ed economico), io neo sostenitore di quello “imbottigliato ed etichettato”, qualitativamente migliore e decisamente più buono.
Un giorno mi portò un bianco, leggermente torbido e me lo fece provare: “questa è la catalanesca di Somma Vesuviana, bevilo e poi mi dici se non è meglio dei vini che bevi tu”.
Papà aveva colpito nel segno, quella “catranesca”, chiamata anche così in alcune accezioni locali, era profumata, floreale e minerale. E staccava di parecchi punti tanti, ma tanti vini etichettati e ben più blasonati.
La mia innata curiosità mi portò a pormi l’inevitabile domanda: esistono aziende che producono un’ottima catalanesca, reperibile sul mercato dei vini imbottigliati? Le ricerche mi condussero in un’unica direzione: le Cantine Olivella.
Si narra che la catalanesca giunse a Napoli nel XV secolo grazie al Re aragonese Alfonso I, che ne regalò una barbatella a una ragazza di Somma Vesuviana, della quale si era invaghito. Il papà della donna piantò il dono, che attecchì perfettamente alle pendici del Monte Somma. L’uva si è diffusa in zona fino ai giorni nostri, senza riuscire però a ottenere il meritato interesse.
Domenico Ceriello, Andrea Cozzolino e, in seguito, Ciro Giordano invece credono fortemente nella catalanesca, al punto di convincere i contadini sommesi a denunciarne i vigneti e la Regione Campania a dare un riconoscimento “burocratico” all’uva regina del Monte Somma.
Ecco che la catalanesca, grazie anche agli studi universitari diretti dal prof. Luigi Moio, passa da UDT a VDT, per confluire poi nella denominazione “Pompeiano IGT”, troppo generica in un periodo in cui la specificità di territorialità, zonazione e cru indicano la direzione in cui va il mondo del vino.
La caparbietà delle Cantine Olivella porta finalmente nel 2011 a raggiungere il traguardo dell’ottenimento della IGP del Monte Somma. Questo significa credere nel proprio lavoro, nelle proprie idee e negli obiettivi prefissati.

La catalanesca Katà che ci troviamo nel bicchiere altro non è che l’evoluzione e la sintesi delle precedenti annate, tutte diverse tra loro a dimostrazione di come l’azienda lavori continuamente in vigna e in cantina alla ricerca della migliore espressione.
Giallo paglierino, il Katà si presenta subito floreale all’olfatto, fiori di campo e lavanda su tutti.
A differenza di molti bianchi campani la nota agrumata non arriva al primo sorso, ma sembra nascondersi e integrarsi con profumi di frutti a polpa gialla. E’ un gioco di specchi quello che ci ritroviamo in bocca, perché ogni sentore rimanda all’altro e la mineralità di gesso rende lo spartito gustativo ancora più ampio e piacevolmente complesso.
Come un bravo direttore d’orchestra l’acidità agisce nell’ombra, mentre la sapidità sorregge con personalità una non lunghissima PAI. Inconfondibile e sottile il fondo idrocarburico.
Menzione dovuta per l’etichetta posteriore, che in realtà è laterale, idea originale, elegante e minimale, nonché esaustiva.
I ricordi mi hanno riscaldato il cuore, le emozioni mi hanno coccolato e il calice è ormai vuoto. Dentro vi ho trovato un vino che mi ha parlato dell’amore di chi lo ha prodotto per la propria terra, di tradizioni, leggende e vini che non vogliono sparire, ma affermarsi nel presente e continuare a farci emozionare nel futuro.”