Cinzia Bettini fa gli onori di casa, accogliendoci con un genuina cordialità; l’azienda è tra le più antiche della valle, essendo stata fondata nel 1881. Pur mantenendo un assetto tradizionale, la mission aziendale ha abbracciato anche strade alternative alla vinificazione classica della chiavennasca, vedremo in seguito come.
“Ah però! Nebbiolo spumantizzato?” chiedo io, tra il sorpreso e il curioso.
Rosa tenue, riflessi buccia di cipolla, l’effervescenza esuberante forma una interminabile collerette; il naso è un’intensa, inedita manifestazione di fiori gialli e camomilla, mela e ciliegia. In bocca gode di ampio volume carbonico ed è quindi cremoso, più morbido che tagliente, più estroverso che timido; non ha la complessità o la mineralità di uno champagne, ma è un bel bere davvero.
A seguire ci viene proposto il Valtellina Superiore Inferno Prodigio 2008: granato permeabile, macchia il calice con grazia. All’olfatto sentori rosa pestata, tabacco, lampi di terra bagnata e terziario. Il sorso è caldo, avvolge il palato con grazia senza invaderlo troppo, sapidità accennata, buon equilibrio.
Di seguito ecco il Sant’Andrea 2009, ottenuto da uve raccolte in vendemmia tardiva il 30 novembre, giorno di Sant’Andrea. Naso di lavanda, tabacco, terra e funghi secchi, nessun segno evidente di sovramaturazione. Tannino integrato e sapidità in evidenza.
Sfurzat 2007: dodici mesi in barrique nuove; granato intenso poco permeabile, consistente; al naso si avvertono subito i terziari, sotto forma di cioccolato, poi frutta spiritata, caramella mou, accenno importante di liquirizia. Bocca dalla perfetta corrispondenza gusto olfattiva, finale caratterizzato da nota amaricante.
La Botte Ventitré Riserva 2002: è un Valtellina Superiore Riserva ottenuto da un’unica piece, contraddistinta – appunto – dal numero 23. Imbottigliato solo un anno fa; si presenta molto bene con un rosso granato con riflessi aranciati, luminoso ed accattivante. Nel calice è consistente, disegna archetti regolari e lacrime lentissime ne tracciano il profilo; olfatto complesso di pot- pourri, frutta secca, polvere di caffè cui segue il sorso fresco e tannico e una lunghissima P.A.I.
Conclusa la degustazione ci congediamo da Cinzia Bettini, con la promessa di rivederci quanto prima.
Al termine della prima e intensa giornata in terra valtellinese, i miei amici mi conducono dove potremo riposare le nostre stanche membra, presso la Locanda Altavilla, a Bianzone. Mi piace il nome “locanda”, possiede il potere di evocare antichi ristori per pellegrini dalla provenienza più disparata, un po’ come noi, in tempi moderni; in luoghi come Bianzone l’evocazione è ulteriormente suggestiva: la zona sembra essere, in certi scorci e specie dopo il tramonto, una cartolina del secolo scorso. Basta fare quattro passi tra le vie del paese per recuperare tranquillità e benessere interiore che a noi “cittadini” sembrano appartenere a mondi lontanissimi.
Giungiamo poco prima delle 20: atrio caldo e familiare, si possono avvertire gli invitanti profumi provenienti dalla cucina. All’ingresso non posso non notare il diploma AIS affisso recante il nome di Anna, la titolare della locanda, che ci accoglie come se fossimo vecchi amici.
Il soggiorno sarà perfetto: aldilà delle accoglienti camere, la cucina di pregio si sposerà benissimo con l’attenzione posta per la compilazione della carta dei vini, ampia e a grande connotazione territoriale, come è giusto che sia. Federico, in sala, ci ha coccolato per le due cene che vi abbiamo consumato, con grande soddisfazione. Faccio solo un esempio: la trippa con borlotti, accompagnata da un Valtellina Superiore dell’Azienda Dirupi, me la ricorderò a lungo, per delicatezza e integrità nei sapori.
A presto Altavilla, a presto Valtellina: le nostre strade si incroceranno ancora.