Con il caldo di questi giorni è difficile aprire la propria cantinetta frigo e allungare la mano verso lo scaffale dei rossi. Bollicine e bianchi poco strutturati la fanno da padrone quando il termometro si avvicina – o supera – i trenta gradi. 
Qualche sera fa ho invitato a cena Giovanni il quale, con mia grande sorpresa, ha estratto dal cilindro una bottiglia di rosso: ma come?! “Proprio tu, grande estimatore di bollicine italiche e d’Oltralpe – gli ho detto – col caldo che fa mi porti un rosso!”.
Lui ha fatto spallucce, come dire “Prima bevi, poi eventualmente commenta”. Nel cilindro di Giovanni, quindi, c’era il Renosu di Tenute Dettori, che abbiamo tenuto un po’ (proprio poco) in frigo per restituirgli una dignitosa temperatura di servizio.
La filosofia dell’azienda Dettori ha il leit motive che spesso abbiamo abbiamo riscontrato nei vini e nelle recensioni di Appunti di degustazione: con orgoglio e convinzione, Tenute Dettori vinifica in modo tradizionale, stando lontani da acrobazie chimiche e tecniche, anteponendo l’amore per la terra ed il vino a qualunque altra esigenza, inclusa quella del profitto.
I vigneti sono tutti a Sennori, a nord di Sassari, a pochi chilometri dal mare, a trecento metri sul livello del mare; la vinificazione segue poche ma importanti, inderogabili regole: rese molto basse, raccolta e selezione manuale, breve macerazione, affinamento in vasche di cemento per due o tre anni fino all’imbottigliamento. Fermentazione da lieviti autoctoni, non si chiarifica né si filtra. Dettori produce da coltivazioni biodinamiche, vigneti ad alberello molto vecchi ed appartiene ai circuiti Demeter e Triple A
Il risultato nel calice, è facilmente intuibile, è fuori dall’ordinario: i vini non si assomigliano tra loro, non scimmiottano il gusto internazionale, non ammiccano e tutto appaiono fuorché banali. Per la serie o si ama o si odia.

La personalità di questi metodi ben si coniuga con la scelta di non confluire nella DOC ma restare nella IGT Romangia, una delle zone a più alta vocazione vitivinicola non solo della Sardegna ma dell’intera Italia. 
Il Renosu appartiene alla categoria dei cosiddetti “vini base” ma capirete in fretta che questo prodotto di base, nell’accezione generale del termine, non ha nulla. Confluiscono nel Renosu le uve ed i vini che non hanno passato la selezione per i fratelli “maggiori”, ottenuti a loro volta ciascuno da un proprio cru. Avete capito bene: una vigna, un vino. In etichetta non riporta l’annata in quanto potrebbe essere frutto di un taglio di vendemmie diverse. 
Renosu Rosso: un campione del rapporto qualità/prezzo

Il nostro Renosu è a base cannonau ma potrebbe contenere anche monica e pascale, gli altri due vitigni a bacca rossa di casa Dettori, rigorosamente autoctoni. 
Il cannonau ha una lunga storia le cui origini non sono del tutto certe: la teoria più diffusa è che abbia provenienza spagnola, ove è conosciuto con il nome di garnacha tinta e si sia diffuso in tutto il Mediterraneo prima e nel resto del mondo poi, con nomi diversi: grenache in Francia, granaccia in Liguria, tocai rosso in Friuli, vernaccia nera nelle Marche fino a giungere la Sicilia, ove è conosciuto con il nome di ranaccio
Secondo questa teoria, il cannonau sarebbe arrivato in Sardegna attraverso la Corsica intorno al 1700, tuttavia va evidenziato che di cannonau si parla già nell’isola sin dal 1500 e che i codici genetici della garnacha e del cannonau non sono sovrapponibili al cento per cento; questo vuol dire che la varietà è sì la stessa ma i cloni sono diversi. Le vigne di Sennori hanno storia centenaria e conferiscono ai vini maggiore struttura e alcolicità rispetto ad altri cannonau, complice anche il terreno argilloso – calcareo e tufaceo.    
Rosso granato, luminoso e consistente, dimostra un impatto olfattivo piacevole ed intenso, basato su sentori di macchia mediterranea ed un approccio speziato, cui seguono in precisa successione aromi nitidi di lavanda, piccoli frutti, ribes soprattutto poi pepe, polvere di caffè. Naso affascinante e sorprendente, inedito. Al palato manifesta subito un piacevole residuo zuccherino ed una buona corrispondenza gusto olfattiva, specie nel fruttato che prende per mano e porta il sorso verso la percezione del tannino integrato; sapidità decisa e freschezza stemperata un po’ dalle morbidezze ma comunque in armonia. Finale molto lungo, che regala ritorni salmastri e fruttati.  
Giovanni aveva ragione a ostentare sicurezza: Renosu è un vino che risulta estremamente piacevole anche in estate, grazie alla esemplare fusione di struttura e bevibilità; bene si abbina a spezzatini e selvaggina. Sullo scaffale costa intorno ai dodici euro, un prezzo sorprendente se si pensa alla qualità del prodotto e alla filosofia che lo ha generato. Se lo trovate in giro non fatevelo scappare, ma vi prego: lasciatene qualche bottiglia per me. 
82/100